CAMPANE  

AGATA, delle due è la più piccola, ora pesa circa 30 quintali; la nota del suo suono è il “la”.

Il 5 settembre del 1506, m0 Giovan­ni Tedesco, campanaro, abitante a Bagnaia, fu incaricato di fondere due piccole campane; una di libbre 212 ed un’altra di libbre 218, che servirono per l’orologio e le funzioni giornaliere dei frati. (vol……………)

Passarono un po’ di anni ed il 6 no­vembre 1511 m0 Aristofilo, Pietro Paolo di Piersanti, messer Francesco Tignosini, in nome anche di Giovan Battista Spiriti, soprastanti della  chiesa della Madonna della Quercia, alla presenza del Vescovo di Viterbo, diedero a fare a m° Domenico di fra Stefano da Imola, una campana di circa 1000 libbre [circa 340 kg], che sostituisse le due piccole rea­lizzate nel 1506.(vol………………..)

La campana si ruppe ed allora, nel mese di marzo del 1534, i frati e i soprastanti incaricarono m0 Mario Bossi di Roma di rifonderla. (vol…………………..)

Ma: “…Ricordo come l’anno 1551 si gettò la campana piccola di campanile essendo priore il r.do padre fra Genesio da Lucca il quale fu priore tre volte in questo convento. Ft per insino al tempo suo si era rifatta tre volte come si può vedere al libro della fabrica et la logò la quarta volta a m0 Leonardo et Lucalberto suo figlio da Chianciano e la prima volta non riuscì che fu il 26 di novembre: la seconda volta si allocò alli medesimi e venne bene,

F colò il dì 23 di dicembre et hebbero per loro mercede mettendo ogni altra cosa la fabrica scudi 25 di moneta…  (vol…………………………)

La campana, però,  durò poco: “ …l’anno 1558 a di primo di agosto essendo prio­re il r.do fra Filippo Dardinelli, fiorentino, fu allogata a m0 Battista delle Cam­pane, bolognese, il peso è intra le cin­que migliaia di libbre [circa 1870 kg].

Però sieno havertiti i sacrestani mi­nori non lassare andare a gniuno in campanile perché non si suonano a di­stesa ma con una fune legata al bataglio; è di qui credo che sia che così spesso si rompano perché non si per­cuote pari...” (vol. 113 e. 501 (vol……………………………) Per la quinta volta la campana mi­nore, che ancora non si chiamava Agata,  era stata rifusa.

Si ruppe ancora. Per la sesta volta “…il di 12 di Indio del medesimo anno  15781 si diede principio a fare la seconda campana chiamata Aghata per mano del mastro chiamato Baptista Giorda piemontese, a dì 29 di agosto 1578 il dì di 5. Giovan­ni Decollato fu messo in fornace 8.220 libbre [2.795 kg] di metallo et dato foco a hore dodici et alle quindici fu colata et venne bene. Al medesimo mastro se li dette scu­di 50 oltre alle spese per pagamento di tutta sua manifactura ”. {vol. 115 c. ………………)

Ed infine:

A dì ultimo d’aprile 1655 essendo rifatta la campana detta S. Agata de libre 8.800 (circa 3000 Kg ] già colata due volte, la prima non venne compita per  difetto  della  fornace  quale havendola fatta de calce et poco capace sboccò il metallo dalla parte del foco. et la seconda volta è venuta imperfecta nelle maniche ma di buono sono et ac­cordo.

Fu posta al campanile. Si sono spesi scudi 120. senza lo stagno. cera, legno et altro. spese che ascendranno alla somma de scudi 180 et se travagliò da sette mesi; pregamo Dio per intercessio­ne della B. Vereine e S.Agata che la guardi sana”. (vol. 113 ……………………)

Questa ultima volta, per la fusione, l’artista Carlo Tarantino adoperò anche il metallo della campana maggiore del duomo  di  Castro,  cittadina  che Innocenzo X aveva fatto radere al suolo, campana donata ai frati del convento della Madonna della Quercia dal co­mandante in capo dell’armata pontificia Mons. Giulio Spinola. ( vol……………………..)

Sulla campana e è un’iscrizione lati­na Mentem sanctam spontaneam honorem Deo et patriae libertatem  opus dicatum A.D. NIDCLIIII NI. Carolus Tarantinus  neapolitanus  fecit  S. Aghata che tradotta recita:

“Offerta santa, spontanea, a lode di Dio e per la libertà della patria.A.D. 1654.NIO Carlo Tarantino napoletano fece. S.         Agata”

 

MARIA, la più grande, fu fusa la prima volta nel 1499.

