La Storia

 

 

Capitolo I

L’inizio della Devozione

 

 

Viterbo, anno 1417.

" Era nel tenimento di Viterbo intra le vigne nella contrada del Mandriale una devota figura della beata Vergine pinta in una tegula, quale fece pingere un bon omo chiamato Battista Chiavaro da un pintore mastro Martello detto Monetto. Esso Battista portò e conficcò questa tegula in una quercia nella strada publica,per andare a Bagnaia. Usciva tal quercia d’una vigna della cappella della Madonna di Sancta Maria Nova, cioè della cappella di Sancto Niccola di Viterbo ..." 1

Inizia così la meravigliosa storia di una devozione popolare tra le più importanti d’Italia e d’Europa .

La tradizione racconta che mentre M° Monetto stava lavorando al quadro , arrivato al volto della Vergine si addormentò e nel sogno vide degli angeli che lo completavano , disegnando e colorando la faccia e gli occhi ; al risveglio trovò la pittura ormai terminata.

Forse una leggenda che scaturisce dallo sguardo penetrante dell’Immagine di Maria , sguardo che non si dimentica e che rimane impresso nella mente e nel cuore di chi osserva l’opera di Monetto 2(Peroni p.6)

La pittura a tempera, ricorda ancora immagini trecentesche ; la Vergine , con veste rosseggiante e manto celeste sorregge col braccio destro e cinge col sinistro il Bambino Gesù, vestito di tonachina tra il bianco e il giallo, che tiene nella mano destra una rondinella e appoggia la sinistra sul petto della Madre, alla quale si rivolge con tenero sguardo.

La tegola , inchiodata tra i rami della quercia, in balia dell’inclemenza del tempo, rimase così per circa 50 anni sconosciuta .

Qualcuno, però, si accorse della devota immagine.

Per prima la stessa quercia che, quasi grata e forse consapevole dell’importanza futura di quell’umile tegola, a protezione di un così gran tesoro , aveva fatto , con la collaborazione di una vite selvatica e forse di qualche devoto passante, una specie di tabernacolo.

Fra Atanasio Nelli, autore di un libro intitolato " Origine della Madonna della Quercia di Viterbo…" pubblicato a Viterbo nel 1571, racconta:

" …ed io l’ho con li proprij occhi vista doppo che era secca quando ancora serbava la medesima forma…"(Nelli c.10).

Poi, un eremita , il senese Pier Domenico Alberti, il cui romitorio era ai piedi della Palanzana, in una grotta scavata nel peperino vicino ad una località oggi chiamata La Chiesuola, una volta S.Angelo , per abbellire la sua cappellina, si interessò alla pittura e pensò di portarsela a casa.(Nelli c.9) ( Ex voto c. ) (vol. 115 c.221)

Durante la notte alcuni angeli rimisero la tegola sopra l’albero, dal quale l’eremita l’aveva tolta.(Torelli c. )

Da allora, il sant’uomo divenne il primo predicatore della devozione verso la Madonna della Quercia e girando per i territori vicino a Viterbo, andava ripetendo a tutti come tra Viterbo e Bagnaia ci fosse un gran tesoro.

Molti, spinti dal desiderio di ricchezza , iniziarono a scavare in quei luoghi, ma il pio eremita indicò a tutti il vero tesoro di cui parlava : l’Immagine della Vergine Santissima appesa alla quercia.

Ebbe inizio così la devozione verso la Madonna dipinta su un’umile tegola di terracotta, che venne chiamata Madonna della Cerqua e delle donne cominciarono a visitare frequentemente la sacra Immagine( AGOP cronaca di fra Michele) .

Verso l’anno 1465, una di esse, chiamata Bartolomea, volle portarsi la Tegola a casa .

La sera, dopo aver pregato davanti all’amata Madonna, si addormentò contenta di possedere un così gran tesoro tutto per sé.

Al risveglio, non trovò più la sacra Immagine e corsa sotto la Quercia, con grande stupore , notò che era ritornata al suo posto.

Pensò ad uno scherzo che le avevano fatto i suoi parenti e così, dopo un po’ di tempo, ritentò il furto; stavolta, recitate le orazioni serali, per maggior sicurezza, racchiuse a chiave la tegola dentro una cassa.

La mattina seguente, la cassa era vuota e l’Immagine era ritornata sull’albero.

Di questo avvenimento è ancora testimone il Nelli che scrive " … Ed io proprio ho udito riferire a molti vecchi ed in particolare ad una mia avola madre di mio padre, chiamata Alessandrina, molto di Dio timorata. Questa per essersi trovata vicina a quei tempi insieme ad altri simili, riferirono molte volte questo fatto meraviglioso…"( Nelli c. 10).

Durante il mese di luglio dell’anno 1467, mentre alcune donne avevano iniziato a diffondere il culto della Madonna della Cerqua in tutto il territorio circostante , a Viterbo si cominciò a temere l’arrivo della peste.( Ciampi p. 91)

Ad agosto, Viterbo e il suo circondario furono colpiti dal più grande flagello dell’epoca; moltissimi furono i contagiati e in ogni luogo c’era tanta disperazione , dolore e morte.

All’improvviso molti abitanti dell’Alto Lazio , come spinti da una forza misteriosa, si ritrovarono ai piedi della Sacra Tegola , posta sulla quercia, a chiedere la salute alla Vergine Santissima.

Il contagio cessò improvvisamente, anche se durante i mesi caldi avrebbe dovuto aumentare, come scrive anche Niccolò della Tuccia , uno dei priori viterbesi dall’ora: " … era in quel tempo [ luglio-agosto 1467] a Viterbo la morìa, e tutti castelli e terre d’attorno schivavano nostre conversazionj e niun Viterbese poteva entrare in dette terre. Quando fur palesati detti miracoli ristrinse la morìa, e non morì più persona . Mirabil cosa, che suol essere in tempo di morìa luglio e agosto multiplicare il morbo e allora mancò…"( Ciampi p. 91).

Riconoscenti, i cittadini viterbesi e di tutto il Patrimonio di San Pietro si ritrovarono a Campo Graziano( Vol. 115 c. 40-41) ( vol. 128 c.434) ( Ciampi p.478) ( Archivio Prot. Marozio Nini a. 1390 p.49), si chiamava così il luogo ove sorgeva la quercia con l’Immagine sacra, e , tra il 24 e il 30 agosto del 1467, se ne contarono più di 30.000 , come ancora ci riferisce Niccolò :

" [ venne] tutto il popolo di Montefiascone, omini e donne, fanciulli, grandi e piccoli, e li priori, tra quali ci furno quaranta sette disciplinati vestiti di sacco, e cittadini vecchi con fanciulli a cavallo e a piedi … lectorj non vi maravigliate, che ce ne vennero [circha XIIII communanze] con tutti loro disciplinati, fanciulli ignudi, frustandosi, omini e donne; fra questi ci venne la citttà di Toscanella con più di cento frustatori, e l’anziani con tutto il popolo,grandi e piccoli, portando un cerio, ovvero doppiero grosso con venticinque ducati papali, e XXV ne promisero per la fabrica della chiesa( ) .

Ci venne l’arte de’ mercanti di Viterbo e offerì XXV ducati. Ci venne Caprarola, Carbognano, Bassano, Soriano, Civitella, Bagnaia, Bomarzo, Vetralla, Lugnano, Canepina e altre comunità, numero 14 incirca con tutto lor popolo e preti che furno stimati trentamila persone e più computatici i Viterbesi e altri popoli…".

Nello stesso periodo , Siena fu colpita da numerose scosse di terremoto ed allora tutto il popolo senese fece voto alla Madonna della Quercia di portare un quadro d’argento dove fosse scolpita la loro città se avessero avuta salva la vita e le loro case.

Così avvenne ed i priori di Siena portarono il loro ex-voto come promesso ( Ciampi p. 92).

Uno dei primi giorni di settembre, un cavaliere viterbese fu sorpreso da un gruppo di nemici solo e disarmato fuori le mura della città; non sapendo come fronteggiare il pericolo , si diede alla fuga in mezzo al bosco che circondava Viterbo.

Alla fine stanco e disperato vide la tegola e l’immagine di Maria tra i rami della quercia ed allora, abbracciando con fede il tronco dell’albero, mise la vita nelle mani della Madre Celeste.

Arrivarono i nemici , lo cercarono dietro ogni cespuglio, dietro ogni albero; niente !

Il cavaliere era scomparso; la Madonna lo aveva reso invisibile .

Gli assassini, stanchi ed infuriati , se ne andarono bestemmiando; il poveruomo, accortosi del grande miracolo che la Vergine gli aveva fatto, dopo aver ringraziato la Benefattrice , ritornò a Viterbo e a tutti raccontò quanto gli era successo.( Nelli c. 11v)

Anche Bartolomea, che non aveva detto niente di quanto le era capitato, incoraggiata da ciò che si raccontava in giro, rese pubblici i suoi due furti e il ritorno della tegola sull’albero.

Intanto un prete, Domenico di m° Gianni Maniscalco, con i suoi quattro fratelli, avevano donato al comune di Viterbo un pezzo di terra "… dirimpetto alla sudetta Madonna… "

(Ciampi p. 31)per poterci costruire una chiesa.

Il vescovo di Viterbo, cardinal Pietro Gennari, sollecitato anche da Niccolò della Tuccia a nome di tutta la comunità viterbese, autorizzò il culto della Madonna della Quercia.(Ciampi p. 92)(Archivio rotolo pergamenaceo A/13 atto n° 1) e successivamente , domenica 20 settembre 1467, "… ordinò una bella e magna processione alla Madonna della Cerqua, nella quale furno tutti preti, frati e religiosi con tutte le reliquie di Viterbo. Dietro a tutto il clericato andò detto messer lo vescovo a cavallo sopra una mula copertata di broccatino bianco, e portava in mano il mento di sancto Giovan Battista, e inanti al lui le teste de’ Santi Ilario e Valentino, e la testa di sancto Sisto in un tabernacolo di legname portato da quattro preti e così l’altre reliquie secondo le fratine e capitolo de’ preti parati e disciplinanti; e poi seguitavano dietro al vescovo il confalone nuovo della Madonna … , poi seguivano il signor governatore, signori priori e altri offiziali; poi li doctori e notari.

Poi le mercanzie di Narni, poi le mercanzie di Viterbo, poi li speziali e altre arti secondo l’ordine della città; e ogn’arte portava avanti di sé li presenti per donare a detta Madonna.

Poi seguiva il popolo di Proceno, Farnese e Ischia; poi Orte e Iovi, tutti con torce di cera con ducati d’oro fitti in esse , e altre monete d’argento e palli di broccato d’oro e di damaschini, e panni di lana, pianete di seta, e calici d’argento…" ( Ciampi p. 92)

Le offerte furono ingenti, come grande fu il numero delle persone intervenute, circa 50.000(Tor. p.7 ), per cui si decise di costruire un altare e una cappella che potesse proteggere l’Immagine sacra e la stessa quercia, dalla quale già pendevano moltissimi ex voto( Ciampi p.93) .

Fin da principio, il vescovo Pietro Gennari, di antica famiglia viterbese, aveva voluto che il clero cittadino fosse inserito nella custodia e nell’amministrazione della piccola cappella , cercando di limitare l’intromissione del Comune che , il 26 agosto 1467, aveva eletto centododici cittadini , la Società della Madonna della Quercia, che a gruppi di due , nei giorni feriali e di quattro nei giorni festivi , notte e giorno, raccogliessero le offerte nei pressi dell’altare.( Ciampi p. 92) ( A.S.V. Riforme XVII c.40 e seg.)

Il pontefice Paolo II, dopo aver inviato a controllare la veridicità dei fatti che si raccontavano intorno all’Immagine della Madonna della Quercia il suo segretario Michele Canensi ( Vita di Paolo II) , su pressione dei Priori di Viterbo, inviò una bolla , datata 22 ottobre 1467 ,indirizzata a Nicola , vescovo di Modrus, castellano della rocca di Viterbo, nella quale si assegnava la custodia della cappella ai poveri della Società dei Gesuati(A.S.V. Margarita c. 170) ( Pinzi doc. I) , e :

" … domum huiusmodi cum Ecclesia sub invocatione eiusdem Virginis Mariae de Quercu , campanili humili , campana, cimiterio, dormitorio, refectorio, claustro, hortis, hortalitiis, et aliis necessariis officinis ex eisdem elemosynis fundari , construi, et aedificari faciendi…".

Ma gli ordini del papa non vennero ascoltati, tanto che Paolo II fu costretto ad inviare un breve, datato 19 marzo 1468, in cui ordinava al nuovo castellano , il vescovo di Assisi , di comunicare le sue disposizioni al segretario comunale .

Fu così dato il cottimo della costruzione ai mastri muratori lombardi Matteo di Giacomo e Martino di Guglielmo che però, il 17 settembre 1468, lo cedettero , insieme a tutte le attrezzature , compresi un cavallo con il carretto e quattro asini con basto, a m° Gabriele di Antonio da Como per il prezzo di quaranta ducati d’oro larghi( Ex voto p. 1) ( A.S.V. Notarile Aacquapendente Benigno fu Ludovico Benigni prot. 172 cc. 69v- 70v).

"…Come nanti o detto dellj miracolj e grande divotione continuata alla Madonna della Cerqua nella quale era concorsa gente assai con molte helimosine e voti fo hedificata in quello locho una bella cappella et sacristia et altri lochi perlli frati che stavano a servire quello locho…".( Ciampi p. 97)

Ai piedi della quercia, con la moltitudine dei pellegrini, continuarono ad affluire le offerte; e con le offerte crescevano anche i contrasti tra il Vescovo , che pretendeva il rendiconto delle entrate, la Società della Madonna e i Gesuati .( Rif. XVII c. 93v- 98v-143-145) ( Pinzi doc. V )

Alla fine, non senza discussioni, talvolta anche molto accese ( ), i frati Gesuati, non potendo fare fronte alle necessità del culto, perché essendo laici non amministravano i sacramenti, in particolare non potevano né confessare né dire messa, furono sostituiti dai frati Predicatori .

Una tradizione racconta che: " Si congregò perciò il pubblico Consiglio; e benchè fossero stimati più a proposito li Frati di S. Domenico, non venivano accettati, per avere nella Città un altro Convento fondato dal medesimo Santo Patriarca con la Chiesa detta Santa Maria in Gradi. Ma perché la gran Madre di Dio, questi e non altri voleva al suo servizio, che gl’aveva anche eletti alla cura d’altre sue più miracolose Imagini della Cristianità, dispose, che li consiglieri convenissero di mandare li Priori alla porta di Santa Lucia, dalla quale per la strada Romana si và verso Fiorenza; et ivi attendessero la venuta di qualche religioso forastiero, a cui, et al suo ordine dovesse commettersi la cura di questo santo Luogo.

Appena arrivati tre delli Priori alla sudetta porta, viddero comparire tre religiosi, che erano il venerabile fra Marziale Auribelli generale di tutto l’Ordine de’ Predicatori, e due suoi Compagni, che tornavano dalla visita delle Provincie Oltramontane. Non poco soprafatti dallo stupore, et allegrezza per essersi subito incontrati non in semplici religiosi, ma nel capo stesso d’una principal Religione di Santa Chiesa, narrorno quant’era occorso, e gl’offerirno il nuovo Santuario, con dire: " la Santissima Vergine, e non noi vi ha eletto ut eatis, et fructum afferatis, et frusctus vester maneat" .

Il Padre Generale all’esempio del suo gran Patriarca, tutto intento ad impegare li suoi frati nella propagazione delle glorie, e culto della Madre di Dio, e nel procurare la salute dell’Anime, rallegrossi della nuova occasione, e volontieri accettò l’offerta."(tor.1725 p.13)

Marziale Auribelli, , il 22 settembre 1469 , firmò i capitoli dell’accordo con il Comune di Viterbo(Pinzi p.54) .

Tra i vari punti dell’accordo, fu scritto anche :

" … Item che la Comunità et Compagnia possano et debiano elegere quattro Offitiali [chiamati anche santesi ( disgressione sopra i santesi nota n°12 ) ] et uno depositario et dui altri buoni homini, che di continuo abiano a stare allo altare ad ricolgliare denari et altre cose , che saranno date alla Madonna; et essi denari mectere nel ceppo, et tucte laltre elemosine, che fussero da fare dinari, si vendano per li decti officiali et frati, et tucto quello si ne ricavarà , si mecta nel decto ceppo; et similmente si nci metta in dicto ceppo omne altra entrata apertinente in dicto luocho et che le chiavi del decto ceppo nabia ad tenere, una li decti Frati, et laltra li officiali depositarii, chome è consueto; et tucti denari che esseranno da decto ceppo, dati al Depositario, sieno notati et scripti per li decti Frati et Officiali…

Item…che tucte le entrate di decta Madonna , per qualunche via et modo pervenissero in quel luocho, si debiano spendare in una bella Chiesia et habitatione de frati et hospitali et altri murerii…"( Pinzi p.56-57).

Paolo II, con una bolla del 29 settembre 1469 , inviata al vescovo di Castro, già suo segretario, Michele Canensi e al canonico di Montefiascone Bartolomeo Isdrubalducini, concesse ai padri Domenicani:

" …eundem locum cum Ecclesiola, et Domo, jam incepta …" raccomandando loro che : "…dictam domum jam inceptam,cuius fundamenta pro parte jacta sunt, debite perfici,et Ecclesiam inibi pro loci qualitate congruentem construi, et aedificari… " ( Pinzi p.59).

" …e così con la processione di trentasei frati del detto ordine per la Signoria delli Priori furno messi in possesso di detto loco a di XXX di ottobre 1469, con condizione che tutta l’entrata dell’altare si debba pigliare per dui cittadini di detta compagnia, e di quella edificare la chiesa grande…"( Ciampi p. 97).

 

Capitolo II

La Costruzione della " Chiesa Grande"

 

Con l’arrivo dei Domenicani , i Viterbesi vollero realizzare il loro sogno: costruire una casa meravigliosa per la loro Madre Celeste.

I documenti non ci consentono di conoscere il nome dell’artista che progettò la nuova chiesa , ma sicuramente, per il contesto artistico-culturale viterbese, fu un innovatore, che aveva nel cuore e nella mente l’arte del Brunelleschi, e l’abitudine di costruire dei modelli per i suoi progetti ; infatti, come vedremo, della chiesa della Madonna della Quercia fu costruito un modello.

Dopo aver consultato moltissimi documenti sono giunto alla conclusione che l’architetto, artefice della meravigliosa chiesa della Quercia, sia Giuliano da Sangallo. ( mettere in nota la discussione o rimandare parte artistica )

Nel mese d’aprile del 1470 : " … furo principiati e fatti li fondamenti della chiesa grande della Madonna della Cerqua…" ( Ciampi p. 98) , scrive Niccolò della Tuccia , uno di coloro che furono chiamati a dare il loro assenso al progetto e ad approvare il modello presentato dell’architetto progettista.

I lavori procedettero con un buon ritmo e " … venne in Viterbo, di luglio, un commissario mandato dal Papa, per rivedere i conti, l’entrata e l’uscita della chiesa della Madonna della Cerqua. Così, veduti tutti li conti, tornò a Roma dal papa.

Erasi ordinato edificare la chiesa grande di detta Madonna; però furno portate otto colonne di pietra grande, e altre pietre per tale edificio, quali furno levate da sassi grandissimi che stavano sotto al ponte Possiano , e canto un casale, detto il casale di Calcagnone. E così sino all’entrata d’ottobre s’incominciò inalzar le mura di detta benedetta chiesa, che essendo la festa di sancta Maria di settembre furno stimate l’offerte date sopra l’altare circa cento novanta ducati doro papali …

…Costorno le colonne tutte fatte per la chiesa di S. Maria della Cerqua, cioè otto colonne d’un pezzo l’una, e quattro fatte di pezzi, e le pietre di tutti li archi lavorate tutte di concime, ducati 25 larghi, in su la pietrara: il costo della portatura non so…

Tuttavia multiplicava la devozione della benedetta casa di santa Maria della Cerqua, e per tutta la cristianità era divulgata la divozione della gloriosissima Vergine Maria madre di Cristo Gesù e di noi tutti peccatori; per modo che ogni dì di festa principale entravano d’offerte sopra l’altare di detta cappella che bastavano a fare lavorare detta chiesa e governare quelli religiosi venerabili frati di S. Domenico, li quali governavano detto luogo. Era il soprastante un cittadino chiamato Giacomo di mastro Odi…

…Venuto il tempo dell’anno 1471 tuttavia seguitava la fabrica di S. Maria della Cerqua, e il detto Giacomo era sollecitatore. E in quel tempo venne manco l’acqua, che andava a detta chiesa, la quale si coglieva in una contrada chiamata Rispogli sopra la via di Bagnaia appresso la casa del mastro. E detta acqua calò sotto terra bon pezzo; e per li soprastanti di quell’anno, li quali erano quattro cittadini chiamati per il consiglio delli aderenti di detto luogo anno per anno, fu fatto cavare quelli sassi, ove era il meato di detta acqua, e tanto sotto cavorno, che trovorno la vena naturale, e così fu redotta a detto sagrato luogo di santa Maria della Cerqua…

…In quel tempo [ 1472] fu dato il cottimo ad Antonio Brimoldo di Viterbo e Giuliano da Orte abitante in Canepina , di tutto il legname di tetto della chiesa della Madonna della Cerqua, componitura in alto, a tutte spese de’ mastri, dal ferramento in fori, e così costò ducati ducentotrenta papali levati dalla Comunità di Canapina, e posto in detto edificio…

…Circa al fare del cottimo dato dal tetto della chiesa della Madonna della Cerqua entrorno li novi officiali in detto luogo, e massime due contrade di S. Sisto: l’uno fu chiamato Baldassarre d’Urbano del Mezzo e l’altro Antonio di mastro Angelo del Bottevecchia. Li vollero rivedere detto cottimo; e si levorno da detta somma ducati novanta in circa, e li detti maestri restorno contenti e promisero di farlo…"( Ciampi pp.99-100-103).

Il 6 maggio 1473 venne bandito il cottimo per la costruzione della volta della Chiesa e del tetto che avrebbe coperto una grande stanza del convento.(Pinzi p.60)(riforme XVIII c.129 )

"…In quel tempo[ aprile 1474] fu fornita di coprire la chiesa di santa Maria della Cerqua dell’entrata di elemosine erano date allo altare di detta benedetta chiesa… " ( Ciampi ).

I lavori procedettero con un buon ritmo ma, a causa di molte lamentele da parte dei muratori adetti alla fabbrica circa un irregolare maneggio di denari , la Società della Madonna della Quercia ordinò, il 3 giugno 1474, che fossero assoggettati a sindacato gli ufficiali degli ultimi tre anni e che poi si procedesse alla nomina di un nuovo soprastante ai lavori.( Signorelli vol. II parte I p.272-273)

Successivamente, il 23 dicembre 1474 , la stessa Società , raccomandò agli ufficiali preposti ai lavori che "… stent modello eis assignato et tradito super edificio ipsius Ecclesiae…"( Riforme XIX c. 149-150v), che si attenessero cioè al modello predisposto senza voler apportare modifiche , come, purtroppo, spesso avveniva.

Gli stessi Priori di Viterbo , il 28 febbraio 1475 , emanarono delle regole per la Società della Madonna ed in particolare per i suddetti officiali. In essi venne ribadito: " …che li decti officiali habbiano podestà in tutti et singuli edifici da farsi in decta ecclesia et convento apossersi far fare secundo il modello ad essi consignato dalla decta Comunità" ( Riforme XIX c. 180v-184v) e furono date anche una serie di regole per la raccolta delle elemosine e la spesa dei soldi offerti, in modo da poter evitare decisioni personali e appropriazioni di beni appartenenti alla Madonna.

Come abbiamo potuto notare, nei documenti si trrova un continuo riferimanto al modello che i rappresentanti del comune di Viterbo avevano consegnato ai soprastanti i lavori e che doveva essere eseguito fedelmente; acquista così maggior credibilità la tesi che vuole la chiesa costruita secondo un progetto ben definito e, noi pensiamo, attribuibile all’artista che in quel periodo, anche se giovane, aveva acquistato celebrità e che era solito proporre le sue opere realizzandone dei modellini in legno: Giuliano da Sangallo.

Ritenendo non sufficienti i capitoli, il papa Sisto IV , che già il 28 marzo 1474 aveva ratificato i primi accordi tra il Comune di Viterbo e i padri Domenicani(perg. Com. 785), emanò un breve, datato 26 marzo 1479 , in cui minacciava di scomunica tutti coloro che si fossero appropriati indebitamente dei beni della Madonna della Quercia.(Torelli p.19)(Vol. 128 c.15) ( Chery p.74)

Oltre che per queste discussioni, i lavori subirono un certo rallentamento a causa della peste del 1476 e per una carestia , seguita da una rivolta dei viterbese nei confronti dei lavoratori di altre città.

Alla fine del 1479, la chiesa doveva però essere in gran parte costruita ; infatti , se non si vuol credere a quanto scriveva il viterbese Agostino Almadiani , che la diceva completata in soli 4 mesi , come si poteva leggere in una tavoletta appesa in chiesa ancora nel 1576 in cui era scritto:

" Cinthya clara quater vix circundederat orbem

Atque suo nec phoebus iter finierat Astro

Maxima cum donis molita hec templa fuerunt

Difficile est superis nichil: ergo credere fas est

Namque ubi lucus erat, densusque atque inuius olim

Nunc sacra cernuntur varijs delubra metallis

Instructa et trabibus splendentia tecta superbis

Purpureis fulgent vitris atque aere fenestre " ( vol. 113 c.3v),

dobbiamo credere a quanto riportato nella bolla che Sisto IV inviò 13 ottobre 1481 , dopo essere venuto a ringraziare la Madonna della Quercia nel 1476 e poi nel settembre immediatamente precedente l’emanazione della bolla stessa, in ringraziamento per importanti favori celesti ricevuti da Dio per la intercessione della Vergine.

In essa, infatti, è scritto : " …Cum itaque in agro Gratiano extra muros Viterbienses sit Ecclesia MIRO, ET SUMPTUOSO OPERE AEDIFICATA, et sub vocabulo praelibatae Virginis Mariae, cujus potestas nullis coarctatur finibus, et totum implet Orbem miraculis, fundata in loco, ubi ipsa Virgo pro voluntate sua praeteritis annis sub quercu sibi placitam sedem elegit, quam per singulos dies inuumeris signis, et Miraculis exornat, quemadmodum oculis nostris conspeximus…".(Riforme XXII c.17)

In quell’occasione, il Papa,anche per " prece e supplicatione" di Francesco Sacchi uno dei santesi del tempo( Ricordi casa Sacchi a cura di P. Lombardi roma-1992 p. 103 ), concesse anche indulgenza plenaria a quanti confessati e comunicati avessero visitato la chiesa della Vergine della Quercia, entro l’ottava della Natività della Madonna e avessero contribuito al completamento della fabbrica del complesso monumentale; inoltre, lo stesso pontefice, promise di contribuire alle spese per il completamento del campanile , della volta della chiesa e del pavimento.

Intanto si era cominciata l’edificazione della parte inferiore del chiostro adiacente alla chiesa, e del campanile , che Sisto IV aveva potuto vedere iniziato.

Alla realizzazione del primo, che era già in parte costruito nel 1479( prot. Battista D’Antonio p.78) ( Signorelli Vol II p. 273 nota) , contribuirono i mastri viterbesi Danese di Cecco, Giacomo di Rempiccia, il muratore Giacomo da Sermona e mastro Bartolino da Como che, pur con qualche divergenza poi sanatasi con un compromesso ( Pinzi p. 64), sono riusciti a darci un capolavoro.

Per quanto riguarda il campanile, il cottimo era stato preso, il 4 agosto 1478, da m° Ambrogio da Milano, Orlanno della Cava e dai soci Nicola d’Antonio da Viterbo e m° Marino Barili di Napoli, che il13 agosto 1478 aveva rinunciato a favore d’Antonio.(G. Signorelli p. 273)

Successivamente , il 25 settembre del 1481, m° Ambrogio di Marco da Milano,"…fabricatore campanilis…"( Pinzi p. 65) ,ottenne licenza di trasportare i conci e i sassi occorrenti per la sua costruzione, dalla cava del fosso dell’Arcione sino alla Madonna della Quercia.(Pinzi p. 65)

Nel 1483 al fabbroferraio viterbese m° Vincenzo fu dato il cottimo per la costruzione di un loggiato da porsi " … super lapide eminente in pariete novarum mansionum dicte Ecclesie S. Marie de Quercu, retro campanilem…"(Riforme vol. XX c.66v).

Pierleone Pierleoni da Sutri , nel 1483, lasciò alla Madonna della Quercia,con testamento rogato dal notaio Girolamo d’Ambrosio, una sua tenuta detta L’Aiola, che poi nell’anno 1604 fu venduta , per 7000 scudi, a Vincenzo Giustiniani, signore di Bassano Romano.

Con i soldi ricavati dalla sua vendita fu acquistata da napoleone Napoleoni la tenuta della Cipollara. ( vol. 128 p. 426)

Il papa Innocenzo VIII , avendo recuperato la salute dopo una gravissima malattia, per intercessione della Madonna della Quercia, Le mandò come ex voto un prezioso parato d’altare e con un breve del 3 settembre 1487 dichiarava la chiesa della Quercia privilegiata, potendosi ivi amministrare l’eucarestia in qualunque giorno dell’anno ed a qualunque persona .( Torelli p. 19)

Ma, alcune dicerie popolari ed il fatto che nel convento della Madonna della Quercia, non soggetto alla sorveglianza di un Provinciale ma messo alle dipendenze del Generale dell’Ordine, la disciplina lasciasse un po’ a desiderare, portarono ad acuire i contrasti tra i Priori del Convento e il Comune di Viterbo ; nel 1487 si arrestò perfino il Priore di quell’anno.( Ricordi Priori I p.50)( Giuseppe Signorelli p.273)

Precedentemente , il 28 novembre del 1484, il consiglio dei quaranta della città aveva deliberato che, con i fondi rimasti a disposizione dell’amministrazione dei beni della Madonna, venisse realizzato un Ospizio per pellegrini nei pressi della chiesa e fosse completato il campanile, ormai per la maggior parte costruito.(Riforme XXII c.155 )(Pinzi p. 71)

"…La beata Colomba da Rieti, del terz’ Ordine di S. Domenico, che nacque l’anno 1467, in cui principiarono i miracoli di questa sagra Imagine , s’accese di desiderio di venirla a visitare l’anno 1488. Pregolla perciò a voler disporre li suoi parenti, e superiori, che fuor d’ogni espettazione concedessero tutti a consolarla. Onde in numero di dodici si posero in viaggio verso la Santa Quercia…

…Arrivati alla Quercia trovorno tanto concorso di popolo , che per nissuna parte si poteva entrare in chiesa. Ma la beata Colomba chiamata dalla miracolosa Imagine…a viva forza v’entrò; et all’udire un gran romore, fermatasi, vidde una povera donna orribilmente tormentata dalli demonii, che da diecidotto anni avanti l’avevano ossessa. Onde mossa a compassione si pose ad orare, finchè riunitasi la sua compagnia, furno introdotti nella cappelletta della miracolosa Imagine; avanti alla quale pregò per la liberazione di quella meschina, e ottenuta la grazia se ne andò tutta spirito verso la medesima… Indi presa per mano la paziente, presentolla avanti la Beatissima Vergine e comandò al demonio, che senz’indugio si partisse; al che non potendo quello resistere, dopo orribili strepiti, con aver intimorito tutto il popolo, alla fine lasciò libera quella creatura.

Stette poi Colomba buon pezzo in orazione, e ricevè molte grazie dalla Madonna… "( Torelli p. 63)

Il viterbese Vittorio Vittori, "dottore dell’una e l’altra legge", nel 1487, per testamento rogato da Giovan Battista di Cristofano da Vetralla, lasciò alla Madonna della Quercia la tenuta di San Cataldo, che comprendeva , oltre a questo , altri appezzamenti di terra : piano dell’Orfanello, S. Angelo Paternò, piano della Quercia, valle di Ser Gianti(vol. 128 pp.59,716)

Gli officiali della Società della Madonna, uno dei quali fu ancora Francesco Sacchi (Ricordi Casa Sacchi Lombardi p. 106 ), nel dicembre del 1488, decisero di sostituire il tabernacolo in legno posto a protezione dell’Immagine Sacra, con uno di marmo, dal costo di 600 ducati; esaminarono due disegni ,ma dopo alcune discussioni si rinunciò all’idea per la grande spesa occorrente.(Ricordi dei Priori 21 v. 66v)(Pinzi p.72)

Ma nel giugno del 1490 : " …i soprastanti di questa chiesa debbono et allogorno a mastro Andrea [Bregno] milanese il tabernacolo della Madonna, cioè la facciata ch’è di fuora ; che vi dovessi intagliare tutte quelle figure che ne’ marmi al presente si vedono , con le sue colonnette scannellate et indorate: et ogni cosa a sue spese,sì dei marmi, s’ ancora della tractura d’essi; et che dovessi provvedere ogni cosa da per se, eccetto la calce et ferramenti: et li promessono, per prezzo di detta opra e cottimo, scudi 525 di carlini …" , (Vol. 113 c. ) scrive fra Vittorio d’Arezzo nel 1576, quando era sagrestano maggiore della chiesa.

Nel giugno del 1490, m° Danese da Viterbo era stato incaricato d’affidare il cottimo del tabernacolo e di realizzare il pavimento della chiesa, ( Ricordi Priori vol. 21 c.100)all’interno della quale, Domenico di Lorenzo da Lucca, l’anno successivo,per 140 ducati larghi, realizzò il primo organo . (Archivio V. Prot. G. Gagliardi 4 c. 99v)

Continuarono però le dispute tra i frati ed i rappresentanti del Comune che, nel 1492, con l’aiuto del cardinale Carafa, cercarono di avviare le pratiche per una riforma del convento.( Signorelli p.273 )

Il 17 febbraio 1494 , il generale dell’Ordine dei predicatori , padre Gioacchino Turriani , aggregò il convento della Quercia alla Provincia Lombarda , inviando come priore fra Sebastiano da Faenza.( Signorelli p. 274 Leon. Gagliardi prot. 6 p. 240)

Pietro Antonio di mastro Manfredo da Carpi fu incaricato di : " mectere a oro fino il tabernaculo de la Madonna, in tucte quelle parti et lochi che sia necessario che stia bene , ad arbitrio de ogni persona de bene.

Similiter, debia mectere a oro il sopracielo et volta, quando tiene al tabernacolo, secondo uno certo disegnio el quale lui ha facto: el quale è a quatrucci a 8 faccie di rilievo de stuccho, cum certe rose in mezo, poste in campo azurro, poste a oro.

Item , che lui debia fare in la faciada, la quele è sopra il tabernacolo, una aera d’azurro cum certe teste de cherubini, cum doi angeli, cioè uno a dextera de la dicta faciada, et l’altro a la sinixtra: et poi, in quella medesima faciada, discendendo a dextris, et a sinixtris persino in terra, lì debia fare certi paesi cum cerque drento, cum boni et optimi colori, che stia bene:..."( Vol. 139 c. 25 )

Nello stesso anno 1494 " venivano infestate le campagne di Civitavecchia da uno smisurato e spaventoso Dragone, che avvelenando, e divorando pastori, e bestiami, rendevasi il paese impraticabile, non trovandosi chi più volesse pascolare gl’animali, né lavorare le terre in quella maremma.

Furono affissi editti in più paesi con gran premi per chi l’avesse ucciso; ma non si trovava chi volesse tentar l’impresa contro tal bestia, che col solo alito velenoso faceva cader morti.

Era già sparso il rumore per la Sabina, Umbria, marca, et altre provincie; e però con gran timore, e mal volentieri venendo da quelle parti i pastori con i loro armenti per godere nell’Inverno i pascoli delle maremme del Patrimonio, benche lontane dal luogo, ove stava il mostro, si raccomandavano sempre nel passare à questa Beatissima Vergine; quale alla fine ispirò due fratelli Romagnoli chiamati Giacomo , e Pietro ad accingersi all’uccisione del Drago; e questi confessati, e comunicati nella sua chiesa, e fatto a lei il voto, pieni di speranza, e fiducia sotto un tal Patrocinio, si portorno in Civitavecchia: dove provedutisi uno d’un forte stocco, e l’altro d’una ben taglente accetta, andorno al luogo del cimento.

Appena ivi comparsi,si viddero venire incontro l’orribil bestia, e invocato di nuovo l’aiuto di Maria Santissima della Quercia, e dalla medesima animati, l’investirono, uno ricoprendogli gl’occhi con un panno nero fermollo con conficcargli lo stocco nelle fauci, che aveva spalancato per divorarlo; l’altro tanto lo percosse in testa con i colpi dell’accetta, che fattolo cadere per terra affatto l’uccisero; portando poi il voto a questa miracolosa Immagine con le maggiori espressioni di ringraziamenti, non solo per la virtù comunicatagli d’ammazzare sì perniciosa bestiaccia, ma anche per essere rimasti illesi dalle forti percosse della sua coda, e dal suo potentissimo veleno."(Torelli p.275 )

Nel giugno del 1495 , venne a visitare la Vergine SS. Della Quercia , il papa Alessandro VI, visita che volle essere un ringraziamento alla Madre Celeste per averlo liberato dall’esercito di Carlo VIII , che aveva occupato Roma e lo aveva costretto a ritirarsi ad Orvieto.(Tor. p.20)

La chiesa della Madonna della Quercia si era sempre più arricchita per le continue donazioni da parte dei devoti e per tanti acquisti che potevano essere fatti grazie alle continue ed ingenti offerte; talvolta erano gli stessi frati della Quercia che provvedevano a coltivare gli appezzamenti di terreno altre volte, invece, essi venivano dati in affitto.

Una di queste vigne fu affittata a m° Danese " architettore et muratore" viterbese , che allora abitava presso la chiesa S. Sisto, ed era posta fuori "porta Capilla" , vicino a Viterbo; alcuni anni prima era stata data in affitto a messer Battista da Vetralla e il Danese doveva pagare al convento della Quercia " delle sette le doe" di vino e come d’olio.(vol.139 c.15v)

Lo stesso avveniva per le case, come per quella situata sulla piazza di San Sisto affittata a "Madonna Lucretia" moglie di Domenico di Jacopo da Firenzuola ( vol 139 c.27v)

Capitolo III

Aggregazione del convento alla Congregazione di San Marco

 

 

Chi diede un impulso notevole, sia alla devozione verso la Madonna della Quercia che ai lavori di completamento della chiesa, furono i frati, seguaci del Savonarola, della Congregazione di S. Marco, alla quale il convento della Quercia fu aggregato dal papa Alessandro VI, il 7 novembre del 1496.(vol.113 c.3 )

Così, arrivarono a La Quercia alcuni compagni e discepoli del santo Frate, i quali si portarono dietro l’ardore del maestro e la cultura notevole di cui erano forniti.

Alcuni di essi, che furono anche priori del convento, come Francesco dell’Aquila, Jacopo di Sicilia, Pacifico Burlamacchi da Lucca, vissero e morirono in concetto di santità.

Priori del convento furono anche i fratelli Filippo e GiovanBattista Strozzi e molti altri appartenenti alle famiglie nobili fiorentine quali i Sinibaldi, Acciaioli, Buonaccorsi, Ricci, Tedaldi, Alessandrini.( Torelli ms. c.7v )

" …La serafica Vergine B. Lucia da Narni, anch’ella dell’Ordine di S. Domenico, venuta a Viterbo l’anno 1496, si portava spesso a riverire questa miracolosa Imagine della Madre di Dio, e ne riceveva molto sollievo per il suo spirito.

Una volta tra l’altre facendo fervorosa orazione nella Cappella della Madonna, fu rapita in estasi, et avendo il sacerdote, che vi celebrava, alzato il Sagramento, fu a lei mostrato in forma di grazioso Bambino, che l’invitava ad accostarseli; et infatti stese le mani per abbracciarlo, divenuta la sua faccia come il sole, e uscendoli dalla bocca dolcissime parole, come dalle compagne, e circostanti fu osservato.

Un’altra volta in giorno di sabbato visitata la miracolosa Imagine, e ritiratasi a proseguire la sua orazione nella cappella del Crocefisso…fu rapita parimente in estasi, stando con gl’occhi fissi verso lo stesso Crocifisso per due ore, alla presenza della principessa donna Francesca moglie del Principe don Leonardo Cybo nipote d’Innocenzo papa VIII, che con accompagnamento da suo pari era venuta a sodisfare i suoi voti…" ( Tor. p.67 )

Nel 1498 , si fabbricò il dormitorio, dato a cottimo a Giovanni da Como, e si gettarono le fondamenta per la fabbrica del coro.(vol. 139 c.26 )

L’anno successivo si completò la costruzione della navata centrale della chiesa (vol.116 c.28 e segg. )

Tra il 1501 e il 1505 si realizzarono gli stipiti e le cornici della porta centrale, scolpiti dagli scalpellini Domenico di Giacomo da Firenzuola e dal viterbese Bernardino di Giovanni , suo figlioccio. Domenico realizzò anche il portale che dalla sagrestia immette nel chiostro adiacente la chiesa ed un lavamani, che serviva ai sacerdoti per lavarsi le mani prima delle funzioni religiose. (vol. 116 c.51v)(Pinzi p.86 )

Fu intonacata la chiesa , furono custruiti i tetti mancanti e completata la cupola. ( vol. 116 c.39v e segg. )

Nei primi anni del 1500 il convento della Quercia divenne un rifugio sicuro e un punto di riferimento per molti discepoli del Savonarola , mandato al rogo nel 1498.

Uno di questi, fra Benedetto ( Bettuccio) Luschino di Paolo, famoso miniatore, fu ai piedi della Madonna della Quercia già nell’ottobre del 1500 (vol. 152 c. 226v ) e i documenti d’archivio del Convento registrano insieme alla sua presenza quella di molti altri discepoli del Savonarola, usciti da Firenze per sfuggire alla rappresaglia dei nemici :

fra Jacopo di Sicilia,fra Nicolò Bartoli, fra Pierfrancesco Salvetti, fra Vincenzo da San Gimignano, fra Placido Cinozzi, fra Ambrogio di Andrea della Robbia, fra Filippo di Lorenzo Strozzi, fra Francesco di Bernardo Salviati, fra Giovanni e fra Francesco di Giovenco de’ Medici, fra Tommaso di Bernardo Caiani, fra Antonio di Francesco Scappella,fra Giovanni di ser Bartolomeo da Pescia, fra Lorenzo di Corso delle Colombe, fra Luciano di Giovanni Biliotti,fra Mariano di Mariano Ughi, fra Marco di Paolo del Magrezza, fra Sebastiano di Domenico Nucci, fra Bartolomeo della Porta e fra Mattia di Lotto Salviati. ( Memorie Domenicane N.S. 29 Stefano Dall’Aglio p.468 nota 12)

I Priori di Viterbo, mentre erano soprastanti della fabbrica della Madonna della Quercia Bramante di Mariotto, m° Bernardino , medico viterbese, ser Ambrogio ed Adriano ( vol. 152 c. 229- vol. 139 c. 40v), per protezione della città, fecero costruire all’interno dell’ultimo piano del campanile, un piccolo rifugio che servisse come postazione d’avvistamento per una sentinella( vol 139 c. 38v)

Il falegname Ludovico Galluzzi , nell’estate del 1503 , fu pagato per aver fatto gli armadi nella sagrestia vecchia.( vol. 116 c.48 e segg. )

Giulio II, molto devoto della Madonna della Quercia, volle , nel 1503, che l’antichissima fiera di settembre, concessa a Viterbo da Federico II imperatore nel 1240, fosse effettuata anche a Campo Graziano , nei pressi della chiesa, e che fosse libera da ogni tassa ed imposta comunale.( Torelli p. 20 )

Con un breve del 27 gennaio 1505, promulgò nuovi capitoli tra la Città di Viterbo ed i frati Domenicani della Quercia . ( vol.116 c.52-54v )

Confermò le indulgenze concesse da Sisto IV , con un altro breve datato 12 settembre 1505 e il 18 settembre 1505 "… venne a Viterbo , et entrò la sera di Giovedì, et la mattina del venerdì mangiò alla Madonna della Cerqua… Io feci el sermone in Cappella della Cerqua come offitiale…" , scrive Francesco Sacchi nei ricordi della sua Casa.(Bussi p.292 )

Negli anni seguenti, Giulio II, " … rimediò a varii inconvenienti intorno all’amministrazione dell’elemosine, ed entrate, pretesa da persone laiche , come per suoi brevi del 1507 e 1508…"( Torelli p.20 )

Nel giugno del 1505, venne fusa , da Francesco di Sante da Viterbo, una campana pagata con un lascito fatto , come ex voto per la salute recuperata, da Oliviero Paci da Corneto, che nel suo testamento, rogato il 23 marzo del 1477, aveva lasciato tutti i suoi beni alla " fabrica " della chiesa della Madonna della Quercia, con la condizione : " …quod de dicta hereditate fieri debeat una campana de metallo de valoris et pretii quingentorum ducatorum auri, cui campane vocetur LA CORNETANA …".(ex voto p.6 )

"Inoltre i " Santesi della chiesa saranno obbligati a porre al centro del tempio una pietra con sopra scolpita la figura a rilievo del testatore, una cum forma campane super caput sculpture . " (ex voto p. 6 )

" … Un Cavaliere della nobilissima famiglia de Spiriti, e Colonnello della milizia nella Provincia del Patrimonio chiamato Giovan Battista, fu per negozii urgenti dalla Città di Viterbo sua patria inviato à Roma alla Santità di Giulio II , pontefice regnante l’anno 1503[1506], adempita la sua commissione con piena soddisfazione de suoi Concittadini, se ne ritornava assai contento in Viterbo; quando poche miglia prima di giungervi, assalito da alcuni Fazzionarii, che con spade alla mano dichiaratisi suoi mortali nemici, perché forse l’operato in Roma non era di loro genio, ò per l’invidia della gloria da lui acquistata, tentorno di levarlo di vita. Si difendeva bravamente il valoroso cavaliere; ma conoscendo non poter resistere à tanti à cavallo e a piedi, cercò con la fuga lo scampo, e dando di sprone al cavallo, uscì di strada per la campagna, inseguito però da nemici, sino ag un luogo ristretto detto il Guado del Cargnolo. Ivi accorgendosi che andava ad incontrarsi in un altissima rupe senz’altro indugio, invocò più volte ad alta voce la Madonna Santissima della Quercia in suo aiuto; e quelli che già l’erano vicini dicendo: Né Cristo, né la Madre ti scamperà dalle nostre mani: stavano per avventarsegli alla vita. Egli però con sicura speranza di sua salute, rispondendo: la Madonna della Quercia mi libererà, proseguì la fuga fino all’orlo del precipizio; quando articolando voce umana il cavallo, con quelle parole: tienti Spirito che io salto: Saltò, ò come avesse avuto l’ale, volò da una parte all’altra, quella rupe larga più di venti braccia, et alta sopra sessanta, come si vede nel luogo detto la Cava di Sant’Antonio…"( Tor. 1725 p.129 ) In ringraziamento, il cavaliere viterbese fece fare una sua statua con il cavallo che fu posta davanti l’altare della Madonna (libro ex voto p. 222 )

Il 10 dicembre del 1506, fu data a cottimo a Tommaso Cuggia , a Domenico Magagnini e a Piero di Giorgio la costruzione della parte muraria del coro, ( vol.119 c.14v)(vol.116 c.168 ) che in seguito venne affidata a Giovan Lorenzo da Camerino e a m° Cristoforo da Caverno. (vol. 116 c.169)(Pinzi p.95 e segg. )

L’anno successivo, fu terminato il pavimento della chiesa realizzato una parte da m° Danese di Cecco e una parte da Bernardino di Giovanni (vol. 116 c.168 )

Giampiero di Valle Lunigiana, detto Mecone, realizzò lo stemma di Giulio II posto poi sopra la lunetta centrale della facciata il 18 settembre 1507," … et costò scudi otto de carlini et baiocchi 37, non che dessi nulla il papa ma per sedere lui nella sedia di S. Pietro in quel tempo ..."( vol. 113 c. 6)(vol. 116 c.65 ).