Scrive fra Bernanrdo Cavalcanti che il 17 dicembre 1499 venne pagato Gio­vanni Ercolani con I 5 ducati e 64 baiocchi per aver fuso una campana [nota n0 9]; si era potuto fare tale spesa per una offerta di ducati 500. fatta da Uliviero Pio Paci da Cometo, che aveva messo la condizione che detta campana fosse chiamata “Cornetana”. [nota n0lo]

Nel 1505 i padri domenicani ed i santesi pensarono di rifonderla aumen­tandone il peso. Il lavoro venne affidato al m0 viterbese Francesco di Sante detto “delle campane” che utilizzò circa 4800 libbre di metallo {1632 legi.

Per la sua fusione tu costruita una piccola casetta. dove poi sorse la grande osteria, cioè la casa che ora viene detta “la tettora”, che servirà ad ospitare i nu­merosi pellegrini che venivano a visitare il santuario.

Numerose sono le registrazioni delle spese esistenti nel nostro archivio: rame, bronzo, stagno, ottone, carbone, rena, mattoni, calce.

Fu messa in fornace anche una cam­pana proveniente dalla chiesa di S. For­tunato di Viterbo.

Per tirare la campana sul campanile fu fatto un canapo che pesò libbre 645, cioè circa 219 kg. [nota n0 il]

Ma anche la grande Cornetana si ruppe.

Scrive fra Vittorie d’Arezzo “... al presente la campana grande ancora è rotta e sono già insino a questo anno presente che sta rotta circa sedici anni et hora che scrivo queste croniche sia­mo nel 1576 et si ruppe la notte di San­ta Maria Candelaia”. (vol. 113 c. 50) 

Il 30 settembre 1577 si decise di fondere la campana grande.

A tale sco­po, il 30 aprile del 1578, fu incaricate Battista Giorda piemontese che non riuscì molte bene nel suo intento; la cam­pana infatti, del peso di 13.500 libbre [circa 4500 kg], venne senza corona.

[nota n0 6]

Fu chiamata Maria.

Sulla gola della campana, a uguale distanza, furono fusi quattro stemmi: il prime con S. Lorenzo, il secondo con la Madonna e il blasone del card. Gio. Francesco Gambara, il terzo con S. Mi­chele Arcangelo, l’ultimo con il Croce­fisso e l’arme dei padri domenicani; il lavoro fu fatte dall’orefice m° Francesco Monaldi.

C’è anche un’iscrizione latina:

“Maria -Laude Deum verum voco plebem, cengrego clerum,  defunctos plore, tempestates  fugo,  festa  decoro, MDLXXVIII - Tempore prioratus R.P. F. Arcan­geli Pippi a Villa Basilica Ordinis Praedicatorum - Baptista Jorda de Clavassio piemontanus, abitator civitatis Firmi, me fecit”

che tradotta significa: “Maria - lodo il vero Dio, chiamo il popolo, raduno il clero, piango per i defunti, scaccio le tempeste. do lustro alle feste, 1578 - nel tempo del priorato del R.P.F. Arcangelo Pippi da Villa Basilica del­l’Ordine dei Predicatori - Battista Giorda da Clavassio, pie­montese abitante nella città di Fermo, mi fece”.

Anche se imperfetta,  Maria emette un suono molto gradevole sulla nota  “ sol “

Negli anni ’30, venne alla Quercia don Lorenzo Perosi, il grande musicista, ospite del maestro Costantino Costantini al quale lasciamo la parola per raccon­tarci un aneddoto che riguarda le nostre campane: ‘L illustre musicista, mio carissimo amico, volle visitare la splendi­da chiesa  della  Madonna  della Quer­cia;  dopo aver ammirato le bellezze della basilica, uscimmo  nel chiostro. In quel preciso momento iniziarono  a suonare le campane; come in estasi,  don Lorenzo impose a tutti il  silenzio e disse:

lasciatemi solo  perché voglio ascoltare questo splendido suono.

Appena  il campanaro ebbe finito, don Lorenzo, ancora estasiato, disse di non aver mai ascoltato  delle campane con un suono così maestoso e nello stesso tempo dolce ed armonioso”.

Con queste ricordo personale del maestro Costantini abbiamo sì voluto ricordare un aneddoto riguardante le campane, ma nelle stesse tempo, rendere omaggio  ad un nostro concittadino, importante direttore e compositore, apprezzato e stimato dai Grandi della musica.

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