La facciata della chiesa non era però completata ed allora, il 3 luglio del 1508 , arrivarono da Firenze, opera di Andrea della Robbia, i cui figli Mattia e Ambrogio erano stati frati a La Quercia( vol115 c. 18 ), le tre lunette di terracotta invetriata, da sistemarsi sopra le tre porte della chiesa( vol. 116 c.66v ); furono trasportate dal vetturale Domenico di Ricorboli con un costo di 54 carliniducati .(vol.116 c.69 )

Nello stesso anno fu dato il cottimo della facciata al viterbese Bernardino di Giovanni, a Carlo di Mariotto e a Domenico di Giacomo da Firenzuola , scalpellini.(vol.116 c.96v )

Fu dato anche il cottimo della cisterna e del lastricato del chiostro affidato, per la parte muraria, a Bruno di Domenico da Settignano e per la parte in peperino, agli scalpellini Carlo e Capocorso. (vol. 128 c. 587)(vol. 116 c. 68v )

Il papa Giulio II , " …l’anno poi 1509, nel mese di settembre venne personalmente a visitare la Madonna [ della Quercia] con molta divozione, e gran consolazione del suo spirito. Lasciò mol’elemosine, ed apparati: ed ad istanza del priore, che era il ven. padre Pacifico Burlamacchi da Lucca,uomo di santa vita,concesse vivae vocis oraculo, che li frati potessero confessare in questa chiesa , tutte le persone di qualsivoglia luogo, e assolverli dalli casi delli loro Diocesani…" .( Torelli )

Molte sono gli ex voto d’argento o in tavola lasciati sull’altare della Madonna e le offerte deposte nella grande cassa all’entrata della chiesa; in un volume dell’archivio , sotto l’anno 1510 vengono registrate in entrata:

due gambe d’argento, un paio d’occhi d’argento, un dito, un naso e due anelletti d’oro ( vol.119c.55)

Il 30 novembre, dell’anno 1511, venne fusa la seconda campana, del peso di 1000 libbre, da Domenico di Stefano del Tedesco da Imola.( vol. 116 c.171 )

Nello stesso anno, fu terminata la parte superiore del chiostro; Bernardo da Vignola e Vincenzo di Monferrato la intonacarono e successivamente , nel 1513 furono messe in opera le colonne e la balaustra in peperino. ( vol.116 c.171)( vol.116 c.111 )

Il tesoro della Chiesa si arricchiva ogni giorno di oggetti preziosi; i frati ne lasciarono un elenco redatto nel 1513:

"Inventario di paramenti et calici et voti di argento et altre simile cose appartenenti alla sacristia et deposito del convento nostro di S. Maria della Quercia scripto in presentia delli soprastanti a di 20 di Augusto essendo priore el padre fra Mariano Ughi [1513] soprastanti Marcho di Mariano et Batista Rosellini et Ceccho della Buccellata el quale inventano fu copiato dallo inventario loro proprio per mano mia propria fra Cristophano del Giglio essa dachordo me porsero epso Marco con consentimento de lor compagni.

PALLIOTTI

- uno palliotto di brocchato a oro colarme del cardinale di san Severino col fregio della medesima ragione

- uno palliotto di brocchato a oro fiorito col fregio di quella medesima conditione col arme di papa Innocentio et una altra arme di sotto

- uno palliotto in broccato a oro col fregio della medesima materia collarme

del Signore Franceschetto

- uno palliotto di broccato a oro col fregio desso in broccato collarme del

Cardinale di Benevento.

- uno palliotto di Corarne messo a oro et argento col fregio desso.

- uno pallio di velluto rosso a fioroni con una arme in croce con 5 rose et lettere hinc

inde a y f ; di questo se facto una tovaglia per el pulpito piccholo.

- uno altro pallio di velluto rosso senza fregio.

- uno palliotto di damschino biancho con fregio dessa.

- uno palliotto di raso verde col fregio desso con uno Agnus Dei nel mezzo storiato.

PIVIALI

-uno piviale biancho di damaschino a fiori rossi con sua pianeta et tonacelle ciohe

con sue dalmatiche.

PIANETE

-una pianeta di damascho biancha con fregio di brochato doro

-una pianeta di damascho biancha col fregio storiato doro col larme biancha et

nera a listre con 3 gigli doro in essa.

- una pianeta di damascho biancha con fregio storiato doro con arme nella

quale e un mammolo accavallo sopra uno delfino.

- una pianeta di damascho alexandrino col fregio doro storiato col larme de

sartori.

- una pianeta de ciambellotto azurro col fregio di velluto rosso con una arme

di mezzo leone et uno arbore et 3 sbarre in uno scuto.

- una pianeta di damaschino negra da morti col fregio di ciambellotto rosso.

- e in più pianete di guarinnello biancho col fregio di sennato et dua dalmatiche

bianche senza fregi alcuni.

- una pianeta di sennato a listre azura et rose et verdde et pavonazo col fregio

di brocchato doro a rose.

 

CAPPUCCI

- uno cappuccio da piviale in campo doro entrovi la Madonna con dua angeli.

- uno cappuccio vecchio da piviale entrovi la Madonna con quattro angeli che

va in cielo con nappa

PALIOTTI DA CROCE

- uno palliotto stretto et lungo da croce di damaschino bianco fiorito a rosso et oro.

- una banda di drappo rosso di braccia 2 in circa col arme di papa Iulio et del

populo romano.

PIANETE item

- una pianeta di velluto rosso fiorito colarme di casa Piensis nel fregio messo a

oro storiato.

- una pianeta di velluto rosso col arme de calzolai con fregio storiato aoro et le

sua dua dalmatiche.

- una pianeta di velluto rosso piano con fregio col arme nella quale sono tre bocchali.

COPPA

- una coppa da communicare dargento drento adorata et nel botone di peso di

libre 2 et oncie 2 di rame nel pie dentro.

- uno thuribulo grande tutto argento di peso di libbre 4 once 10.

- una navicella dargento di peso di libbre 1 et once 4

- una pace dargento co la Madonna dentro col arme del Farnese.

- una pace danovo fornita dargento con rose di smalto intorno.

CROCI

- una croce dargento col fornimento di rame et di legno con nove palle di

rame in orate dintorno.

- una croce dargento senza palle col larme della communità di Bagnaia.

CALICI

- uno calice et patena tutti dargento con una arme di Falconi nella quale è uno

falcone et assai ben grande.

- uno calice mezano dargento con sua patena collarme di Civita Castellana.

- uno calice di argento et sua patena smaltato dazuro et pagonazo nel bottone

con una arme nel pie a noi ignota pare de Franciesi.

- uno calicepto tutto dargento et sua patena smaltato nel bottone con una testa

di San Pietro et di San lacobo et uno Agnus Dei et altri santi.

- tre calicetti callice et pie di rame colloro patene dua dargento et una di

raime.

- uno calice grande col pie et patena di rame con lettere che dicono Jovanni di

Matheo di Thomasi.

- uno calice crande col pie di rame con patena dargento in scripto Ave Maria

Gratia

- uno calice mezano tutto dargento smaltato nei pie lime hinc inde della Madonna

della Cerqua con sua patena dargento.

- uno calice con sua patena dargento colarme dei fabri cioè a lancudine.

- uno calice con sua patena dargento con arme nella quale è una lista azurra et

larme è quasi meza rossa.

- uno calice con patena tutti argenti con arme di Vitelleschi

- uno calice con pie di rame con sua patena in scripto dal arte dei tavernieri.

- uno calice coli pie di rame et patena di rame con arme … di sarcina.

- uno calice con pie di rame et patena argentea con una vacha smaltata nel pie.

- uno calice con pie di rame et patena dargento.

- uno calice di rame con coppa dargento in scripto della comunità di Sancta

Fiore con sua patena.

- uno calice con pie di rame et patena rotta.

- uno calice con pie di rame et sua patena insignito dura arme smaltata nel pie

nella quale he una rocha.

- uno calice con suo pie di rame et coppa dargento colo smalto del arme de

fabri et sua patena.

- uno calicetto di rame con sua coppa dargento insignito duna rocha et bilancie

et sua patena.

- uno calice di rame et coppa dargento ismaltato con cinque a croce nebottoni.

TABERNACULI

- uno tabernaculo grande di rame dorato colla coppa dargento che fu gia una

coppa di calice per portare el Sacramento a processione quando bisognassi.

- uno tabernaculo di rame dorato con suo coperchio nel quale he una spina per

reliquia.

CANDELLIERI

- dua candellieri dargento dentrovi li stipiti di ferro et le viti di rame in tutto di peso di libre septe et once VI.

LAMPANNARI

- uno lampannaro dargento collapichagniolo di rame in tutto di peso di libre 1

et once 2.

VOTI DARGENTO

- una gonella dargento con una pallotta di peso di libre 6 once 2 dargento he

molto basso

- uno mammolo fiorentino ginocchioni tutto dargento di mezo rilievo di peso

di libre 5

PACE

- uno smalto di rame doratoto dentorno la Imagine della Madonna leghata in argento." (AGOP XI 9400 c.129 e segg.)

I frati volevano però che la chiesa si arricchisse anche d’opere d’arte :

"… Ricordo come l’anno 1513 a di 22 di novembre essendo priore di questo convento il Reverendo padre fra Mariano fiorentino fu alogato et dato dal padre fra Gabriello Mannini di consenso di detto priore et soprastanti a fare il choro di legname a m° Francesco di Domenico detto il Tassino et a m° Giuliano di Giovanni detto del Pollastra et si obbligorno a farlo in quella forma che è quello de monaci neri della badia ch’è fuori di Siena un miglio con di molte altre conditioni e patti …"( vol.113 c.6v )

La costruzione del maestoso coro invogliò il priore d’allora , il fiorentino Pietro Tedaldi, a volere dei libri corali dello stesso livello; approfittando della vendita di due casette lasciate alla Madonna da un devoto , il Tedaldi diede "… a scrivere et notare et miniare quattro libri del choro cioè uno graduale dalla prima Domenica del advento insino alla terza Domenica di quaresima.

Il 2° comincia dalla 3a Domenica di Quaresima insino a Pasqua. Il 3° libro è antifonario del tempo de Santi insiemi da Pasqua insino alla Santissima Trinità.

Il 4° seguita dalla Santissima Trinità insino allo Advento con l’officio della Sacra et di Sancto Vincentio nostro et di Sancta Chaterina nostra et li scrisse et notò un monaco di Valle Ombrosa che abitava allora a Pasignano detto don Cosimo et se li dette quattro lire ( ) del quinterno di sua manifactura non mettendo altro che la sua faticha, le carte i colori et ogni altro fornimento a spese del convento et costorno di molti scudi … I detti quattro libri furno miniati da frat’Eustachio converso nostro fiorentino il quale miniò ancora i libri del choro di S. Marco di Fiorenza. Quanto fussi eccellente in quest’arte si può vedere in detti libri…" ( vol.113 c.13v )

Fra Bartolomeo della Porta , in quegli anni nel Convento della Quercia, iniziò a dipingere la tavola dell’altare maggiore nel coro. Dopo aver impostato e disegnato l’Incoronazione della Madonna da parte di Gesù, ritornò a Firenze ed allora, dai soprastanti della fabbrica, si decise di farla completare ad un suo carissimo amico e socio , il pittore fiorentino Mariotto Albertinelli, che arrivò alla Quercia nel luglio del 1515 ; ma, sia fra Bartolomeo che Mariotto morirono prima di portare a termine l’opera finita poi nel 1545 da fra Paolini da Pistoia.( )

Sempre Bartolomeo della Porta, qualche anno prima , aveva dipinto per la chiesa della Quercia una tela in cui la Maddalena incontra Gesù subito dopo la Sua resurrezione.( vol.113 c.9 )( AGOP XI 9400 c.11)

Messer Francesco Curti da Pavia, protonotario , morto a Bagnaia, lasciò al segretario del Cardinale di San Giorgio, messer Mattia da Roma , una notevole somma , 140 ducati, da donare allla Madonna della Quercia(vol 116 c.112)(vol. 353 c.16); altra cospicua offerta venne lasciata da messer Francesco Mafeo da Verona, canonico di San Pietro.

Anche il "bastaro" Filippo da Montefalco, abitante a Civitella d’Agliano, lasciò alla Madonna una grossa eredità consistente in case da lui possedute in quel paese e un allevatore, come ex voto, lasciò un vitellino.(vol.353 cc.14 - 15v – 17v)

Il cardinale Farnese, poi Paolo III, devotissimo della Madonna della Quercia, visitando il santuario, fece un’offerta per i poveri. ( vol.353 c.18v)

I frati domenicani volevano però sistemare la facciata ancora finita, o ,come a me sembra più probabile, volevano fosse fatta in un’altra maniera da come progettata inizialmente.

Per prendere una decisione, fu chiamato alla Quercia Pietro Rosselli, che il cronista chiama "architettore della fabbrica", allora a Roma nell’azienda dei Sangallo. (vol.139 c.122)

Nel 1517 , il 25 Aprile , gli scalpellini Carlo di Mariotto, Pietro di Domenico Ricciarelli di Viterbo, Domenico di Giacome da Firenzuola diedero a cottimo ai muratori Bernardino da Como e Lazaro di Francesco d’Arezzo la sistemazione del timpano della facciata , da loro scolpito.(Pinzi p.105 )

Leone X , venuto a visitare la Vergine della Quercia il 27 settembre dello stesso anno,"… con gran comitiva di Cardinali, Prencipi, e Prelati… solennizò la festa de’ santi martiri Cosmo, e Damiano…"( Torelli man. C.4)( tor p.20-21) .

L’anno seguente vi ritornò lasciando in dono 300 scudi, per portare l’acqua corrente in una fontana costruita, alla fine del 1400, nella piazza di fronte alla chiesa.(vol.115 c.6v )

"…concesse , che li religiosi di questo convento liberamente in qualsivoglia luogo, senza essere impediti da alcuno , possino questuare e cercare limosine. Confermò la concessione di Giulio Secondo, che li religiosi confessori possino assolvere li penitenti di qualsivoglia luogo da tutti li casi, e censure non riservati alla Sede Apostolica.

Volle che la fiera si faccia solamente in questo Campo Graziano e suo distretto; e che durante la medesima , da farsi due volte l’anno , nelli mesi di Maggio e Settembre, tutto ciò che sarà portato in detti luoghi, sia libero et esente da ogni gabella.

Et in ultimo comanda al Vicelegato di Viterbo, che faccia godere a li religiosi di questo convento li loro privilegi; e castighi chi li molesta, come il tutto apparisce in più suoi brevi, spediti negl’anni 1516 e 1520 ." ( Torelli p. 21 )

Il privilegio della " Fiera libera" era segnalato da una bandiera, su cui era dipinta l’arme del convento e l’immagine della Madonna della Quercia, che nei giorni di fiera era posta sul campanile ed annunciava ai commercianti convenuti l’esenzione delle loro merci da imposte comunali.( vol. 506 )

Tale privilegio fu fonte di uno scontro continuo tra il Convento e il Comune che si protrasse molti anni .( vol 506 )

I Santesi, intanto, avevano pagato m° Francesco " dipintore per una pentura duna Madonna sul libro granne" ossia sul registro delle entrate e delle uscite , dove gli ufficiali della fabbrica registravano i pagamenti e le offerte dei pellegrini( vol. 117 c. 22v e c. 72)

 

Capitolo IV

L’arrivo alla Quercia di Antonio da Sangallo il Giovane

Nel 1518 fu data a cottimo la costruzione del nuovo refettorio al maestro fiorentino Antonio di Bartolomeo Cordini, nipote di Giuliano Giamberti detto da Sangallo .

Ma ,il giorno 8 dicembre 1518, gli officiali della fabbrica, Domenico di Luciano Bussi e Pietro Paolo di Taddeo Loddi, diedero a cottimo, sempre al grande architetto, il soffitto a cassettoni della navata centrale " … senza saputa del Priore…" ( vol. 117 c. 122) e con gran disappunto dei frati che avevano timore che le due opere insieme non potessero essere realizzate, come effettivamente poi avvenne.

Il prezzo concordato con i Soprastanti , per il secondo lavoro, fu di 1000 ducati e nel contratto si stabilì che: " decto palco habia essere de quella richeza che è quello de camera de papa Leone in palazo del papa in Roma, dove se fa el concistorio, et uno palmo più sfondato, che non è decto palco, et più se bisognarà…". (A.N.V. prot. VII notaio Evangelista di Giovanni de Bartholis c. 87)

Alla sua realizzazione contribuirono un dipendente dell’architetto, Giovanni di Pietro detto il Pazera, carpentiere fiorentino, che scolpì e mise in opera il tutto, il fratello di Antonio, Giovan Battista, e il cugino Francesco, più volte alla Quercia per seguire i lavori e Battista di Giuliano da Cortona, che costruì l’impalcatura per la sistemazione dei lacunari del palco.(Pinzi pp.118-119 )(vol. 118 c.11)

Nel 1519, essendosi sfondato il soffitto del coro , Battista da Cortona ne relizzò la magnifica volta(vol.117 c.12 ) ; il corso Monaldo Troffi, pittore cornetano, in quel periodo abitante a Viterbo, eseguì l’affresco, a forma di tondo, al centro della volta; in esso la Madonna siede su di una quercia a mo’ di trono con a destra San Domenico, fondatore dei Domenicani e a sinistra san Lorenzo, protettore di Viterbo(vol.117 c.121v ).

Sempre a m° Battista , il 15 ottobre 1519, fu assegnato il cottimo della costruzione del refettorio, progettato dal Sangallo, del quale si erano gettate parte delle fondamenta(vol. 117 c.121 e seg.)(Pinzi p. 111 ); i peducci delle tavole, in peperino, furono scolpiti da m° Bernardino da Viterbo, m° Domenico e Costantino, suo fratello, da Settignano.(vol. 117 c. 74 )

Fra Jacopo di Sicilia , priore in quel tempo, annota tutti i miglioramenti che furono fatti nella Chiesa e nel convento della Quercia dal momento in cui furono affidati alla Congregazione di San Marco fino all’anno 1519:

" In primis la chiesa quasi tutta intonacata et inbiancata

Item otto latari denovo fatti con li soi palliotti de ligno li quali sono al presente

Item uno lampanaio di legno con le lampanai di ottone come stanno al presente

Item il frontespitio quale è nel tabernaculo del Crucifixo

Item le grate di ferro con lo suo ornato le quali sono davanti alla due cappelle che

mettono in mezzo la Madonna

Item dui banchi grandi li quali sono in chiesa de qua et dela et le due seggiole grandi

da udire le confessioni

Item quelle tre figure cioè di Sancto Domenico et di Sancto Pietro Martire et di

Sancta Caterina et quella figura di Sancta Maria Magdalena con quello Cristo

resurgente

Item le figure le quali sono di sopra le tre porte della chiesa che sono di pietre cocte

et venneno da Firenze

Item la porta di pietra della porta maggiore con elligname che ci è al presente

Item la grande parte della facciata della chiesa cioè dalli lioni in circa fino al

frontespicio inclusive

Item quello scuto di papa Iulio

Item la lanterna che ci è sopra la cupula con le finestre di vetro et la croce

Item li palchi dove si posono le imagini di cera nella chiesia

Item la Cappella maggiore dalli fondamenti presente messer Malatesta governatore

et frate Jacopo di Sicilia et molti ciptadini con la giunta che fu fatta da poi

colla libreria

Item il coro novo de ligname il quale ligname per tre anni innanti fu apparecchiato

per industria di frate Gabriello Mannini

Item larmario della sagrestia con tucto laltro ornato et il cassone che li sta in mezzo

il quale fece m° Lodovico di Viterbo

Item il tetto dalla cupula in suso tutto rivisto

Item la campana maggiore la quale stando rotta fu gettata de nuovo sotto frate

Giovanni Sinibaldi priore in quel tempo: con grande fatica et grande spese

Item la campana la quale sona adesso alla messa et all hore fu gettata in quelluogo

dove si fa adesso losteria

Item le dui volte con loro archi triomphali di sopra il quattro della Madonna

Meglioramenti fatti nel Convento

In primis la Cisterna quale cè nel primo chiostro la quale è uno grande vaso di

grande capacità con lo ornamento che cè di sopra et lastrico intorno

Item li ornamenti di pietra del claustro di sopra cioè colonnette et appoggiatorj

Item la imbianchatura del detto claustro di sopra con le porte della vestieria et

infermeria con qualche miglioramento che cè drento come appare

Item il dormitorio novo della parte orientale: dalla fenestra maggiore per ins fino

allaltra fenestra: il quale fu fatto parte dalli padri lombardi et da noi continuato et

fornito

Item lo dormitorio dalla parte occidentale fu restaurato et redutto ad una certa

qualità: il tecto di nova riconciato con la gronda fatta di nuovo

Item lo hospitio che sopra la cantina tutto imbiancato et fatto il cammino che non

cera se ben mi ricordo

Meglioramenti quanto alle cose immobili et casamenti

In primis la hostaria la quale cè in sulla piazza: la quale era solamente fondata

Item nella possessione della Aiola una casa per conservare le robbe

Item riaquistato et comperato cierti pezi di terra per levare certi denari che erano in

sul bancho dellostaria quale si vende come appare ne lochi soi

Item li muri dellorto quelli che sono insino a oggi

Sono molti altri meglioramenti et cose le quali non bisogna esplicare…"(santa sabina XI 9400 c.11 e seg.)

La devozione verso la taumaturgica Immagine dipinta sulla tegola, crebbe in maniera notevole e l’Ordine Domenicano ne fu il veicolo di propagazione in Italia e in tutta Europa.

Ad Ascona, in Svizzera, nella chiesetta del Collegio Papio, nei primi anni del Cinquecento affidata a due domenicani, venne costruita una cappella a Lei dedicata .(La chiesa del Collegio Papio- Aldo lanini p.11 )

Ormai il Santuario viterbese era divenuto, specialmente in tempo di fiera, meta continua di pellegrini e più di 20 botteghe circondavano il complesso architettonico.(vol.140 c. 202 )

Una di esse aveva sempre molto lavoro; era la " bottega della Cera ", dove si fabbricavano gli ex voto.(Scienza e Miracoli nell’Arte del ‘600- nota a cura di Gianfranco Ciprini- p.389 )

Già dal dicembre del 1468, il Comune di Viterbo aveva stretto una società con Giovanni di Petruccio Cifarella ed il figlio Battista ai quali fu concessa la " bottega della cera", da costruire a loro spese, lontana almeno un passo dalle pareti della chiesa " … denuo fundanda…" e venne loro permesso di prendere a servizio "… unum magistrum ad laborandum vota cerea magna …".

Con l’avvento dei Domenicani della congregazione di San Marco, l’amministrazione della bottega passò ai frati; allora a " lavorare le immagini" , furono chiamati artisti famosi in questa attività : i fiorentini Domenico, Nicola , Mariotto, Sebastiano, Matteo tutti della famiglia Benintendi o Fallimmagini.(Ex voto p. )

All’inizio dell’anno giubilare 1525 il soffitto non era ancora terminato ,sia per i contrasti continui che il Pazera,uomo rozzo e maleducato, aveva continuamente con i frati sia perché Antonio da Sangallo non aveva ricevuto tutto il compenso pattuito.

Allora siccome " ci era qualche debito con m° Antonio da San Gallo, per conto del palco di chiesa ; et poco ordine ci si vedeva per l’avvenire di pagallo, rispetto alle elemosine che non venivano… fu deliberato con consiglio dei padri sacerdoti et similmente dei signori soprastanti che fussi bene fare una scelta di argenti quali per i tempi passati erano stati offerti alla Madonnna. El quale numero di argenti fu circa libbre 34…"(vol.117 c. 122v )

" …El numero delli argenti furono questi: in prima una figuretta di mammolo del Duca di Urbino; una gamba grande data dal Fracassa; una figuretta di homo da messer Giovanni Bitonti; et molti altri voti piccoli di peso di libbre 11…" (foglio sciolto )

Perdurando le liti tra il Comune di Viterbo e i Domenicani ,il papa Clemente VII, che in precedenza aveva soppresso la Congregazione di San Marco ed aggregato il convento della Quercia alla Provincia Romana, volle accontentare i frati, riducendo il numero dei Santesi da quattro a due ed imponendo che fossero eletti su indicazione degli stessi frati. ( nota su provincia romana signorelli )(vol.-115 c.5v-11)

La grande HOSTERIA, costruita agli inizi del XVI secolo , venne affidata a Baldassarre da Pontremoli, abitante Bagnaia, che pagava un affitto di 20 ducati d’oro; l’oste si era impegnato a non tenere presso di sé donne di malaffare e ad ospitare, quando ce ne fosse stato bisogno, i lavoratori delle terre dei frati . ( vol. 141 c. 106v)( vol.115 c.5v)

Gli anni che vanno dal 1525 al 1528 , per lo Stato Pontificio furono anni tormentati ed anche il Santuario della Quercia ne fece le spese.

" …Ricordo come nello anno 1527 quando andò el campo imperiale a Roma del mese di maggio et la saccheggiorno da quel tempo che decto campo passò insino al febbraio seguente 1528, furno molte volte in convento soldati in grande quantità, si dello exercito imperiale, si del campo della Lega. Et stettovi alcuna volta più giorni in modo che feciono stalla del chiostro et soprachiostro et dormitorio et per tutti questi decti luoghi feciono fuochi grandi, et abruciorno molti legnami del convento et chiesa et ne guastorno, et similmente guastorno usci et mura in molti luoghi che pareva diventato el convento una spelocha o stalla…" .( vol.117 c.126) )

"… L’anno 1528, passato a Roma l’esercito Imperiale, alcune squadre, che lo seguivano, rimasero in questi contorni; e benchè la città di Viterbo allora residenza de Cavalieri Gerosolimitani, non ne ricevesse aggravio, i luoghi però suburbani furno talmente esposti all’indiscretezza de soldati, e in particolare il convento e chiesa della Madonna della Quercia, dove tennero quartiere quasi tutto l’inverno.

Sbandato poi l’esercito dopo la morte del generale Borbone e seguito il sacco di Roma, anche le sudette squadre slogiando,provorno sorprendere e saccheggiare la Terra di Bagnaia, sprovvista d’uomini d’arme, andati al soccorso del Pontefice; ma quelli pochi, che vi erano, con le donne più animose, serrata bene la porta si posero alla difesa, invocando l’aiuto della loro protettrice Maria Santissima della Quercia, quale in tutto il tempo che non la visitorno havevano istantemente pregato a discacciare li suddetti soldati, che l’impedivano.

Facendo poi quelli forza d’entrare, furno sempre respinti con sassi,legni,fuoco, acqua bollente, et altro, finche di ciò vergognandosi il Capitano, volle dar la scalata e tentando il primo a salire, da una pietra in testa, che li scagliò per le finestre una femina [la pucciarella], rimase miseramente ucciso…

Venne poi tutto il popolo di Bagnaia a ringraziare la sua liberatrice con offerta d’una gran Croce d’argento…" ( Torelli p. 131 )

Clemente VII "… nello spazio di quattro mesi dell’anno 1528, che dimorò a Viterbo, dopo la liberazione di Roma e stato Ecclesiastico dall’esercito di Borbone, venne più volte a visitare questa Santissima Vergine, per ringraziarla de’ benefici ricevuti, e per implorare il di lei patrocinio nelle tante calamità di quel tempo…". (Tor. p.22 )

Il papa volle anche rendere ufficiale la donazione che Giulio II aveva fatto all’Università dei Macellari di Roma di una vecchia chiesa, S.Nicola de Curte, poi dedicata alla Madonna della Quercia di Viterbo, che divenne così la patrona di questo glorioso sodalizio romano; all’Università fu associata la Confraternita della Madonna della Quercia , ancora oggi esistente e florida grazie all’impegno di tanti confratelli macellai . (La Madonna della Quercia dei Macellari di Roma p.21 )

Un fatto increscioso accadde il 18 agosto del 1529: scoppiò nel coro un incendio che, grazie all’intervento immediato dei frati, non provocò eccessivi danni eccezion fatta per la perdita di alcune sedie ed alcuni corali equivalenti in denaro a circa 100 ducati (vol.117 c127)

Intanto, il soffitto della navata centrale non era stato ancora terminato e così :

"… a dì 15 d’octobre [ 1530] si fece accordo, com m° Giovanni da Firenze legnaiolo habitante in Viterbo per conto del palco di chiesa dal priore et soprastanti, doppo l’accordo facto con m° Antonio, in questa forma che m° Giovanni habbia a finire el palco integramente et quello finito habbia havere ducati 65 cioè 15 finito el palco et 50 di tempo in tempocome si potrà…" (vol. 117 c.59 );

Altri pagamenti si susseguono fino al 25 luglio 1531 quando fu saldato il conto al Pazera; il soffitto era finalmente terminato !

Eletto papa il cardinale Alessandro Farnese, viterbese d’origine, che prese il nome di Paolo III, la chiesa della Quercia diventò un punto di riferimento per la devozione mariana non solamente dello Stato Pontificio ma di tutta l’Europa; egli , poi, volle la Vergine Santissima della Quercia come protettrice particolare dei componenti la Famiglia dei Farnese che in quasi tutti i loro possedimenti costruirono cappelle o chiese a Lei dedicate.(Una devozione Farnesiana….Carlo Fornari )

Il 16 settembre 1536," … venne a Viterbo papa Paulo III nostro ciptadino et mio padrone. Venne prima alla Madonna della Cerqua dove io m° Sacco ero offiziale, et per mia intercessione et preghiere ordinò si facesse et finisse a sue spese il palco d’oro, il quale era cominciato a tempo di mio zio m° Francesco Sacchi.

Supplicai ancora si facesse una strata da Viterbo alla Madonna,dritta et bene ordinata; et anco che si riserrasse il campo della Fiera, et si murassero altre botteghe.

Et così Sua Santità il tutto ne concedè…"(Ciampi- Ricordi di casa Sacchi p. 436 )

Infatti, tutto il soffitto fu ricoperto di lamina d’oro; una tradizione racconta che ci sono voluti circa 30 chilogrammi e che il prezioso metallo, donato al papa da Carlo V imperatore di Spagna , fosse una piccola parte di quello che Cristoforo Colombo aveva portato dall’America.

Si costruì la nuova strada che dalla porta di Viterbo detta S. Lucia , porta Fiorentina, arriva ancor oggi , in linea retta, alla chiesa della Quercia.(Ciampi p.436)( vol.118 c.213 e seg. )

Nel 1539 furono abbattute alcune delle botteghe esistenti intorno al Santuario e , per sistemarne la piazza antistante, fu realizzato un disegno, vero piano regolatore, comprendente strade e circa 300botteghe, proposto dal viterbese fra Atanasio Altobelli, allora sindaco del convento, e sottoscritto da Antonio da Sangallo il Giovane e Bernardino da Viterbo, "…afinchè quelli che verranno non siano facili ad mutarlo essenno approbato da tali homini…".(vol. 115 c.39v )

Tra i numerosi pellegrini arrivati in quegli anni a venerare la Madonna della Quercia le cronache ricordano:

Ser Juliano Visconti da Milano, Galeotto de’ Medici,il Vescovo di Salamanca, il Cardinale Franciotto Orsini, Lorenzo di Galeotto de’ Medici duca di Urbino,Fabrizio Maramaldo capitano imperiale, il signore di Viano [ Veiano] , il cardinale Dary, Costanza Farnese, Lorenzo Cybo, Ottavio Farnese, il Cardinale Triulzi, il duca d?Amalfi, la signora d’Alviano, Mons. Burgense, Contarina Farnese, il cardinale Morone, madonna Giovanna Gonzaga ( vol. 350 c.33v e segg.)

Capitolo V

Gli anni della Controriforma

 

Sorse così un centro, spirituale ed economico, che sarà per secoli il più importante Santuario Mariano dello Stato Pontificio.

I frati decisero di sistemare il quadro di fra Bartolomeo, non ancora completato; per questo scopo fu chiamato alla Quercia un discepolo del pittore fiorentino: fra Paolino da Pistoia.

L’artista pitturò la parte inferiore della tavola e realizzò anche un tondo raffigurante il Padre Eterno. Il tutto fu sistemato nel coro, sopra l’altare maggiore.( vol. 113 c.4)( vol. 351 c. 70)

Fu anche costruito un presepe con statue, a grandezza naturale, che vennero realizzate a Lucca e Firenze; la testa della Vergine fu pitturata da m° Monaldo .( vol.113 c.8v)( vol. 351 cc.114- 131v)

Morto messer Vittorio Petrucci nel 1542, i suoi eredi, secondo la volontà del defunto, fabbricarono, nella chiesa della Quercia , una cappella dedicata a S. Vincenzo in cui Vittorio fu sepolto. ( vol. 128 p.471)

Nel 1546 Paolo III volle onorare ancora la Vergine Santissima della Quercia ed istituì l’Ordine dei Cavalieri del Giglio, "… sotto la protezione della Madonna della Quercia con collana, e medaglia d’oro, in cui da una parte era l’effigie di quella, e dall’altra il giglio, stemma di Sua Santità…".( tor.p24)

Il 14 ottobre del 1547 morì in Viterbo messer Agostino Almadiani , uno dei soprastanti di quell’anno; nel suo testamento lasciò tutti i suoi libri al Convento di S. Maria della Quercia.

Due lavamano di peperino, opera di Camillo da Carrara, furono posti, nel 1548, davanti al refettorio (vol. 118 c.233 ) e lo stesso anno fra Paolino dipinse un quadro, "la Pietà", per la cappella che Pacifico Caprini, possidente di Montalto di Castro, aveva fatto costruire come ex voto per essere stato liberato da malattia mortale.( vol.113 c.8v)

"… l’anno 1545 adi 22 di dicembre Messer Pacifico da Montalto manifestò et dixe in presenza del p. priore frate Francesco Dini da Firenze et il sottopriore frate Genesio da Lucca et del p.Philippo Peraccini, da Pistoia sindico del convento, et daltri frati qualmento rovandosi il predecto Messer Pacifico Corso da Montalto capitano et bargello della piazza di Viterbo, si infermò di tal sorte, che persa ogni speranza del conseguire la pristina sanità si fe portare qua al convento. Et stando in una cammera in sul pontile facto spacciato da dui peritissimi medici, un giorno in sul mezo di stando il supra decto Messer Pacifico con una grandissima arsione et sete inenarrabile, essendo lassato solo dal infermario, et servidori in nel lecto in tanta debilita et magrezza, che il corpo tochava le reni, et non havria volsuto altro che bere, et nemo illi dabat de consilio medcorum, senti muovere le sechie della cistera, onde si deliberò di uscir del lecto, il meglio che posseva, et uscito della cammera gittarsi dal pontile giu nel chiostro dove era la cisterna, et tucto tracto dalla inestinguibil sete.

Et venuto alla porta della cammera nudo, si fermò et vedde dui che tiravano lacqua vestiti di camice bianche alla contadina et tratta una sechia una di essi comincia a bere, il che vedendo Messer Pacifico si raccomandò alla Madonna , et voltandosi a quelli che bevevano diceva" la Madonna te la facci buona, la Madonna te la facci sancta " più volte similia replicando. Mira res subito sentì nella gola sua come una canna di diaccio et tanta acqua beveva quello tanta sentiva entrare nel corpo suo.

Porgendo questo la sechia a quelaltro et epso bevendo tucta lacqua sentiva entrare nel suo corpo, il supra decto Messer Pacifico quantunche lontano dalla sechia, et così bevendo quelli due volte per uno tucta lacqua che chessi bevevano sensibilmente sentia intrare nel suo corpo adeo che li ingrosso grandemente, et li passò ogni sete di subito et tornandosi a lecto sadormentò.

Et dormì parechie hore et desto si sentì tucto riauto senza arsione di febre o sete ma rihauta la voglia del mangiare ne domandò dicendo non haver più sete ma fame et diceva haver hauta una sechia daqua, perche tucta selasentiva in corpo non altrimenti che se lui havesse hauta la bocha alla sechia quando li sopradecti beveano.

Et dixe epso credeva quelli dui homini risevessino acqua in corpo quantunche epsi la bevessino, ma che tucta per virtù divina epso bevessi, et non epsi.

Et dixe epso credeva non fusseno stati homini veri , ma dui Angeli. E doppo questo miracolo prese tal miglioramento che desperato della sanità fu fuori d’ogni pericolo, et obtenne la pristina sanità…" ( vol 115 c. 43)

Ad Ascona, sempre nella chiesa del collegio Papio, fu realizzata una nuova cappella dedicata alla Madonna della Quercia e sull’altare fu posto un quadro che alcuni studiosi dicono opera di fra Paolino.( Collegio papio p.16 )

Il santuario era ormai meta di migliaia e migliaia di pellegrini e perciò i frati, aumentati di numero per sopperire alle necessità della chiesa, decisero di realizzare il chiostro conventuale , che, pur progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, non era stato ancora costruito.(Disegni Uffizi Firenze vol. V n° 93 e n° 94)

I lavori iniziarono ma furono subito sospesi; lo scalpellino fiorentino Francesco di Zaccaria fu pagato per delle colonne e per le basi delle arcate, ma tutto rimase come prima. (Pinzi p.127)(vol.118 c. 29)

" …Giulio III,nell’anno primo del suo Ponteficato, che fu il 1550 di Giubileo universale, concesse a chi visitava questa chiesa li 14 di settembre del medesimo Anno Santo, tutte quelle Indulgenze, e grazie spirituali, che godevano quelli, che personalmente visitavano le quattro Basiliche di Roma; e ciò per la parzialissima divozione , che fin quando era cardinale[ cardinal Giovanni Maria De’ Ciocchi del Monte ] ebbe a questo Santuario.

L’anno poi 1553, vedendo afflitta la Cristianità per le guerre tra suoi prencipi, e particolarmente nell’Italia e Toscana, che brugiavano trà le discordie, e stragi continue senz’apparenza di rimedio, si portò a Viterbo con tutta la Corte per implorare l’ajuto da questa gloriosa Vergine col visitarla in persona, come fece spessissime volte in più mesi, che dimorò in essa città: et un giorno di Domenica vi tenne Cappella, celebrando solennemente la messa, con lasciar poi li paramenti; de’ quali fin’ ad oggi si vede un paliotto di tela d’oro per l’altare con la sua Arme…". ( Tor. p.25)

Il 26 novembre del 1551 la campana minore, rotta da tempo, fu rifusa, ma non riuscì bene ; allora i mastri Leonardo ed il figlio Lucalberto da Chianciano la colarono una seconda volta il 23 dicembre e finalmente "… venne bene …" ( vol.118 c. 31v e segg.)

La realizzazione di quest’opera innescò, se pure ce ne fosse stato bisogno, un altro scontro tra i frati e i Santesi come dimostra uno scritto ritrovato in archivio :

"… item l’anno [ 1551] li Soprastanti[ Giacomo Sacchi, Gerolamo Cobelluzzi] volsono fare la campana che era rotta da certi da Chianciano et li frati non li parendo fussino il caso non volevano. Ferno forza li Santesi con tumulti e grida con che per pace li frati consentirono con gravissime spese. Finalmente si gettò e non venne, come quelli che non haveano l’arte.

Li frati essendoli riuscito come pensavano non volevano che li facessi più ma li Soprastanti con tumulti e braveria comovendo tutta la Comunità, condiscesero li frati a lasciarla rifare e se un frate del convento non l’insegnava un punto manco riusciva la 2a volta.

Pur riuscì era si mal fatta quanto alla materia che nanzi l’anno si ruppe e fu di danno di più di 200 scudi…" ( foglio sciolto )

Vennero fatti miglioramenti alla bottega degli ex voto e il paese iniziò ad assumere quella fisionomia che attualmente conserva. Dopo aver gettato a terra alcune delle primitive 21 botteghe, si cominciarono a costruire le nuove secondo il piano elaborato da fra Atanasio .

Ad ogni artigiano o commerciante che chiedeva di vendere in Campo Graziano , veniva assegnata una posizione secondo un preciso ordine, quasi a formare un quadrato ; vi furono così le strade dei velettari, dei calzolari, dei vascellari, dei calderari, delle osterie .

Si fabbricarono negozi per gli speziali, gli orafi, i librai, gli spadari, i guantari e agli ebrei fu assegnata una fila di piccole botteghe disposte su un lato del grande quadrato verso il campo, dove venivano portati gli animali in tempo di fiera.

I frati, che erano ormai perfettamente organizzati ed autosufficienti, avevano costruito un bel giardino ed un orto, dove coltivavano numerose piante officinali necessarie per l’infermeria e la spezieria del convento; all’interno di essi fu realizzata una cappellina , costruita nel 1554 ed affrescata da m° Salvatore , della quale oggi non restano che alcune tracce .(vol.118 c.37)

Dal Convento furono acquistati alcuni appezzamenti di terra: uno, già proprietà di Paolo Santilli, posto accanto a Campo Graziano verso la strada di Bagnaia; l’altro, detto Campo del Furbo,sempre vicino a Campo Graziano, però dalla parte della strada di Viterbo, già proprietà dei frati di S. Matteo di Viterbo

Fu anche spianata tutta la piazza dalla quale partiva la strada per Bagnaia e con la terra venne riempita la parte scoscesa verso il prato(vol. 155 ad annum)

Nel 1555, da Roma, venne chiamato l’architetto Nanni di Baccio Bigio, appartenente all’azienda che i Sangallo avevano iniziato e che allora era diretta dal Vignola; ad esso venne affidato l’incarico di ridurre il grandioso progetto originale, per poter dare completamento al convento.(vol.118 c.36v)

I Viterbesi, che sentivano la Madonna della Quercia come la loro Madonna, per affermare tale proprietà e forse anche per contrastare i frati che cercavano di eliminare l’ingerenza dei Santesi viterbesi dall’amministrazione del santuario, verso gli anni 60, fecero pitturare una sala del palazzo comunale con affreschi che rappresentano l’inizio della devozione alla Vergine della Quercia, i primi miracoli, i primi pellegrinaggi, la grande processione del 20 settembre 1467, con una dovizia di particolari che solamente una documentazione storicamente esatta e tetimonianze di persone presenti agli avvenimenti raffigurati potevano dare. Infatti, in uno degli affreschi del ciclo si vede la quercia, con sopra la Sacra Tegola, ancora non coperta dalla cappellina di tavole, con ai piedi un tavolo, intorno al quale sono seduti un sacerdote e i quattro rappresentanti la Società della Madonna; dietro, sul cancello della vigna, accanto alla quercia, sono attaccati alcuni vestiti, ex voto e le pergamene, cioè i decreti e le disposizioni del vescovo Pietro Gennari, ricordate in un atto del 6 settembre 1467 redatto dal notaio Giovanni Faccenda (Ex voto p.3 ).

Durante questi anni furono fabbricate quasi tutte le botteghe che oggi costituiscono il centro storico della Quercia

L’osteria, chiamata LA DOGANA, posta dietro la bottega degli ex voto, fu affittata all’oste Maso di Paolo da Cortona; un’altra, posta dietro le case di fronte alla chiesa, lungo la strada per Viterbo, la prese in affitto Antonio Bartieri Borgognoni( vol.155 ad annum) (vol.115 c.53v)

La campana minore, ancora una volta rotta, venne rifusa nel 1558 dal bolognese m° Battista delle campane ; " …però sieno avvertiti i sagrestani minori non lassare andare a gniuno in campanile perché non si suonano a distesa ma con una fune legata al bataglio; è di qui credo che sia che così spesso si rompano perché non si percuote pari…" . ( vol 113 c.5v)

Nel 1560, dal priore fra Zenobio Pippi da Villa Basilica fu acquistato per duecentotrentotto ducati un pezzo di terra denominata Torre del Guercio, sita nel territorio viterbese, già proprietà di Santi e Andrea Senini da Fanano, ducato di Ferrara, abitanti a Capodimonte;( vol.128 p.843) medico del convento in quegli anni era Jacopo Sacchi .(vol.159 c.74) (vol.120 c.4)

Si accomodò il tempietto del Bregno che fu smontato completamente e poi rialzato di un palmo per permettere ai fedeli un migliore accesso all’interno di esso;(vol.113 c. 6v ) m° Silvestro da Bagnaia ne sistemò l’interno e con lo stesso legno della vecchia quertcia fece un ornamento a mo’ di rami d’albero con foglie e ghiande che circondava l’Immagine sacra .( vol. 159 c.97v)

Piersante ed il fratello Battista Tassuoli, da Visse, abitanti a Viterbo, nel 1565 fecero fabbricare la cappella dell’Assunta che, entrando nella chiesa, era la quarta a destra; Piersante poi "…del mese di maggio cominciò a fare dipingere quella tavola che al presente si vede et la dipinse un franzese qui in convento… dotò ancora detta cappella et per contratto donò some sedici di terra a seme et è quel campo che si dice il campo del sasso; obligò i frati a dirvi tre messe la settimana…".(vol 113 c. 10) ( vol. 115 c.72v)

M° Bernardo, muratore dal Lago Maggiore, lasciò tutta la sua eredità alla Madonna ( vol.155 c. 72v ) ed il convento entrò in possesso dei beni lasciategli da Domenico Petrucci " Scrittore e Protonotario" viterbese; tra i vari possedimenti figuravano: la tenuta di Valdigambara, quella di Francalancia, San Angelo in Mola, il podere delle Caselle, Campo dei Pozzi, Valle del Gigante, Acquasottile, campo del Perone, Campo di Monteiugo(vol.128 p293 e p.745)

Sotto il pontificato di Pio IV , la devozione era ancor più cresciuta e a venerare la Madonna della Quercia erano venuti, nel 1560, S. Carlo Borromeo, nipote del papa, con S. Filippo Neri, suo carissimo amico; in quell’occasione il cardinale milanese, ritornato a Roma, pregò il pontefice , che volesse intervenire a favore del convento della Quercia circa alcune liti pendenti con il comune di Viterbo. (tor. p.26) (tor. ms. c.4v)

Il papa lo ascoltò e tra il marzo e l’ottobre del 1560 inviò due brevi nei quali dichiarava esente da ogni tassa l’ospizio del Convento nei giorni di fiera , confermava il diritto di pascolo su alcuni possedimenti della chiesa della Quercia ; poi, rifacendosi al breve di Clemente VII , decise che i Santesi fossero in numero di due e la loro elezione avvenisse come già prescritto dal suo predecessore.(tor.p.26)

Padre Timoteo Ricci, fratello di Santa Caterina Ricci, priore del convento nel 1569, chiamò alla Quercia il pittore fiorentino Michele Tosini, discepolo del Ghirlandaio,( figlio domenicano mort.p.159 ) per affrescare le pareti libere del tempietto restaurato. Il Tosini, nella parete posteriore, dipinse il miracolo del cavaliere reso invisibile dalla Madonna , con ai lati S. Antonino e Santa Caterina da Siena; nei due affreschi laterali , S. Domenico e S. Pietro Martire, da una parte , S. Tommaso e S. Vincenzo Ferreri, dall’altra.

Ludovico de’ Parenti da Cortona fu incaricato, il 20 gennaio del 1570, di completarne la sistemazione relizzando gli stucchi posteriori e lo fece così bene che ancor oggi molti visitatori pensano che tali opere siano fatte di marmo e siano opera del Bregno.(vol. 113 c.7)( vol.120 c.4)( vol. 115 c.76)

Venne accomodata anche la cappella del Crocefisso , a destra di quella della Madonna, così chiamata per il grande crocefisso della fine del 1400 che troneggiava in essa; in questa occasione la grande scultura venne tolta e posta nel coro della notte ; al suo posto fu messo un quadro del Tosini raffigurante la Crocefissione .(vol. 113 c.8 ) La cappella fu voluta da Vincenzo Mori , fiorentino, che per la dote diede un campo chiamato " Campo del Furbo", forse perché lì vi era stato impiccato un ladro. (vol. 128 c.433)

Tra le varie spese registrate in quegli anni mi piace ricordare quelle sostenute per l’acquisto di:

" …vasi alberelli per la nostra spetiaria n° 55 l’un per l’altro a baiocchi 6 ,scudi tre et baiocchi trenta pagati a Tullio e Giovanni di Pierdomenico di Petricone vascellari in Viterbo ; fiaschi cinque b. venti; pentole tre, b. quattro; rose per stillare libre 50, b. quaranta; diversi semi et radiche b. quarantadui; zuccharo fino libre nove a b. 20 per libra , scudo uno baiocchi ottanta; zuccharo in rottami et polvere libre quindeci a b. 17, scudi dui b. cinquantacinque; reubarbaro once 4 dramme 5, scudi uno ; aloe libre una b. venticinque… " (vol.159 c.129)

 

 

 

Capitolo VI

S. PIO V E LA BATTAGLIA DI LEPANTO

Quando il cardinal Antonio Ghisleri fu eletto papa con il nome di Pio V, alla Quercia fu fatta una gran festa , perché il nuovo pontefice era molto devoto della Madonna della Quercia (vol.293 c.85)

"… Il glorioso S. Pio V , conoscendo quanto Dio, e la sua gran Madre Maria si compiacessero in questa Immagine, ne fu sempre devotissimo; et essendo Cardinale visitolla più volte con lasciarvi anche l’indulgenze.

Creato poi Papa, in tutti i bisogni di S. Chiesa ricorreva al di lei patrocinio, ordinando spesso alli religiosi orazioni particolari avanti la medesima…

…Mostrò anche il Santo Pontefice la particolare divozione a questo luogo nel concedergli molte grazie e privilegi. Tra questi l’anno 1568 per breve dato a Roma li 23 gennaro concesse a religiosi la libera amministrazione delle limosine et altri beni con la SUPPRESSIONE DEI SANTESI ".( tor.p.26 )

In particolare, volle che i frati del convento della Quercia, giorno e notte, pregassero davanti all’altare della Vergine quando, nel 1571, minacciando i Turchi l’Occidente, riuscì a mettere insieme una flotta da inviare contro di loro per fermarne l’avanzata in Europa e limitarne la supremazia nel mar Mediterraneo.

La flotta cristiana, composta da ottantuno galere di Filippo II, re di Spagna, centocinque galere e sei galeazze di Venezia, dodici galere del Papa, tre galere dei Cavalieri di Malta, tre galere della Repubblica di Genova, quattro galere del Granduca di Toscana e due galere dei Duchi di Savoia, al comando di Giovanni D’Austria, fratello di Filippo II, partì da Messina il 16 settembre .

Tra i partecipanti nomi illustri della cristianità: Marc’Antonio Colonna, comandante la flotta pontificia, Sebastiano Venier, a capo di quella veneziana,l’ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo, Francesco della Rovere, figlio del Duca di Urbino, Alessandro Farnese, figlio del Duca di Parma, fra Ridolfo Cavaliere di Malta , venuto a pregare la Vergine della Quercia il 5 di maggio di quell’anno,( vol. 160 c.14), alcuni della casa dei Gonzaga, altri dei Doria, degli Orsini ; tra loro anche uno dei più popolari scrittori spagnoli: Miguel de Cervantes

L’armata cristiana giunse a Lepanto la mattina del 7 ottobre, domenica; lì trovò ad aspettarla quella Turca , composta da duecentoquaranta vascelli.

Don Giovanni, fatto inalberare lo stendardo che gli aveva donato S. Pio V , si preparò alla battaglia e tutti i suoi soldati gridarono a gran voce il nome di Gesù e quello di Maria.

Alì Pascià, comandante la flotta turca, sparò il primo colpo di cannone ; Don Giovanni rispose con un altro colpo . La battaglia iniziò violentissima e tutto il golfo di Lepanto fu coperto da una densa nube di fumo solcata dai lampi delle artiglierie. Ad un tratto, il vento che prima spirava contro le navi cristiane cessò e poi cambiò direzione portando la polvere ed il fumo tra le navi turche che non scorgendo bene il nemico iniziarono a danneggiarsi a vicenda. Il combattimento durò più di quattro ore e fu talmente cruento che il mare era pieno di morti e relitti galleggianti.

Alla fine del giorno la grande battaglia si concluse con una pesante sconfitta per la flotta Turca: 80 navi affondate,140 galere e 13 galeotte catturate, 10.000 prigionieri, circa 30.000 morti tra cui quasi tutti i comandanti, compreso Alì Pascià.

La flotta cristiana perse 12 galere e morirono circa 7600 dei suoi uomini, fra cui anche il veneziano Agostino Barbarigo; Miguel de’ Cervantes , nel combattimento, perse la mano sinistra, ma più di 10.000 cristiani, prigionieri dei turchi, furono liberati.

Intanto, il pomeriggio di quella domenica, verso le cinque, san Pio V stava ricevendo alcuni prelati ; all’improvviso impose a tutti il silenzio, corse verso una finestra, la spalancò,si gettò in ginocchio e rimase alcuni minuti in profonda contemplazione.

Ad un tratto si alzò di scatto e quasi correndo lungo i corridoi del Quirinale, gridò : " Andiamo in chiesa a rendere grazie a Dio, la nostra armata ha trionfato " . La Vergine Santissima gli era apparsa e gli aveva mostrato la grande vittoria .

La voce si parse subito tra i romani e molte chiese suonarono le campane a distesa.

Ma la reputazione del santo papa fu messa a dura prova perché il messaggero, che non aveva potuto approdare ad Otranto per una grande tempesta, fu costretto a dirigersi verso Venezia; ma quando il messaggio della vittoria fu portato a Roma, verso la fine di ottobre, la fama di santità di Pio V si accrebbe ancora di più. ( G. Chantrel p.167-Le repub. Marin.p.109-roseto ..ravicini p.302)

Riconoscente per la grazia ricevuta dalla Madonna, che spesso invocava sotto il titolo di Madonna della Quercia, volle inviarLe un suo ex voto (ex voto p. 219 )

Inviò, inoltre , tramite Giovanni d’Austria , due bandiere turche che il comandante la flotta Cristiana lasciò ai piedi della Vergine Santissima della Quercia, dentro la cassettina di legno dove era solito porre il suo vessillo di comandante.

Era intenzionato a venire personalmente a ringraziarLa nel settembre del 1572 ma la morte glielo impedì.(lettera di Onorato Caetani )

Nel 1571 era stato dato alle stampe un libro intitolato " Origine della Madonna della Quercia di Viterbo" scritto dal viterbese fra Atanasio Nelli, in cui vennero narrati, per la prima volta, l’inizio della devozione e i miracoli più eclatanti accaduti per l’intercessione dell’Immagine dipinta sulla tegola .

Durante l’Anno Santo 1575 numerosi pellegrini che si recavano a Roma si fermarono a visitare la Sacra Icona ; ancora una volta venne ad onorare la Madonna della Quercia S. Carlo Borromeo che lasciò una cospicua offerta per i poveri .(vol.160 c.16v )

L’anno prima aveva visitato la chiesa il cardinal Alessandrino, che fu ospite del convento dei domenicani (vol.163 c.94)

Morì fra Niccolò da Firenze, aromatario,farmacista del convento ed allora la spezieria fu affittata a Baldassarre di Mattia Puccita.(vol 163 c.94)

Un’altra cappella venne ad arricchire la chiesa:

"…La capella che è in testa et mette in mezzo quella della madonna è la capella chiamata di Sancto Domenico , la quale l’anno 1574 al tempo del priorato del Rev.do padre fra Stefano da Visse lo spettabile Messer Domenico Poggi, cittadino viterbese, la ornò di stucchi et figure a sue spese, et dette a Messer Giovanni Malanca Romano a stuccharla. Le figure della tavola che vi è una resurrectione di Nostro Signore con uno Sancto Domenico et Santo Thomaso d’Aquino et altre figure le dipinse Livio da Forlì…" ( vol. 113 c.10)

In quel tempo , era vescovo di Viterbo il cardinale Giovanni Francesco Gambara, il quale era solito dire che qualunque cosa avesse chiesto alla Vergine Santissima della Quercia Ella l’aveva concessa.

Per le tante grazie ricevute, il cardinale fece sistemare la Cappella della Madonna, ordinando a Giovanni de Vecchi del Borgo S. Sepolcro che ne affrescasse le mura laterali, quasi sicuramente le antiche pareti della chiesetta primitiva, poi abbellite con stucchi da Giovanni Malanca.(vol.113 c.7 )

Sfortunatamente, durante i restauri effettuati per il IV centenario, queste pareti furono abbattute e con esse sono state distrutte le opere realizzate in quel periodo.

La Quercia, verso la fine del 1500, era divenuta uno dei centri più importanti d’Italia sia per la devozione Mariana come per la cultura, provenendo dal suo convento numerosi padri domenicani famosi sia per ingegno che per santità.

Notevole ,inoltre, era lo sforzo dei frati della Quercia per migliorare il livello culturale del popolo; tra le tante iniziative vi fu l’allestimento di commedie , durante il carnevale, commedie che, forse, trovarono nella scalinata e nella facciata della chiesa uno scenario notevole.( vol.293 cc.119 e 133)(vol.171 cc.74-74v )

Gregorio XIII era solito dire che la sua elezione al papato, avvenuta nel 1572, fosse dovuta alla miracolosa intercessione della Madonna della Quercia e in numerose occasioni Le dimostrò la sua riconoscenza.

Il 3 ottobre del 1575, inviò un breve nel quale scomunicava tutti coloro che indebitamente possedevano i beni della Madonna, in particolare coloro che possedevano i beni che Domenico Petrucci aveva lasciato alla chiesa della Quercia; il primo dicembre del 1576 spedì un breve con il quale rendeva privilegiato l’altare della Vergine in modo che qualunque sacerdote avesse celebrato la s. messa avrebbe potuto lucrare indulgenza plenaria per un’anima del purgatorio, così come aveva privilegiato l’altare di San Gregorio in Roma ( la quercia dei papi p. 27-28)( pergamena n° ………) .

"… Si ritrovava la Nobilissima città di Viterbo in una delle maggiori calamità, che forse mai avesse provato. Erano non meno le sue abitazioni, che le campagne ripiene di schifose, e perniciose locuste, che entrando in ogni luogo, o pur generandosi da per tutto, infettavano non meno l’acque, e comestibili, di quello infestassero i suoi abitatori; e dopo aver tolte la metà delle raccolte nell’anno 1576 si fattamente eransi rigenerate e moltiplicate nel mese d’Aprile dell’anno seguente 1577 che avendo ricoperto il terreno, consumavano in tal guisa i seminati, radevano l’erba de prati, e campi, spogliavano gl’alberi de i germogli, frondi, e frutti che pareva da per tutto fosse il fuoco, perivano i bestiami per mancanza de pascoli, e costernati si rimiravano i poveri Cittadini dal terrore, e spavento, non tanto nel rimirare quei sozzi animaletti congiurati al di loro sterminio,che sollevandosi tal volta a foltissime schiere in guisa di dense nubi adombravano il sole, e oscuravano l’aria, quanto nel riconoscere esser ciò un gran flagello dell’Onnipotente adirato.

Ricorsero perciò alla Divina misercordia ,si raccomandarono all’intercessione de Santi con processioni et altre opere di pietà; e non lasciando i mezzi umani, mandarono fuori centinara di persone con stipendio del Publico, e della Rev. Cam. Quali con fuoco, acqua bollente, rami d’alberi et altre invenzioni, ne disfecero migliara di rubii; ma quelle a somiglianza delle piaghe d’Egitto sempre più moltiplicavansi e sempre più crescevano i danni.

Onde non ritrovandosi altro rimedio, radunato il general Consiglio fecero con Voto solenne divotamente ricorso alla loro singolar Padrona Maria Santissima che elettasi per Trono maestoso la Quercia e spargendo da per tutto i rami delle sue grazie, aveva non meno felicitata la loro Patria, che preservatala nell’occasioni dalle tempeste, pestilenze, diffensioni, et altre comuni miserie.

Non tardò la Sovrana Regina ad ascoltare benignamente la sua diletta Città e divoto popolo di Viterbo: poiché appena fatto il Voto, che placato lo sdegno del suo Figlio, fece insorgere un vento tanto gagliardo, et insolito che soffiando per una notte et un giorno, in tal maniera dissipò e fece sparire le locuste o grilli che rimase la terra e l’aria non solo spazzata e netta da esse ma bensì anche purgata dall’infezione che ne potesse restare; e quello fu anche mirabile che la raccolta de grani, biade et altri frutti della terra, non fu meno copiosa degl’altri anni… "( tor. p. 272 )

I Viterbesi, in ringraziamento, fecero due grandi processioni ; nella prima, del 29 marzo 1578, portarono in dono alla Madonna una bellissima lampada d’argento con una corona anch’essa d’argento e due angioletti ; nella seconda, del 13 maggio del 1581, non soddisfatti del dono già portato, fecero, come ex voto, una tavola d’argento in cui, da Francesco Monaldo, fu scolpita Viterbo e alla sua base fu posta questa iscrizione : " Almae Virgini ad Quercum ex locustarum nimia clade Voto Suscepto, Argenteam Urbis, et agri ixagrafiam Populus Viterbiensis Sl. Ann. 1581 D.D.D. ".(I grilli p.16-17)(borzacchi p.109 )

Tale avvenimento fu poi affrescato tra il 1582 e il 1586 nella sala della Madonna del Palazzo Comunale; in tale pittura si vede rappresentata la situazione della chiesa della Quercia in quel periodo, con il campanile più alto di un piano rispetto a quello attuale, come l’idea dell’architetto che progettò il complesso architettonico avrebbe voluto che fosse.

Il giorno otto di aprile del 1577,secondo giorno di Pasqua, giorno in cui, come consuetudine, tutte le confraternite di Viterbo venivano a ringraziare la Madonna della Quercia , memori del lontano 1467, il cardinal Giovanni Francesco Gambara consacrò solennemente la chiesa dedicandola alla Natività della Madonna ed inserì nella pietra sacra dell’altare le reliquie di S. Andrea , apostolo, e dei martiri Lorenzo, Ignazio e Biagio;

"… et prima che consecrassi la chiesa fece uno bellissimo sermone al populo viterbese il quale convenne a tal consecrazione e con tanto spirito et enfasi parlò che veramente si vedeva che lo Spirito lo faceva parlare …

…Havendo fornito il sermone cominciò con grandissima allegrezza e devotione a consecrare la chiesa accompagnato sempre dal Rev.mo Vescovo della città et dal Rev.mo Vicelegato, dal clero et da tutti i padri del convento et di santa Maria in Gradi, il populo stava tutto fuori della chiesa per che il Vicelegato fece venire la militia di Viterbo e sempre stettero alla guardia et non lassorno entrare persona ne fare tumulto.

Et Consecrato la chiesa et l’altare della Madonna, in nanzi al altare si messe un paliotto ricchissimo di teletta doro a ricci donato da sua illustrissima signoria et alla finestra della gloriosa Vergine si messe uno mantellino del medesimo lavoro, dono del medesimo. Sotto le figure nelle parete a destra e sinistra si appiccorno cortine di teletta d’argento et di velluto turchino con frange, come si vedono, che ancora quelle donò il medesimo illustrissimo signore, in faccia della cappella si appiccorrno sei lampane di argento donate dal medesimo et hora fa la settima di maggior grandezza che le altre.

Ornato così riccamente la cappella cominciò la messa con grandissima devotione. La quale fornita publicò la indulgenza che sua illustrissima et reverendissima signoria concesse insiemi con quella di Nostro Signore…" ( vol.113 c.19v )

L’indulgenza concessa da Gregorio XIII era plenaria e poteva essere lucrata da chi negli anni a venire avrebbe visitato la chiesa l’otto aprile , giorno della consacrazione;

L’anno poi 1578, il 15 di settembre, il papa venne personalmente a ringraziare la Madonna della Quercia alla quale aveva attribuito la sua guarigione da una malattia mortale e celebrò la santa messa all’altare della Vergine; "…e dopo il vespro dello stesso giorno vi ritornò et entrato solo col p. priore nella cappellina vi fece lunga orazione. Il giorno susseguente un’ora avanti giorno prima d’andar a Capo di Monte, e alla Sforzesca, vi venne di nuovo, e volle sentir la messa d’un religioso del convento; e ritornando da detti luoghi il dì 21 dello stesso mese volle di nuovo visitare questa S. Imagine prima d’entrare in Viterbo; e il giorno seguente fece il medesimo , sentendovi la messa parimenti d’un religioso prima di prendere il viaggio per Caprarola e Roma. In questa occasione lasciò un’intiero paramento di broccato bianco per l’altare maggiore e della Madonna, e per tutti li ministri, del valore di 500 scudi, e ordinò si facesse la sua statua (besso p.221 ), che lo rappresenta al vivo inginocchiato avanti la Santissima Vergine.

Avendo poi ricevuto altre grazie, fece fare un altro paramento simile di broccatone rosso della valuta di mille scudi…(vol.113 c.25 )

Lasciò parimenti Indulgenza plenaria perpetua a chi confessato e communicato visitarà questa chiesa in uno delli otto giorni , dalla domenica della Natività della Madonna , fino a tutta la domenica seguente…" ( tor. p.31)( vol.115 c.91v)(vol.113 c.22 e seg.))

Nel 1578, dal piemontese Battista Giorda furono rifuse le due campane ; la minore, circa 28 quintali, fu chiamata Agata , la maggiore,45 quintali, fu chiamata Maria .(vol.115 c.91 )

Fu costruito, sopra la sacrestia, un piccolo campanile a vela che doveva servire per alloggiare le campane utilizzate dai frati per le varie funzioni interne( vol.293 c.142)

Pompeo e Michele Alberti due fratelli romani, uno stuccatore , l’altro pittore presero a cottimo, l’anno 1580, l’altarolo dell’altare maggiore del coro, dove era stata collocata la tavola di fra Bartolomeo ed il tondo di fra Paolino. Morto Pompeo, Michele chiamò a collaborare con lui lo stuccatore Guglielmo Falcinelli(libro dott.sa messina )

Fra i numerosi pellegrini che vennero a rendere omaggio alla Madonna della Quercia vi fu anche il francese Michel de Montaigne che nel novembre del 1580, entrato a visitare la chiesa ne rimase tanto impressionato che poi in un libro che descrive il suo viaggio in Italia scrisse: " … il sabbato , festa di San Michele dopo desinare andai alla Madonna del Cerquo discosta dalla città [ di Viterbo] d’un miglio si va per una grande strada molto bella, pari e dritta, guarnita d’alberi d’un termine e dall’altro, fatta studiosamente da papa Farnese. La chiesa è bella, piena di gran religione e di voti infiniti…" ( tuscia anno VII n°21 p.12 )

Fu acquistato, da Vincenzo Patrizi Cochi, il podere chiamato Il Morello, dal nome del mezzadro che lo teneva al momento della compera, che comprendeva gli appezzamenti chiamati le Felcete e le Pantane.( vol.128 p.389)

Nel 1582 fu completamente restaurato l’ormai fatiscente condotto dell’acqua, che partiva dalle sorgenti di Respoglio e arrivava alla fontana della piazza, anche per poter meglio usufruire dell’acqua corrente all’interno del convento; il lavoro fu fatto da m° Fernando di Giovanni, da Pietrantonio di Santonino, da Pietro di Caglio e da Battista di Bernacchia, muratori di Bagnaia (vol. 115 c.95v–102 vol.128 c.475 ).

Sentendo sempre più impellente la necessità di costruire nuove stanze nel convento sia per l’accoglienza dei frati, come per la raccolta delle riserve alimentare e dei raccolti che derivavano dalle numerose terre , ricevute in donazione dai tanti devoti della Madonna, i Priori del tempo cercarono di realizzare nuovamente l’ampliamento del convento, tentato verso la metà del 1500, ma mai portato a termine, vuoi per i contrasti con i Santesi, vuoi per il costo elevato.

Per questo scopo m° Ludovico da Cortona fu invitato, nel dicembre del 1583, a ridisegnare la pianta del convento; ma ancora una volta non si prese nessuna decisione pratica per la sua realizzazione.( vol.160 c.210)

" … Sisto V in tutte l’occorrenze si mostrò favorevole a questo santo luogo, et in particolare confermò e corroborò il privilegio del pascolo d’alcuni poderi già concesso da Leone X con facoltà alli priori di questo Convento di deputare Guardiani, che possino portar l’armi non proibite, e pignorare, e carcerare li dannificanti, come per su breve dato in Roma li 14 del mese d’agosto dell’anno 1585…"( tor p.34)

La sua benevolenza verso l’Immagine della Madonna della Quercia la dimostrò anche visitando a Roma la chiesa a Lei dedicata, assegnata ai Macellari Romani, confermando il privilegio da loro posseduto di poter liberare un prigioniero condannato a morte una volta l’anno, privilegio che aveva potuto godere Benvenuto Cellini nel 1535(L’università dei Macellari p.15-28 )

Nel 1586 dall’aretino Leonardo Spadari[Spadenzi] fu fatta ornare con stucchi una cappella, costruita con l’offerta di una persona che non volle essere nominata, sicuramente lo stesso Leonardo( nota -ai piedi del quadro stemma Spadenzi) ; sopra l’altare fu posto un quadro raffigurante l’Annunciazione, si crede opera del fiammingo Giovan Francesco Castelli( nota i particolari), oggi presso il convento dei Domenicani di S. Sabina , in Roma.( vol.115 c.102)

Morto il cardinal Gambara nel 1587 si diede esecuzione al suo testamento nel quale aveva scritto che voleva essere sepolto ai piedi della Madonna della Quercia:

"….Il luogo della sepoltura mia eleggo nella cappella della gloriosa Vergine della Quercia innanzi all’altare della Madonna quale ho avuto grazia da Dio insieme colla chiesa di consecrare; e voglio che senza solennità o pompa e di notte si levi il mio corpo et si metta in santa Maria del Popolo, o altra chiesa che più parrà alli mia Signori Executori, perché si porti poi alla detta chiesa in quel modo che parerà a loro che più convengha…"( vol 293 c.189t ).

Il 22 maggio di quell’anno fu portato nella chiesa della Madonna della Quercia; fu sepolto davanti alla Vergine, secondo il suo volere, e "… si celebrò la mattina centodieci messe per l’anima sua da diversi religiosi..." ( vol. 293 c188 ).

Tra il 1588 e il 1589 furono costruite altre due cappelle , una dedicata alla Natività , concessa a Giovanni Sciamanna da Terni, l’altra alla discesa dello Spirito Santo, concessa ai fratelli Paolino e Carlo di Gioacchino da Città di Castello; ambedue i quadri degli altari furono pitturati dal fiammingo Giovanni Francesco Castelli, che in quel periodo operava a Roma .( vol.115 c.104v- 105v-106)(vol.163 c.239v (vol.118 c. 40-42v )

Il priore dell’epoca, ancora una volta, tentò di completare il chiostro conventuale; due architetti, Traiano Schiratti, uomo di fiducia del cardinale Altemps, e il cappuccino fra Girolamo d’Orvieto, furono incaricati di elaborarne il progetto non trascurando il modello antico.(vol. 120 c.15v )( vol.118 c.104)(vol.164 c.76v)

Finalmente , nel 1592 , sistemata la parte già costruita adiacente al chiostro della cisterna, si cominciò a costruire l’ala vicino al refettorio.( vol.120 c.15bv)( vol.115 c.110 e segg. )

"…Clemente VIII fu parzialissimo verso questa miracolosa Imagine…

Volle … che l’indulgenza plenaria concessa da Gregorio XIII nella domenica dopo la Natività della

Madonna, fino a tutta la domenica seguente sia trasferita per più commodo di quelli, che vengono alla Fiera, alla terza Domenica di Settembre, e duri per tutta la settimana fino alla quarta Domenica, come per suo breve delli 24 aprile 1593.

Questo santo e dotto pontefice, informato a pieno delli privilegi e ragioni di questa Chiesa, e convento già difesi e sostenuti in più occasioni dagl’avvocati Silvestro Aldobrandini, suo padre, e Giovanni poi cardinale fratello, nel principio del suo pontificato spedì un’amplissima bolla alli 3 di giugno dell’anno 1593, con la quale , a perpetua memoria, di moto proprio, e certa scienza , conferma dichiara e amplia tutti li privilegi, indulti, concessioni, facoltà, esenzioni, libertà, prerogative, grazie e indulgenze concesse dalli suoi predecessori: e quanto alla fiera di Settembre vuole che si cominci alli 12 di detto mese, e finisca alli 4 d’ottobre inclusive. Siccome conferma la determinazione di Gregorio XIII che la fiera di maggio debba principiarsi quatro giorni, cioè il mercordì avanti la Domenica della Pentecoste, e durare per dodici giorni dopo, non compresi li giorni festivi della Pentecoste medesima, delle due domeniche seguenti, del Corpus Domini, et altre feste, che possono occorrere; di modo che ordinariamente dura fino all’ottava del Corpus Domini; e se occorresse in detto tempo la festa di S. Giovanni Battista, e de’ SS. Apostoli Pietro e Paolo, deve durare per tutta detta ottava, e anche il venerdì seguente…" ( tor. p.35)

Un fatto di sangue, avvenuto all’interno della chiesa , impose la nuova consacrazione del tempio , fatta dal vescovo di Montefiascone Girolamo Bentivogli nel 1594.(vol. 113 c.31) (vol.165 c.59v )

Il 25 aprile del 1597 il Papa venne a visitare la Madonna della Quercia;

"… Nostro Signore, lasciato di costa, in su la man destra, la via di Bagnaia, presa la sinistra, che alla Madonna della Quercia conduce, ove, smontato, a suon di trombe et campane, con grandissima divotione et lagrime disse la santissima messa….

…la vegnente mattina ciascuno verso le dodici hore, essendo levato Nostro Signore, per via ampia et piana per lunghezza di un miglio se ne andò a piedi alla Madonna della Quercia, ove con la solita humiltà, devotione et lagrime celebrò la santissima messa…

…verso poi le venti due hore… montato a cavallo se ne ritornò alla Santissima Madonna della Quercia, ove stette per un’hora ingenocchione avanti al santissimo Sagramento orando et dapoi genuflesso altresì per altr’hora avanti la santissima imagine della Madonna di quel luogo…

…La domenica, che fu la mattina vegnente,… in passando Nostro Signore di nuovo smontò et orò alla Santissima Madonna della Quercia…"(orbaan-p.24-27-sta con signorelli) ( vol.115 c.33)

In questa occasione lasciò i suoi paramenti sacerdotali, il paliotto e la mantellina sulla quale erano ricamate le sue armi; il 23 maggio successivo inviò un breve in cui concedeva indulgenza plenaria per tutti i giorni delle due fiere di maggio e di settembre ed in tutte le feste del mese di agosto.

Nel 1595 era arrivato nel Convento della Quercia, in cui si praticava la regolare osservanza, per compiere gli studi teologici, fra Angelo Orsucci, nato a Lucca il giorno otto maggio 1573.(vol.120 c.20v)

" …E fu somma gioia pel nostro fra Angelo il poter celebrare nell’anno 1597 la sua prima messa dinanzi a quell’Immagine prodigiosa…" (l.ferretti….Vita…p.36)

Fra Angelo, poi, fu missionario nei paesi dell’Est e morì martire in Giappone il 10 settembre del 1622 ; venne proclamato beato da Pio IX il 7 luglio del 1867. ( libro su fra Angelo Orsucci)

Nel dicembre del 1597 scoppiò una lite tra i frati della Quercia e la Comunità di Bagnaia che pretendeva avere dei diritti su di un pezzo di terra situato sotto il primo ponte della strada per Bagnaia , " …dicendo haver fatto loro il ponte; il suolo et fondo è del convento el quale convento dette per fabricare detto ponte some 54 di calcina a petitione del cardinale Gambara…" ( vol.166 c.4)

Durante gli anni 1598 e 1599 fu completato il chiostro conventuale e tutto il complesso monumentale assunse quella fisionomia che ancora, per la maggior, parte conserva.(vol.115 c.113-122)

Il primo febbraio 1599, fu ospitato in convento il Cardinale d’Ascoli ; per l’ospitalità furono fatte le seguenti spese:

"… A dua carrozzieri per levare il Cardinale dalla Quercia a Gradi, di mancia paoli quattro…b.45

A otto caraffe da vino e da acqua comprò il p. fra Venanzio baiocchi diciassette…b.17

Ad una scatola di confetti baiocchi quarantasei e mezzo…b.46,5

A un cavallo per andare incontro al cardinale d’Ascoli paoli quattro… b. 45

A Montefiaschoni la sera per vitto baiocchi ottanta di paoli giuli nove e mezzo… b. 95

In spese fatte nella venuta del p. Generale e nel condurlo a Roma ; a quattro libre di

mele baiocchi vantitre… b. 23

A dua libre di cera di candele da tavola baiocchi settantauno…b .71

A libre tredici e mezzo di castrato e libre dieci di lonza baiocchi ottantasei…b.86

A quattro par di piccioni grossi baiocchi ottantadue…b .82

A mancia a dua carrozzieri per levare il p. Rev.mo dalla Quercia a Gradi baiocchi

Quarantacinque…b.45

A bullette nastro e tela braccia sette e bullette pichole da calzolai paoli diociotto… sc.

2.36

A sei orinali baiocchi trenta…b .30

A tre libre di salsiccia baiocchi diciotto…b .18

A una libra di passerina di Corinto baiocchi diciotto…b .18

A una libra di cera bianca e due di sego baiocchi cinquantadue…b .52

A libre 25 di anguilla scudi uno e baiocchi cinquanta … sc 1.50

A libre sette di tarantello baiocchi novantotto…b .98

In alice baiocchi dieci…b .10

A libre sette di pescie di fiume baiocchi quarantanove…b .49

…(vol.167 c. 110v)

 

 

 

 

Capitolo VII

Il Secolo XVII

Ogni priore del convento e tutti i fedeli desideravano che il complesso monumentale, chiesa e convento, della Madonna della Quercia fosse sempre più bello e ricco d’opere d’arte.

Per questo motivo, il pittore Cesare Nebbia nel 1601 affrescò nelle vele della navata centrale i dodici apostoli( vol.113 c.36v ); poi dipinse anche una lunetta, forse quella del chiostro della cisterna che rappresenta il miracolo ricevuto da Giacomo Romano, abitante ad Orvieto, città natale del pittore, il quale Giacomo , caduto dalla rupe della sua città, rimase incolume per grazia della Madonna.(vol 166 c.63 )

I frati, in un consiglio del 30 maggio 1602, discussero se " …si doveva dipingere il primo chiostro del convento, cioè quello della sagrestia, con i miracoli della Madonna., essendo ,che in chiesa vadino tuttavia cadendo i voti e si perda a poco a poco la memoria di quei miracoli…" (vol 120c.37) .( vol.166 c.133v-144-144v) (vol.167 c.192) (vol.168 c. 2)

Fu presa la decisione di continuare ad abbellire il chiostro facendone affrescare le lunette; per tale lavoro, nel 1603, fu chiamato, in un primo momento, il romano Pompeo Carosi, fratello di fra Serafino allora vicepriore, che realizzò tre affreschi.(vol.113 c.38 )

Poi, nel 1604, fu la volta del pittore Camillo Donati, originario di Bagnaia, che ne pitturò altre fino ad arrivare alla porta che dal chiostro della cisterna conduceva a quello conventuale; le spese furono talvolta a carico del convento, che sotto ogni lunetta vi fece apporre il suo stemma, talvolta a carico di alcuni devoti, che vollero ricordarlo col fare apporre alla base dell’affresco la propria arme .( vol. 170 c.51v )( vol.169 c. 72v) (vol.295 c.9) (vol. 295 c. 12- c.42v)(vol.115 c.128)

In quegli anni, Paolino da Città di Castello dotò la sua cappella della Spirito Santo con 100 scudi, in tante pecore.

I soldi furono usati dai frati per comperare da Anselmo Lanzi da Vitorchiano un pezzo di terra in località Piano dell’Orfanelli ( vol. 120 c. 40v)

Fu anche acquistata la grande tenuta della Cipollara , appartenuta in precedenza a Napoleone Napoleoni .

Tra le notizie curiose o interessanti ricavate dall’archivio che riguardano questo periodo spicca la notizia di una operazione di cataratta " cavata" dall’occhio di fra Francesco da Spoleto (vol. 170 c.50v) ; un’altra è quella del trasporto del lino e della canapa, prodotte nei terreni del convento, nelle vasche da macero del Bulicame(vol.295 c.6)

Per migliorare l’accesso al convento ne fu modificata l’entrata sulla sommità della quale ancora oggi si intravedono alcune tracce di un affresco, forse rappresentante S. Domenico e sull’architrave una iscrizione : CAELI PORTA MARIA FONS SIGNATUS .

"… La venerabile Serva di Dio Francesca Vacchini Viterbese fino da bambina cominciò a frequentar questa Chiesa, ricevendo dalla Beatissima Vergine grazie infinite, come si legge nella sua vita.

Nella prima Domenica di Maggio dell’anno 1604, desiderando esservi per la festa di Santa Caterina da Siena sua speciale avvocata, e per la Processione del Santissimo Rosario, nè essendoli permesso dalla Madre, ricorse con calde lagrime alla gran Madre di Pietà, che esaudì il suo desiderio; mentre il suo Angelo familiare la trasportò immantinente in queslo Santuario, con farli vedere anche scoperta la miracolosa Imagine. Sino dalla più tenera età propose di vestir l’Abito del terz’Ordine di S. Domenico; ma per più mezzi , che vi adoprasse, mai lo potè conseguire per le opposizioni de parenti, et altri. Onde si rivolse a pregare la Santissima Vergine, e andata alla Quercia il giorno dell’Assunta,…ottenne dal Sagrestano d'entrare nella Cappelletta, ove si conserva la miracolosa Imagine; e mentre con tutto fervore la supplicava, si vidde appresso il suo Angelo, e la sua Maestra S. Caterina da Siena, quali consolandola , l'assicurorno da parte della Madonna, che avria vestito l’Abito di S. Domenico.

Tornata a casa si provvidde subito di Saja bianca , e teneva il tutto ammannito; ma per gl'impedimenti che pur vi trovava e per le jattanze, che li faceva il Demonio , che mai l'avria conseguito, stando un giorno tutta dolente, l'Angelo la consolò con assicurarla, che la visione, e promessa avuta dentro la Cappella della Madonna era verissima , e che per grazia della medesima il tutto si saria adempito.

Onde nel giorno della Natività di Maria, a qual mistero è dedicato l'Altare della miracolosa Imagine , apparendogli questa con gran maestà accompagnata da Santa Caterina da Siena , comandò all' Angelo , che benedicesse l'Abito, e ne vestisse la sua Serva Francesca , conforme fece con le consuete cerimonie. Così vestita senza pensare ad altro comparve in publico, e la Madre, et altri suoi parenti , che per il passato gli erano stati tanto contrarii, li dettero liberamente la licenza .

Andando una volta alla detta Chiesa per confessarsi da Padre Francesco Cocchi e desiderando trovarlo pronto per l'ordine della Madre di tornar presto , ne pregò la Santissima Vergine. Appena entrata in Chiesa vidde il Confessore uscir dal Coro , ove si cantava la Messa.

Confessatasi, li domandò, perche fosse uscito di Coro contro il suo solito ? Li rispose il Padre che senza avere alcun male, li era venuto un certo affanno, con forzarlo ad uscire, quale subito che fu chiamato da lei, li era passato; e che credeva fosse ciò accaduto per opra soprannaturale, acciò ella si sbrigasse più presto.." (tor.1725 p.68)

In questo periodo la chiesa ed il convento di S. Maria della Quercia videro la presenza di numerose personalità sia politiche che religiose: i cardinali Montalto, Aldobrandini, d’Ascoli, Sfrondato, Peretti, Bandini,Acquaviva, Pallotto, Camerino, Tristan, Bianchetto,Pallavicini, di San Marcello, monsignor Vescovo di Treviso, monsignor Vescovo di Parma Ferante Farnese, Contestabile Marc’Antonio Colonna,il conte Pirro Baglioni, l’Ambasciatore di Spagna, il principe Peretti, il duca di Parma Ranuccio I, il granduca di Mantova,il sig. Giovanni Rinaldo Monaldeschi, il marchese di Fosdenovo, mons. Vipereschi; ognuno di loro lasciò cospicue offerte e doni alla Madonna , sia per la devozione che essi portavano alla sacra Immagine sia per le grazie che avevano ricevute per l’intercessione della Vergine Santissima della Quercia.( vol. 170 cc. 10v -90v- 196v) ( vol.113 cc.29v e seg. -42v)

Il padre generale fra Arcangelo da Lucca detto il Corsagnino, donò un boccale con bacile, una secchiolina con aspersorio, entrambi d’argento con incisa l’arme di Genova. (vol.113 c39v)

"… Alessandro Peretti Cardinal Mont’Alto, nipote del pontefice Sisto V non fu inferiore ad altri nella divozione verso questo santuario. Ricevè dalla Madonna molte grazie, e tra queste la salute da pericolosa infermità nella propria persona et in quella del Contestabile Marc’Antonio Colonna suo nipote nell’età di cinqu’anni ; e perciò l’anno 1597 con detto fanciullo venne a render grazie con voto di sei libbre d’argento, in cui si vedono d’ambedue le figure.

E l’anno 1608 conducendo parimenti detto suo nipote liberato dal pericolo di febre continua, e morviglioni, portò altro voto simile d’argento.

Sinchè visse, venne spesso a visitare questa sua grand’Avvocata, manu muneribus non vacua, come si legge nella sua vita…"( tor. p.45)(vol 120 c.62v)

Ma non solamente i grandi personaggi, come il munifico cardinale, che nel 1604 aveva donato la cornice d’argento che, ancora oggi, custodisce la Sacra Immagine di Maria (vol.113 c.40v), facevano doni alla chiesa, ma anche gente umile partecipava a queste continue offerte; fra Felice Crudeli, da Bagnaia, sagrestano maggiore della chiesa , volle offrire alla Madonna un bellissimo ostensorio di cristalli di rocca, ancora oggi presente al museo della chiesa.(vol.113 c.42 )

Il padre Priore , fra Gabriele Pollioni, viterbese, supplicò il comune di voler far dipingere una delle lunette del chiostro; i priori viterbesi accettarono e pagarono con 35 scudi il pittore Ludovico Nucci, che, nel 1606, affrescò una lunetta, dove, ancora, si vedono i Priori di Viterbo mentre consacrano la loro Città alla Madonna della Quercia, seduta sulle nuvole tra S. Lorenzo e S. Domenico.( boll.Com.Vit. IV AR.1.1 c.200)

Dalla Polonia, monsignor Matteo Argenti, devoto della Vergine della Quercia, inviò le reliquie di S. Giacinto Confessore, sepolto nella chiesa dellla Santissima Trinità di Cracovia, insieme a quelle dei santi Stanislao e Adalberto , reliquie che il prelato aveva ricevuto dal Nunzio apostolico presso il Re di Polonia Claudio Rangono. ( vol. 128 c.37) ( vol.113 c.42v) (perg. n°……) .

Il viterbese Papirio Bussi, "… ritrovandosi in Africa schiavo de Turchi e desiderando presto uscire dalle mani di quegl’infedeli, ne pregava di continuo Maria Santissima della Quercia, sua Avvocata.

Presa l’occasione di montare sopra un schifo in tempo, che non era osservato, e animato dalla speranza nell’aiuto di quella Sovrana Signora, tentò la fuga, et in breve spazio di tempo fu miracolosamente trasportato in Civitavecchia; di dove con il medesimo abito, che aveva in Turchia, cioè , camiscia, e calzoni di tela venne a piedi a manifestare le sue obbligazioni in questa Chiesa…" ( Tor. ) Come ex voto, nel 1608, fece fare una cappella di marmi pregiati con un quadro , pitturato forse da Giovanni Francesco Castelli, dove si vede San Raimondo in atto d’esser trasportato sopra il mare dalle Isole Baleari a Barcellona inoltre volle far dipingere il fatto che gli era capitato in una delle lunette del chiostro.( vol. 170 cc.150-212v) ( vol.196 c.212v)(vol.113 c.49)

Tra le tante notizie, riguardo a questi primi anni del 1600, riportate dai frati sui numerosi manoscritti presenti nell’Archivio della chiesa della Madonna della Quercia, alcune sono interessanti per il fatto che oggi sembrano inverosimili, come quella dell’aggressione da parte di lupi ad un branco di cavalli che i padri del convento allevavano nel loro podere della Cipollara, presso Viterbo( vol.295 c.181 ); altre invece ci informano delle spese che si dovevano fare per la vita quotidiana come l’acquisto di molte suppellettili per il refettorio, piatti, scodelle, comperate da vascellari di Bagnoregio, con alcuni nomi che spesso ricorrono: Flaminio Caroza e Gabrielli Gabriello (vol.143 c.243v) (vol.170 c.162v-169 ).

Molto tempo era passato da quel 1467 e tanti ex voto erano ormai ridotti quasi in polvere; la Provvidenza volle che ai piedi della quercia fosse chiamato come sagrestano maggiore fra Tomasso Bandoni; forse, per un avvenimento capitatogli nel 1602 , la sua fede si era talmente ravvivata che si era convinto che ogni testimonianza documentata sugli ex voto doveva essere protetta e lasciata ai posteri, per far conoscere la potenza della Madonna Santissima della Quercia.

Lui stesso racconta in un manoscritto quanto gli era successo : "…un putto chiamato Giovanni Battista di Mariano Galante dalla Mandola habitante in Celleno, il quale fu portato in tempo di fiera avanti a questa santa Madre acciò fosse proveduto ad un suo grave bisogno, essendo d’anni quattro e mezzo di età per i morviglioni rimasto cieco affatto d’ambedue gl’occhi perso la potenza visiva, e così stato sei mesi in quella cecità la madre et il padre con grand’instanza facevano calca al sagrestano f. Tomasso Bandoni da Lucca, che volesse introdurre quel putto dentro alla cappella con fargli toccare quel santo legno, havevano fede che al certo sarebbe stato illuminato: cosa mirabile, che la devotione de’ parenti, e del putto fu tale, che introdotto dentro la cappella, e dall’istesso p. sagrestano tenuto e con le braccia stringendo quel santo tronco, e dicendo alcune parole insegnateli dal detto padre, apena finita l’oratione, che il detto putto cominciò a gridare, Padre io vedo, mi s’è partito il male da gl’occhi, et invero che gl’occhi suoi rimasero belli, e politi, come mai havesse hauto male.

Fu noto a tutto il populo, e con testimonij fu preso il fatto, et è dipinto nel claustro a gloria di Maria regina…" ( man.bandon. c.107t)( ex voto p.284).

Fra Tomasso fece restaurare molti degli ex voto presenti in chiesa da un pittore viterbese Vincenzo Panicale , specializzato in questo genere di lavoro; furono restaurate le statue dei due pontefici Paolo III e Gregorio XIII, quelle dei cardinali Ferdinando dei Medici, Montalto, Cybo, Ridolfi o di S. Giorgio, Orsini, altre 70 di quelle attaccate alle colonne, alle quali furono rifatte le parti che mancavano, ad alcune le teste, ad altre le braccia, le mani, i piedi e fu anche rifatto il cavallo all’ex voto di G. Battista Spiriti.(vol.169 c.212v )(vol.170 c.214v-224) (vol 113 c. 43v)

Padre Gabriele Pollioni , nel 1611, decise di ristampare il volume sulla storia e i miracoli della Madonna della Quercia pubblicato dal Nelli, dedicandolo a Donna Margherita Peretti moglie del principe don Michele e cognata del cardinale Alessandro Montalto Peretti che, proprio in quel periodo, si era impegnato a far realizzare un nuovo organo, trattato in Roma da m° Valeriano da Bagnaia, abile falegname,messo poi in opera nel 1613 e suonato per la prima volta dall’organista fra Placido Jarucci.(vol.297 c.42v-97-143) (vol.168 c.92v) (vol.169 c.266) (vol.171 c.88v)

L’organo vecchio, costruito nel 1491, fu acquistato dai cittadini di Bagnaia per 125 scudi.(vol.120 c.75 ) (vol 297 c.146-128-127-132v) (vol.171 c.24 –112) (vol.168 c.19)

Lucia Cotoccia lasciò al Convento il podere dell’Acqua Bianca (vol.128 p.390); ancora numerose sono le spese registrate dal sindaco del convento per allestire, durante il carnevale, commedie che i novizi del convento erano soliti proporre ad ospiti illustri, sfruttando forse il sagrato della basilica, naturale proscenio(vol.171 c.74)( vol.297 c.77)(vol.298 c.5v-7).

Si restaurò la sacrestia che, ristrutturata completamente ed ampliata, acquistò l’imponenza che tutt’ora conserva ; il lavoro fu eseguito dal romano Paolo Fagioli e dal fratello Domenico.( vol.297 c.128 e seg.)(vol.115 c.132v)(vol.298 c.24v)(vol.168 c.109)

Il padre generale fra Serafino Sicco da Pavia trasferì, nel 1614, lo Studio Generale di Perugia dal Convento di san Domenico, che era inagibile a causa del crollo della chiesa e di parte dello stesso convento, al Convento della Madonna della Quercia .( vol.128 p.44)

Nel chiostro conventuale, il viterbese Giovan Giacomo Cordelli pitturò una lunetta dove raffigurò il miracolo che lui stesso aveva ottenuto raccomandandosi alla Vergine Santissima della Quercia quando nel 1616, ritrovandosi in Francia, fu salvato da morte sicura perchè la casa dove abitava fu travolta da una spaventosa alluvione.(torelli p.249)

La famiglia Peretti, nella persona del principe don Michele, volle costruire una cappella dedicandola a S. Carlo Borromeo e sopra l’altare fu posto un quadro del santo, realizzato dal Cavalier d’Arpino.(vol 113c.49- man tor.c.11v )

"… Gio. Giacomo Cordelli, pittore viterbese, ritrovandosi in Francia nella Terra detta Benerita venne una tal’alluvione, che l’acqua s’alzò sedici palmi, e le case in gran parte rovinarono con morte degli abitanti, sicome rovinò la casa, ove stava detto Gio. Giacomo, che si raccomandava alla Madonna della Quercia, dalla quale riconobbe lo scampo; perché rimasti tutti della medesima casa sott’acqua, egli miracolosamente si salvò nella cima d’un trave; come da lui stesso fu dipinto nel chiostro [conventuale] di questo convento. Essendo il medesimo bambino di tre anni nel 1581 ricevè una grazia non meno segnalata; perché stando in braccio della serva Hipolita Lanzi in una loggia alta più di venti braccia, nel vedere nel cortile un uomo con un canestro di frutti, fece tal impeto per desiderio di detti frutti che traboccò insieme con la serva in detto cortile. La madre in ciò vedere si pose con pianti, e strida ad invocare la Madonna della Quercia, e fu esaudita, poiché né il figlio, né la serva restorno offesi…" ( tor p.249- besso).

Per comodità del bestiame, che veniva portato a Campo Graziano in occasione delle fiere di maggio e settembre, si pensò di costruire un grande fontanile, inaugurato il 19 maggio 1619 per la fiera di Pentecoste; lo realizzarono gli scalpellini Giacomo di Giovanni Toldi genovese, Giovanni di Giovannino lombardo , m° Marco da Bagnaia e venne messo in opera dal muratore milanese m° Giuseppe.(vol.115 c.136)(vol.144 c.136)(voll. 173 c. 22v) (vedi disegnino- s.sabina ) ( vol.120 c.76) (vol.173 c.92v-95v-96-99-99v)

"…Fioriva in Viterbo la venerabile Serva di Dio Suor Giacinta Marescotti , Monaca neI Monastero di s. Bernardino, dell' Ordine di S. Francesco, che fiorì con fama di Santità l'anno 1616.

Era ella divotissima della Madonna della Quercia, facendo a lei ricorso in tutti li bisogni spirituali tanto proprii , come de' suoi Prossimi e per tal’effetto soleva far scielta del maggior numero di fanciulle, che avesse possuto, e mandarle a piedi scalzi in questa Chiesa a farvi la Communione, e pregare secondo la sua intenzione.

Spesso anche chiedeva licenza, acciò qualche persona divota potesse restar chiusa dentro la Santa Cappella per intieri tre giorni a pregare per lei la Santissima Vergine, acciò li dasse lume di meglio servire il suo Divino Figliuolo; e per questi mezzi si compiaceva l’istessa Vergine concedergli le grazie, che bramava con gran sollievo , e conforto per il suo spirito. Era Suor Giacinta assai tormentata da fastidioso pensiero d’esser dannata ; et una volta perciò più del solito crucciata, dopo avere con amare lagrime bagnato il pavimento della sua cella senza però alcun profitto , fece chiamare una persona spirituale, e li disse, che con altra simile fosse a communicarsi per lei alla Madonna della Quercia, e che li sapessero dire quali sentimenti interni avessero avuti.

Fecero quanto li fu imposto , e communicatesi all’Altare della Santissima Vergine, una di esse nel render grazie al Signore, e pregare la sua gloriosa Madre per Suor Giacinta, si vidde avanti Santa Caterina da Siena avvocata particolare della Serva di Dio , che scopertosi il cuore il disse : vedi tu, quà dentro stà Suor Giacinta. Il che riferitoli, fu causa, che si rasserenasse il suo cuore, restando libera da quell’importuno timore.

Un’altra volta avendo aspramente corretto una persona sua confidente

per mancamento commesso, stette tutta la notte in orazione e discipline per l’anima di quella , raccomandandola alla Madonna della Quercia ; che mossa a pietà, fece che la mattina all’alba si portasse alla sua Chiesa, e si confessasse, e communicasse con gran compunzione, e divozione. Qindi portossi da Suor Giacinta, quale in vederla li disse:- non siete più quella di ieri; perchè jeri stavi col Demonio, e oggi con Gesù; ringraziate la Santissima Vergine-."(tor. 1725 p. 70)

Si sentì la necessità di costruire in chiesa un pulpito per i predicatori e nel 1620 furono rifatte le tre grandi porte , intagliate dal francese m° Torode aiutato da m° Battista da Capranica che poi le mise anche in opera ( vol.113 c.120- c.54)( vol115 c.136-137).

Nel dicembre del 1621 "… ricordo come si sono fatte due sepolture avanti al Santissimo Sagramento, dietro al leggio grande del coro di voluntà del M.R.P. maestro Niccolò Ridolfi provinciale romano et di tutti li frati del convento per essere la sepoltura vecchia al altare del Crocefisso poco decente per l’acqua che ci passa et delli cani che v’entrano et per essere solo umidezza…" ( vol.113 c.59).

I Padri domenicani, in particolare il sacrestano maggiore fra Tomasso Bandoni,si preoccuparono ancora una volta per i numerosi ex voto che in continuazione si rovinavano ed andavano perduti; allora incaricarono il pittore Vincenzo Panicale di copiare , su di un libro in carta pecora, oggi alla fondazione Besso a Roma, quelli più importanti o che stavano per cadere, realizzando disegni acquarellati che sarebbero dovuti servire per fare delle copie, qualora gli ex voto veri si fossero perduti. ( vol. 113 c.53). (vol.174 c.90v) ( vol.299 c.71) ( vol.173 c.203v)

Mastro Evangelista insieme ai suoi figli realizzarono gli armadi della parte sinistra della sacrestia e ne restaurarono quelli già esistenti; il legname di noce fu preso dalla moglie di Domenico Collini mentre quello di castagno da m° Pietro falegname di Bagnaia.(vol 113 c. 60v e segg. )

Sempre a Vincenzo Panicale fu affidato il compito di restaurare alcune delle pitture esistenti nel refettorio, mentre Calisto Calisti, pittore bagnaiolo, rifece gli affreschi dei lavamano, oggi quasi irrimediabilmente perdute. (vol.299 c.118-119) ( vol.173 c.147v-148v-150)

Nella lunetta di quella a sinistra , si può notare la chiesa della Quercia vista dalla parte degli orti e del giardino che sono accuratamente riportati nel disegno e dimostrano la cura che i frati avevano anche per queste parti del loro convento; in quella a destra è affrescata, come in una fotografia, la situazione della Quercia in quegli anni: la chiesa, il campanile più alto di un piano rispetto alla situazione attuale, e le botteghe costruite intorno al santuario.(vol.299 c.191 ) ( vol.173 c. 224 v)

Per ricordare a tutti, in particolare agli amministratori viterbesi che di tanto in tanto se ne dimenticavano e creavano contenziosi, alla base del campanile furono scolpiti, nel 1625, due cartelli in cui si incisero i privilegi concessi dai pontefici alle fiere della Quercia.( vol 173 c.250v)

I consoli dei Macellari di Roma, Giovan Battista Antifassi e compagni, negli anni 1625 e 1626 furono alla Quercia e portarono dei regali alla Madonna, loro Patrona; il primo anno, in cui si festeggiava la ricorrenza dell’anno giubilare, recarono come dono un paliotto di raso bianco fiorato con una mantellina, il secondo anno, una bella tovaglia fine con merletti .( vol.113 c.62v e 67v)

Il padre sacrestano ricambiò i loro doni concedendogli un frammento del legno della quercia dove posava l’Immagine della Madonna, che avrebbero dovuto portare a Roma nella loro chiesa .( Bandon. 1631 p. )

Anche se costruito da pochi anni, l’organo bisognava di continue riparazioni; in questo periodo spesso il m° Pellegrino Pellicelli intervenne per aggiustarlo( vol.175 c.141v-103-125v-141v) (vol.174 c.116v) ( vol 299 c.98) (vol. 173 c.216)

Per il coro della notte, realizzato sopra la volta della cappella della Madonna, furono fatti, nel 1629, i bancali di noce( vol.301 c.32v ) (vol 175 c.118v) (vol.115 c.141v ) e lo scalpellino Antonio Peruzzi scolpì alla base del campanile altri due cartelli dove furono scritte tutte le indulgenze elargite dai vari pontefici alla chiesa della Madonna della Quercia.( vol.175 c.116) (vol.301 c.29) .

Un giovane pittore viterbese, Angelo Pucciatti,figlio di Nicola di Flaminio da Canepina, fu incaricato , nel 1629, dal priore Pio Onori, di dipingere, sulla facciata della cappella della Madonna, un grande affresco che rappresentava il miracolo di DionisioGherardi da San Casciano, fratello di Antonio segretario del Cardinale Ridolfi; (vol.175 c.113v) ( vol 301 c.23)(vol.113 c.68v)

"… Veniva parimente per visitare questa miracolosa Imagine Dionisio da S.Casciano l’anno 1524 et essendo giovine civile, affabile, e cortese, volentieri s’accompagnò con alcuni forestieri, che finsero anch’essi voler essere alla Quercia; et arrivati in Bolseno, pagò ancora per loro la cena. Da questa liberalità, e dalli buoni vestiti, che Dionisio aveva, giudicando quelli esser ben provisto di denari, determinorno assassinarlo.

Onde la mattina sollecitatolo alla partenza più ore avanti giorno col pretesto di arrivare in questa chiesa in tempo di poter fare le loro divozioni, quando furno nel bosco verso Montefiascone, guidatolo maliziosamente fuori strada, lo presero qual’agnello innocente come lupi rabbiosi, e non contenti d’averlo spogliato del tutto,gli vollero levare anche la vita, tagliandogli crudelmente non solo la gola, ma quasi intieramente il collo; in modo che la testa non restava attaccata, che per poca pelle.

E per coprire un tanto misfatto, gettando quel corpo in una fossa , o scavo fatto dall’acque, lo seppellirno, ricoprendolo con terra e sassi.

Non fu però abbandonato da questa gloriosa Vergine , alla quale era ricorso, poiché o lo conservò miracolosamente in vita, o morto lo risuscitò.

Comparve dunque in quel luogo in forma di nobile Madrona, vestita di bianco; levò le pietre e terra sopra il corpo del povero Dionisio, e chiamandolo per nome, lo prese per mano, e alzollo in piedi.

Quindi accomodatagli la testa, e fasciatogli il collo con un candido velo, gl’ordinò, che seguitasse il suo viaggio fino alla Quercia, e che non si levasse quel velo finchè non fosse avanti quella S. Imagine, dove saria sanato dalla ferita, e ritrovaria denari, e vestiti più di prima, e rimettendolo in strada scomparve. Proseguì Dionisio ripieno di forze miracolose il camino a questo Santuario, e arrivò in tempo , che vi si ritrovava il cardinal Nicolò Ridolfi vescovo di Viterbo, e legato della Provincia del Patrimonio, il Magistrato di essa città, et altro popolo innumerabile, così disponendo la regina del Cielo per meglio manifestare la sua misercordia.

Sentì il Cardinale dallo stesso giovine tutto il seguito, e levatogli dal collo il velo, che lo fasciava, ritenuto poi appresso di sé, osservò con orrore il gran taglio della gola, e di quasi tutto il collo, e con lagrime di divota compassione orando assieme con tutto il popolo, vidde riunire la carne, stendersi, e riattaccarsi la pelle, e svanire la ferita senza né pure rimanervi il segno: ringraziando e benedicendo tutti il Signore e la Santissima Vergine di sì gran miracolo, che si vede dipinto nella facciata della Santa Cappella, nel chiostro, e ancora nel Palazzo publico di Viterbo…"( tor .p.81- nelli….)

Lo stesso pittore, Angelo Pucciatti , nel 1630 affrescò la parete interna della chiesa, sopra la porta centrale, raffigurando il miracolo del Prete di Canepina, don Simone Fioretti, o Foglietta, per ordine di Domenico di Gaspare, pizzicarolo viterbese, che volle far eseguire la pittura come ex voto per un miracolo ricevuto dalla Madonna nel 1612; (vol. 113 c……)

"…Domenico di Gasparre viterbese, dovendo far la pace con un suo inimico, teneva certa robba da magnare a tal’effetto. Ma l’inimico uscito all’improvviso da un’hosteria con un pistolese e li tirò doi colpi, tagliandoli la mano sinistra, et il gomito, il quale vedendosi in pericolo di morte, si voltò alla Madonna della Quercia per aiuto, così il suo inimico non può seguitare a ferirlo, e pensando a averlo morto se ne fuggì, con l’aiuto di questa santissima Vergine guarì, et hoggi fa i fatti suoi nella sua bottega di pizzicheria.

Portò il suo voto, et fece dipingere in chiesa il fatto del r. prete da Canepina sparato…" (ban.1634 p.24).

Padre Fra Tomasso Bandoni, desideroso di far conoscere la potenza della Vergine santissima , tra il 1628 ed il 1636 , pubblicò 4 volumi sui miracoli e le grazie ricevute da tanti devoti per l’intercessione della Madonna della Quercia.

Il principe Francesco Peretti donò le porticine della finestra del tempietto, poste davanti all’Immagine della Madonna; fatte a Napoli ,erano d’argento massiccio e il loro costo superava i 1000 scudi.(vol.115 c.142v)(vol.113 c.69v)

Purtroppo , non sono giunte ai nostri giorni ma di esse ci sono rimaste delle copie in legno e gesso, copie, oggi presenti nel museo della chiesa, di cui non si conosce l’epoca di realizzazione.

La paura della peste, la stessa che Manzoni rese famosa con i " Promessi Sposi", non si effettuarono le fiere di maggio e di settembre degli anni 1630 e 1631; molte furono, in quell’occasione, le processioni di penitenza e numerosi pellegrini accorsero ai piedi della sacra Immagine ad invocare la protezione della Vergine .( vol.115 c.142v)

Tra i tanti devoti, vennero anche gli abitanti di Valentano , che a piedi fecero tutto il percorso di andata e ritorno dal proprio paese alla chiesa della Madonna della Quercia ; parteciparono alla processione anche numerosi flagellanti che impressionarono i viterbesi per il modo e la violenza con cui percuotevano a sangue i loro corpi.( B. Zucchi parte III p.84 )

" Urbano VIII, fu devotissimo di questa sagra Imagine, e ne ottenne molte grazie; et in particolare fu risanato da una grave infermità per l’Orazioni fattesi in questa Chiesa: e per rendere le dovute grazie , venne personalmente il nipote di S. Santità[ don Taddeo Barberini] con donna Anna Colonna sua consorte, e donna Costanza Magalotti sua madre, portandovi due gran cerei , e cinque medaglioni d’oro con l’arme, et effigie del papa.

Ebbe anco la grazia di vedere il suo Stato preservato dalla peste; poiché avendo questa fatto gran strage in Lombardia nell’anno 1630, et inoltratasi in Toscana l’anno seguente 1631, si stava in Roma con grandissimo timore.

Ma avendo il Pontefice fatto ricorso a questa universal Protettrice, e concesso perciò amplissimo Giubileo in questa sua Chiesa per li mesi di Settembre, Ottobre e Novembre, e prolungato per altri tre mesi seguenti, svanì il contagio, e cessò ogni timore…"( Tor. p.37-…)

Si continuò ad abbellire il complesso monumentale e il priore fra Tommaso Buratti, nel 1633, fece costruire, al centro del chiostro conventuale, una splendida fontana costata 600 scudi; nel refettorio furono rifatti, con legno di noce, le spalliere ed i tavoli .(vol 175 c.191-191v-193) (vol.120 c.14) ( vol.115 c.143v)( vol.113 c.74)

" Il m° R.P.M.ro F.Ambrogio Viola figlio di questo convento della S.ma Madonna della Quercia essendo attualmente [1634] priore e reggente con l’elemosine delle sue prediche singolarmente di S. Giovanni e Paulo di Venetia, di Cesena, di Orvieto e di Rimini, fece nel modo che hora sta la libreria di questo convento. Comprò i tavoloni di noce dai padri di S. Agostino della Trinità di Soriano. L’opera a fattura di detta libraria la fece fare da m° Silvestro Valeriani da Bagnaia a stima sue spese senza che il convento attenesse a cosa alcuna di pane e vino ne d’altro per il vivere suo e suoi garzoni, quale opera finì di tutto punto, come stà in un anno0 e fu intieramente soddisfatto dal detto p. maestro: fece anco fare le sei finestre con invetriate, ( serrando le finestre antiche) con li dui finestroni con la ringhiera alle parte del gallinaro. Vi pose quasri ventisei S. Thomasso grande sopra la porta con S. Ambrosio e S. Giacomo da Bevagna a canto e sopra un San Domenico, e quelli nell’ingresso alla libreria.

Nella facciata verso la loggia sopra la porta il Salvatore e la Madonna, San Domenico , San Pietromartire , S. Thomasso, S. Antonio, Benedetto XI et Innocenzo IX.

Dalle bande S. Raimondo, S. Vincenzo, S. Ludovico due ritratti un altro S. Thomasso, Santa Caterina di Siena, B. Agnese, S.a Caterina Martire, S.Bonaventura, B. Aberto Magno e Pio Quinto…" ( vol.348 c.1-1v)

Su consiglio del cardinale Antonio Barberini si decise di intervenire sul campanile , ormai pericolante e che minacciava di cadere da un momento all’altro; dopo aver consultato diversi architetti , tra i quali Paolo Marosnelli, il sig. Peparelli e fra Francesco dell’ordine dei Predicatori, il consiglio dei padri del convento decise di demolire la torre fino alla passerella che la collegava con il chiostro superiore.(vol.120 c.150t) (vol 175 c.219- c.228v)( vol. 113 c.71v-72)(vol.115 c.144 e segg.)

Fu ampliato il convento dalla parte di Bagnaia e , nel 1635, si realizzò un nuovo granaio per conservare, nel migliore dei modi, la gran quantità di grano e cereali che i numerosi poderi, di proprietà dei padri Domenicani della Madonna della Quercia, riuscivano a produrre.( vol.115 c.146v )

"… Intorno all’anno 1640 [ 1636] avendo Giovanni Brunacci viterbese ottenuto la sanità già quasi disperata da medici in una periclosa infermità, con la promessa alla Santissima Vergine di fare ornare in questa sua chiesa una cappella ad onore del glorioso apostolo del Settentrione S. Giacinto ; mentre in adempimento del voto faceasi tal opera, lo stuccatore lasciò una sera alcuni carboni accesi sopra il palco.

Onde accesosi il fuoco si riempì ben presto la chiesa di fumo, e si saria anche incendiato il tutto , sì perché tutte le muraglie, pilastri, e colonne sono ricoperte di tavole, e altri voti anche di cera, sì pure perché il detto palco era vicino al tetto, non essendovi in quel tempo le volte; ma la Santissima Vergine per ovviare a tanto male mosse un divoto religioso ad affacciarsi per riverirla ad un fenestrino, che dal convento corrispondeva in chiesa e questo avvedutosi del pericolo, fece sollecitamente che vi si rimediasse…"( tor.p.299)( vol.120 c.159)( vol.115 c.147v)

Un altro spiacevole episodio accadde nell’aprile del 1640: fu rubato un prezioso calice d’oro; del furto fu incolpato un certo padre Finatti, uno dei frati del convento, che incarcerato finì per confessare ed indicò il posto dove aveva nascosto il prezioso oggetto che aveva già fuso.(vol.120 c.169 )

Intanto andavano avanti i lavori nel campanile e dopo aver demolito tre piani, si incominciò la sua ricostruzione ( vol. 120 c.164) ( vol 381 c.41v); per questo lavoro, nel 1638, il cavalier Donato Spadenzi donò ai frati 1400 scudi.( vol. 120 c.164v)( vol.115 c.148)

Maria ed Agata , le grandi campane furono sistemate all’interno della chiesa fino a che nel 1642 ritornarono a suonare in cima al nuovo campanile, che rispetto al precedente era un piano più basso.( vol. 115 c.150v)

Fra Giuseppe Gallesi, sagrestano maggiore, nel 1642 diede alle stampe un nuovo libro sui miracoli e le grazie della Madonna della Quercia , dedicandolo al conte Girolamo Gabrielli da Gubbio , che, nel settembre del 1644, pagò il pittore Calisto Calisti, da Bagnaia, per a dipingere i quattro evangelisti sotto la grande cupola della chiesa.( vol.177 c. 56v-264-265v-266)(vol. 113 c.79v)

La principessa donna Olimpia Aldobrandini ed il principe Camillo Pamfili, il giorno 8 dicembre 1647 , donarono alla Madonna due corone d’oro, tempestate di pietre preziose, una per la Vergine e l’altra il Bambino che tiene in braccio; il cardinal Brancaccio , vescovo di Viterbo, le consegnò al priore fra Pio Manardi, davanti ai padri del convento , che erano stati tutti riuniti per tale avvenimento.

" Per la Madonna

Una Corona di peso in tutto tra oro et gioie di oncie dieci et mezzo dove sono perle grosse dicidotto……18

Perle piccole ventisei………….26

Smiraldo grosso uno…………...1

Zaffiri quatro grossi…………….4

Zaffiri piccoli quatro……………4

Smeraldi mezzani cinque……….5

Smeraldi piccoli quaranta………40

Rubini grossi otto………………8

Rubini piccoli sedeci……………16

Diamanti grossi senza fondo di un grano e mezzo l’uno numero tre…………..3

Diamanti numero ventisei………26

Turchini trentotto………………30

Corona Piccola

Se pesò in tutto tra oro et gioie nove oncie

Perle grosse dicidotto…………..18

Perle piccole ventisei…………..26

Smeraldo grosso uno……………1

Zaffiri grossi quattro……………4

Smeraldi mezzani cinque……….5

Smeraldi piccoli quarantaquattro……………44

Rubini grossi otto……………….8

Rubini piccoli sedeci…………….16

Diamanti grossi tre senza fondo…………..3

Diamanti ventisei………………..26

Turchini trentasette………………37

Cartello della corona della Madonna con il motto : " Ave Regina Celorum" con l’arme del sig. Principe e Principessa dietro alla corona

Cartello della corona del Figliolo con il motto : " Te laudamus Deum nostrum " con l’arme del istessi Pencipe e Prencipessa dietro alla corona " ( vol. 113 c.84 e segg.)

Fu anche costruita la nuova cappella di S. Domenico dove era la cappella del presepe e all’interno di essa sistemata la nicchia del Presepe; il lavoro fu effettuato dal m° Domenico Fasciolo , romano. (A. S. V. Not. Vit. C. Pennacchi prot. 1789 (31) anno 1648 II parte)

" … Decembre 1649 .

Alli 22 decembre. Si fa memoria come il Reverendo Padre Maestro predicatore generale e priore fra Giovanni Battista Petrucci da Tivoli impetrò ed ottenne per mezzo dell’Illustrissimo signor conte Girolamo Gabrielli da monsignor Governatore e commissario generale del Campo Ecclesiastico Giulio Spinola la campana maggiore del duomo di Castro, città fatta distruggere dalla Santità di papa Innocenzo X dicesi per haver fatto ammazzare il suo vescovo: et fu collocata nel campanile grande di questa nostra chiesa et convento …" ( vol 121 c.33t)( vol. 113 c.87v).

Affrescate ormai tutte le lunette del chiostro della cisterna, i frati, nel 1650, invitarono il pittore Pier Francesco Mola, uno dei più rinomati del tempo, per fargli affrescare quelle del chiostro conventuale; l’artista lavorò alla Quercia per circa un anno, realizzando però solamente tre splendide lunette, con rappresentati altrettanti miracoli della Vergine .(vol.177 c.366-367-368)

I padri domenicani, esasperati per tanta lentezza nella produzione delle opere, credendo che il pittore allungasse i tempi per poter usufruire del vitto e dell’alloggio che gli elargivano gratuitamente, lo licenziarono.

"… Innocenzo X per li molti beneficii ricevuti dalla Madonna della Quercia venne personalmente a riverirla nel mese d’ottobre dell’anno 1653, et entrò anche nella santa cappella il dì 22 di detto mese, et il 26 ritornatovi, sentì la messa all’altare della medesima.

Lasciò in questa occasione una nobile pianeta con la sua Arme, et altre limosine.

Per un suo breve del 10 luglio dell’anno 1646 aveva concesso per sett’anni a chi visitava sette altari in questa chiesa , tutte le indulgenze che si conseguivano visitando li sette altari della Basilica di San Pietro di Roma…" ( tor. p.38)(vol.178 c.200)

I sette altari erano: l’altare della Madonna, del SS. Sacramento , del SS. Crocefisso, di S. Tommaso, di S. Domenico, di S. Raimondo, di S. Carlo.(vol.113 c.82)

Essendosi rotta la campana minore, i frati pensarono di rifonderla e adoperarono per tale scopo anche il metallo della campana maggiore di Castro; Agata raggiunse in questo modo il peso attuale di 35 quintali. (vol 177 c.356v-364 ) ( vol.121 c.33v)

Nel 1657 la peste contagiò Montefiascone ed allora tutta la sua popolazione si rivolse alla Madonna della Quercia ; poco tempo dopo, terminata la malattia, i montefiasconesi fecero una grande processione di ringraziamento.( Ex voto p.242)

Durante questa pestilenza, un santo frate domenicano del convento della Quercia, il padre Arcangelo da Mont’Orzo, già maestro dei Novizi e Sacrestano della chiesa, uomo di rara semplicità e fede, sentendo che l’epidemia faceva numerose vittime, si mise a disposizione degli ammalati per amministrare loro i sacramenti e finì per morire di peste rimpianto da tutti .( tor. man. C.15t)(sansab.tor man.p.629)

Morto Innocenzo X , il suo successore , Alessandro VII, volle che i frati della Quercia restituissero la campana del duomo di Castro al legittimo proprietario : il vescovo di Acquapendente; dopo una lunga discussione, non avendo più la campana e poiché era restato solamente un frammento d’essa dopo la fusione , i frati furono costretti a pagare al prelato 140 scudi .(vol. 121 c.56v) ( vol.178 c. 275v-278v-329-333-351v) ( vol. 115 c.154)

Il convento della Madonna della Quercia , per le tantissime donazioni ricevute, era uno dei più ricchi dell’Ordine ed allora si sentì la necessità di far fare un Cabreo, chiamato " CAMPIONE" in cui fossero catalogati tutti i beni posseduti e ne fossero disegnate le mappe; fu redatto dal notaio Blasio Barsi e disegnato da Giovan Battista Schiratti ambedue abitanti a Bagnaia, nel maggio del 1657, sotto il priorato di P. fra Giacinto Zocchi.( vol.115 c.151v)

Il sagrestano maggiore fra Vincenzo Malanotte, nel 1666, pubblicò un altro volume sui Miracoli e le Grazie della Madonna della Quercia , dedicandolo al Sig. Ippolito Lante, duca di Bomarzo, signore di Chia, marchese della Torre d’Andrea e governatore di Bagnaia; pochi anni dopo, nel 1668, fra Egidio Crudeli, offrì una notevole somma, 400 scudi, per acquistare a Roma 13 statue di bronzo , Gesù e i dodici apostoli, ancora oggi presenti nel museo.( vol. 113 c. 154v)

" Nell’antica, ed illustre Città di Viterbo, Capitale del Patrimonio nacque il Beato Fr.Crispino alli 13 di Novembre dell’anno 1668 e rigenerato al Sacro Fonte battesimale nella Chiesa di San Giovanni Battista della Parrocchia di S.Giacomo , dal nome dell' avolo fu chiamato Pietro . Suo padre nominavasi Ubaldo Fioretti, e la madre Marzia ambedue conjugi pii ed onesti , i quali se furono mancanti di beni di fortuna , furono al certo ricchi a dovizia delle cristiane virtù . A misura che si andava sviluppando in lui la ragione , diede a conoscere e qual forza avesse nel suo cuore la santa educazione de' genitori , e molto più da quali ampie benedizioni di grazia prevenuto egli fosse; poiché dotato da Dio di buon ingegno , di natura piacevole e di un’attrattiva mirabile fin dai primi anni dimostrò quelle buone qualità che sogliono ritrovarsi in quelli , che sono stati eletti per edificare il prossimo co' buoni esempj , e guadagnar anime al Signore.

Una delle primarie cure della divota sua madre fu quella di andare insinuando nell'animo del fanciullo la divozione alla Beatissima Vergine, e avendo appena cinque anni , lo portò una volta nel giorno della Santissima Nunziata al sagro antico Tempio della Madonna miracolosa della Quercia , distante dalla Città circa un miglio, uffiziata con somma decenza dai religiosi di S. Domenico ; e genuflessa innanzi la detta Sagra Immagine , accennandola al suo figlio , ne fece con effusione di cuore la più divota offerta , dicendo al fanciullo Vedi? quella è la tua Madre: io adesso ti dono a lei: amala sempre di vero cuore onorala come tua Signora. Queste parole dette dalla buona Madre in quell' età così tenera , gli rimasero tanto impresse nella mente e nel cuore , che sempre o ragionando della Santissima Vergine , o vedendone qualche Immagine , la chiamava la mia Madre , la mia Signora . Che anzi avendogli insegnato pià volte la madre che in ogni suo bisogno o disgrazia gli potesse accadere , ricorresse sempre alla gran Madre di Dio con dire Maria Vergine aiutatemi, , l’invocava sempre in aiuto nelle sue indigenze, ne' suoi pericoli, la venerava col digiunare in pane e acqua nelle vigilie precedenti alle sue Festività, qual digiuno non lasciò mai nel resto di vita sua , eziandio in gravi infermità . Anzi cresciuto in età digiunò ancora in pane ed acqua tutti sabati dell'anno. Celebrava poi le feste ad onor di lei con accostarsi divotamente ai santissimi Sacramenti con assistere agli uffizj divini, ai tremendi sagrifizj dell'Altare e ad altre sagre funzioni, servendo alle Messe con una modestia angelica, e frequentando le Chiese a lei consagrate con visite e preghiere le più affettuose, contento solo di poter dare all' adorata sua Signora e Madre contrassegni di sua filial cenfidenza , e del tenero suo divoto attaccamento. "( P. Francesco Antonio da Viterbo- p.1)

Forse per adattare l’architettura interna della chiesa a quelle che in qualche modo si possono considerare i suoi modelli, cioè le chiese fiorentine di S. Spirito e di S. Lorenzo,ed anche per diminuire il notevole freddo che dovevano sopportare nei mesi invernali, i frati decisero di fabbricare le volte delle navate laterali , ancora a capriate; il lavoro fu affidato ai muratori Francesco Catoni e Francesco Strigelli che lo portarono a termine nel 1679. ( A.Notarile not. Giovan Battista Salvi prot. 2134(13) anni 1676-78 c. 221)

Sempre nello stesso periodo, furono realizzate nel chiostro grande, dal pittore romano Lorenzo Nelli, altre tre lunette, aventi per tema i miracoli della Vergine Santissima della Quercia( vol.115 c. 162v) ; fu restaurata la scalinata della chiesa e i due corrimano laterali in peperino; ancora oggi, sulla parte terminale di quello accanto al campanile si legge la data 1679.( vol. 12 c. 36) ( vol.182 c.58-78) ( vol.181 c. 148)

"…Innocenzo XI di santa memoria., avendo più volte in minoribus visitato questa gloriosa Vergine, ne conservò fempre somma venerazione, essendo solito chiamare questo Luogo il Santuario dello Stato. Nell’anno 1679 concesse più indulgenze, cioè alli 4 di Gennaro a chi visitarà una, volta la settimana questa Chiesa con assistere alle Litanie della Madonna, rilassa cento giorni di penitenze ingionte : alli 22 di Marzo Indulgenza plenaria per l’Orazione delle 40 ore nella Domenica delle Palme: et alli 2 di Decembre à chi visitarà questa Chisa nel primo, et ultimo giorno della Novena avanti il S. Natale, concesse parimente Indulgenza plenaria, e per gl’altri giorni , sett’anni, e altrettante quarantene di penitenze ingionte, o dovute…" (tor. 1725 p. 38)

Lo scultore Giovan Pietro Albertini realizzò la nuova cappella di San Domenico il cui quadro fu pitturato dai fratelli romani Lorenzo e Giovan Battista Linardi.( vol.115 c.162v e seg.)

" 23 maggio 1683

Ricordo come doppo la morte dell’Em.mo Sig. Cardinale Stefano Brancaccio vescovo di questa città fu da Nostro Signore Innocenzo XI eletto per vescovo l’Em.mo Sig. Cardinale Urbano Sacchetti e per fare solenne entrata nella città venne da Roma a questo nostro convento della Quercia e celebrata la messa alla cappella della Beatissima Vergine si ritirò nelle stanze dette del P. Provinciale ove con il Marchese Sacchetti suo fratello, con un suo nepotino ed il signor abbate Buranzi desinarono, e doppo haver per qualche tempo riposato calò in chiesa , ove gli fu dal p. maestro fra Carlo Burali d’Arezzo fatto un dottissimo discorso e sopraggiunto il magistrato e tutta la nobilità se ne andò in cavalcata a pigliare il possesso della sua cattedrale …" ( vol. 115 c.171)

Sopra le nuove volte delle navate laterali fu aperta, nel 1690, una finestra che poteva dare accesso al grande cornicione della navata centrale , su cui furono sistemate molte statue ex voto che i frati erano stati costretti a mettere in una stanza accanto alla sagrestia e che andavano via via deteriorandosi, vuoi per l’umidità , vuoi per i topi. (vol.182 c.2)( vol.113 c.94)

" Innocenzo XII, essendo governatore della Città di Viterbo, dimostrò quanto grande fosse la divozione, che aveva a questo Santuario; mentre pochi giorni passavano, che non lo visitasse, trattenendovisi anche ne’ giorni Santi alli divini Officii, et in altri tempi ancbe in religiosi trattenimenti nel Convento. Ne ricevè molte grazie, anche de Posti, e Dignità Ecclesiastiche: e però sempre ne conservò viva la memoria.

Essendo Papa molto si dubitava della sua salute per una caduta in età decrepita, ma restò libero, per essersi raccomandato alla Madonna della Quercia.

Voleva perciò venirla a visitare, e più volte mostrò tal desiderio, anzi in certi occasione furno a detto effetto accommodate anche le strade, ma per l’età sudetta, e per altri premurosi affari ne fu sempre trattenuto."(tor.1725 p.39)

Al pittore viterbese Antonio Palma fu commissionato il disegno di una stampa (vol. 355 c.153), poi realizzata a Venezia nel 1691( vol.113 c.95) , nella quale si vede al centro la Madonna della Quercia tra San Domenico e Santa Caterina da Siena e tutto intorno 12 tra i principali miracoli affrescati nei due chiostri.

Tra il 1685 ed il 1696 furono pubblicati alti due volumi sui miracoli della Madonna; il primo lo scrisse fra Vincenzo Peroni, l’altro è opera di fra Antonino Borzacchi, ambedue sacrestani maggiori della chiesa.

Il Comune di Viterbo , nel 1694, chiese il permesso ai padri del convento di poter effettuare degli scavi archeologici alla Cipollara, una delle grandi di proprietà della chiesa della Quercia ; i frati concessero l’autorizzazione ma dettarono delle condizioni:

"… Primo, che tutta la spesa si farebbe della Comunità senza alcun aggravio del Convento;

Secondo, che trovandosi oro, argento, pietre pretiose e altre robbe di valore come statue di marmo s’intendino queste acquistate per la terza parte alla Reverenda Camera, per un'altra al nostro convento, e per l’altra alla Comunità che fa la spesa;

Terzo, che i sepolcri o statue di pietra come altresì medaglie antiche che dentro i medesimi sepolcri si ritrovassero( purchè non fussero d’oro o d’argento, opure che l’artificio del lavoro non superasse la materia e questa non fusse di metallo o d’altra materia pretiosa, e le medaglie non fussero in quantità considerabile che in tal caso pro re uguali portione si divida come sopra) siano della Communità e possino farli trasferire in Viterbo per ornamento del palazzo e città ;

Quarto, che nascendo alcune difficoltà in occasione di robba che in dette cave si ritrovasse si debba stare alla decisione dell’Eminentissimo Cardinal Vescovo di Viterbo e di Monsignor Illustrissimo Governatore;

Quinto, che per osservanza delle suddette cose il Convento obbliga tutti i suoi beni si come la Communità i suoi nella più ampla forma della R.C. con le solite clausule…" ( vol. 122 c.172- vedi bussi man).

Nel 1695, un catastrofico terremoto sconvolse l’Alto Lazio; furono distrutte Bagnoregio, Civita e molti paesi vicini.

Scrive il Torelli, nel 1725 :

" Fu anche poi sempre l’unico rifugio in simili occorrenze de terremoti questa miracolosa imagine: e a i nostri tempi, quando l’anno 1695 ne fu percossa, e quasi distrutta la città di Bagnorea, risentendosene anche Viterbo, e luoghi convicini, parve non vi tosse altra consolazione a i popoli maggiormente atterriti per non avere mai più sentito in queste parti simil flagello che il ritrovarsi sotto l’ombra di questa felicissima quercia mentre per più settimane vi fu un continuato concorso di gente innumerabile, anche di pubbliche e solenni processioni di penitenza, con cera e altre limosine delle città, terre e castelli di Viterbo, Montefiascone, Soriano, Canapina, Vetralla, Vitorchiano, Bagnaja, Marta, Celleno, S. Martino, Pian di Magognano, Castel di Piero, Civitella e altri...

Si segnalò però nella divozione a questa sua gran padrona la suddetta illustrissima città di Viterbo, poiché oltre le processioni particolari quasi quotidiane di più settimane, ne fece una solennissima di tutto il popolo, col clero secolare e regolare il 26 di detto mese [giugno 1695], con voto di continuarla per sette anni; se bene poi per la lontananza si commutasse e facesse dentro la città …" (tor.1725 p……)

Un testimone oculare in una relazione intitolata " Concorso nella chiesa della Madonna della Quercia di Viterbo in occasione del terremoto dell’anno l695 " ricorda:

" ..I popoli, che nell’anno 1467 numerosi di 40 e 50 mila persone il giorno, cominciarono a visitare questa sacra immagine della Madonna della Quercia per le miserie di quell’anno, e in particolare de terremoti de quali nella città di Siena furono numerati 160 ne mai cessarono finché non fecero voto di visitare questa miracolosa Vergine, allora senz’altra chiesa o fabrica che di quattro tavole che la ricoprivano con un altare appoggiato al tronco della Quercia, nella presente occasione del terremoto successo il di 11 giugno dell’ anno corrente 1695 un hora avanti il giorno di sabbato corsero subito a visitarla in tanto numero, che appena aperta la chiesa si vidde ripiena, piangendo e sospirando tutti, e mostrando non havere altro refugio che questa SS.a Vergine, ne cessarono per tutto il suddetto giorno di venirla a visitare a stuolo a stuolo da Viterbo, Vitorchiano, Bagnaia, S. Martino e da altri paesi tutti scalzi, e con gran contrittione. E molti signori viterbesi stimandosi più sicuri vicini alla medesima chiesa vollero pernottare per alcune notti sotto le baracche piantate nel prato vicino, benché con molto scomodo per esser lontane dalle loro case.

La domenica seguente fu più numeroso il concorso venendo anche processionalmente il popolo di S.Martino scalzo, e le zitelle con corone di spine in testa offerendo libre 18 di cera; e tra questo giorno e hieri fu creduto passare il numero di 3 mila persone.

Lunedì 13 detto venne in processione il popolo di Bagnaia parimente quasi tutti scalzi, e le zitelle similmente con corone di spine e un offerta di libre 12 i cera, venne anche una compagnia di Viterbo, alcuni Signori d'Orvieto e di altri paesi.

Martedì 14 detto una compagnia di Bagnaia con libre 6 di cera due compagnie di Viterbo con libre 6 di cera e tutti scalzi.

Mercoledì 15 detto due compagnie di Viterbo con libre 6 di cera una di Bagnaia con altrettanta cera e più sopra 400 zitelle scalze con corone di spine, e tutte vestite di bianco da Viterbo guidate da un Padre Carmelitano della congregatione di Mantova.

Giovedì 16 detto tutte le Zitelle di Bagnaia con sacco bianco e corone di spine e una compagnia di Viterbo con libre 3 di cera.

Venerdì 17 detto tutte le maritate di Bagnaia con sacco scalze. Due Compagnie di Viterbo con libre 6 di cera. Li padri cappuccini con buon numero di gente cantando le litanie de santi e la sera a due hore di notte altra processione di Viterbo.

Sabbato 18 detto tutte le vedove di Bagnaia con sacco nero e scalze. Due Compagnie di Viterbo con libre 6 di cera molti di Canapina et altri paesi con una processione di sopra 200 fanciulle di Viterbo vestite di bianco scalze e con corone di spine guidate da un padre del Carmine. In questo giorno e negli antecedenti, oltre le sudette compagnie e processioni ne fu sempre numeroso concorso d’ogni sorte di gente.

Domenica 19 detto venne una compagnia di Viterbo con libre 3 di cera, una compagnia di Viterchiano con molto popolo, la maggior parte scalzo con gran devotione con offerta di libre 20 di cera. In questa compagnia di Vitorchiano vi erano 16 penitenti con catene di ferro, e discipline a sangue de quali ne furono ancora negl’a1tri giorni da Viterbo e Bagnaia. In questa mattina vi fu anco in processione la terra di Soriano con circa 2.000 persone tutti scalzi, entrando in chiesa con le ginocchia per terra, e così strascinandosi girarono tutta la

cappella con gran devotione, e molti sospiri e pianti. Le zitelle erano tutte vestite di bianco con corone di spine in testa, e tra questi erano trentadue penitenti che si battevano si fortemente con discipline a sangue, che mossero a pietà tutto il popolo.

Offerirono alla Madonna 50 libre di cera. Dopo il vespro vennero anche in processione li padri zoccolanti con buon numero di huomini con molta devotione.

Lunedì 20 detto tutti li preti di Bagnaia con sacco scalzi in n° di 30 et una Compagnia di Viterbo con libre 3 di cera.

Martedì 21 detto molte donne di Viterbo e Bagnaia con il sacco, il che seguì anco ne i giorni antecedenti. e cessorno per la proibitione del signor Cardinale. Doppo il vespro due Compagnie di Viterbo con libre 6 di cera, et una processione di fanciulline con le loro maestre.

Mercoledì 22 detto nove zitelle scalze da S. Martino per commessione della signora principessa Panfilij con altra gente di diversi paesi.

Giovedì seguì il medesimo concorso, con una Compagnia di Viterbo che portò libre 3 di cera.

Venerdì 24 detto la terra di Canapina in n° di circa 1000 persone quasi tutte scalze, e le zitelle vestite di bianco con corone di spine, con 12 disciplinanti offerendo 12 scudi di cera. Venne anche una numerosa compagnia di Viterbo e Vitorchiano con la medesima devotione e libre 12 di cera. Vi fu anco alla messa il magistrato di Viterbo.

Sabato 25 seguì con gran concorso, si la mattina come anco la sera alle litanie.

Domenica 26 una congregatione di giovani di bagnaia col sacco con una muta di candele di una libra alla Madonna. Venne anco lo cittù di Montefiascone in processione con molta edificatione tutti scalzi, con 6 canonici parimente scalzi da due miglia in qua, con gran numero di zitelle tutte vestite di bianco. Due nipotini del signor Cardinal Barbarico, mandati dal medesimo con il signor Abbate Cornelli sacrista di quella cattedrale; il governatore

scalzo portava la croce della compagnia di S. Carlo offerirono libre 40 di cera e fra tutti dicesi che passassero il n° di 2.000. Nel medesmo giorno la città di Viterbo dopo haver fatto voto in consiglio publico, et approvato dal signor Cardinale di venire per 7 anni a visitare questa beatissima Vergine venne per la prima volta con processione solenne di tutto il clero secolare e regolare, e confraternita con il magistrato e gran numero di gente d’ogni conditione, dicendo tutti il rosario per ordine di Monsignor vicario.

Fermandosi in chiesa per mez’hora tra le litanie e sermone.

In questo giorno fu sì grande il concorso non solo de viterbesi e bagnaioli ma d’altri paesi anco lontani che secondo il giudizio de prudenti passarono il n° di 20.000 persone. Le confraternità di Viterbo di partironsi per il coro e chiostro, il resto della processione non sarebbe potuta entrare in chiesa se non fosse arrivato tardi che erano 23 hore e mezzo quando altri venuti avanti, che già alle 20 hore havevano piena la chiesa non fossero già partiti.

Lunedì e martedì 27 e 28 detto seguirono con competente concorso e al quanti forestieri.

Mercoledì 29 venne in processione con molta devotione scalzo e coronato di spine con offerta di 6 scudi di cera il popolo delle grotte di S.Stefano e dal piano di Magognano entrando in chiesa con le ginocchia per terra.

Dopo a questo entrò nel istesso modo il popolo di Costello di Piero 12 miglia da qui discosto con gran compuntione e lacrime portando 4 scudi di cera in ringratiamento alla B. Vergine perché con le case non bavevano anche persa la vita, essendogli stata salvata per la devotione del rosario, accreditata in detto luogo da un predicatore domenicano nella quaresima passata, non essendo restato altri sotto quelle rovine, benché tutti si trovassero a dormire nelle loro case, più che tre giovanetti. Vi furono anco in quella mattina molte famiglie principali di Montefiascone che non erano venute alla processione pubblica. Dopo il vespro vennero unitamente tutte le Compagnie di Bagnaia scalze, il clero con tutto il popolo che diceva il rosario. Offersono di nuovo 6 scudi di cera in rendimento di gratie. Vi erano tra essi alcuni disciplinati.

Giovedì 30 vennero alcuni di Celleno et altri paesi. Un canonico col signor Bisenzi e sua moglie da Montefiascone testificando che dopo che il popolo di essa città era venuto a visitare questa Vergine erano cessati in molti il terrore e la paura che in anzi fortemente li teneva abbattuti.

Venerdì 1 luglio venne un canonico con altri di Montefiascone e altri paesi.

Sabbato 2 detto vennero con processione solenne il popolo della terra di Celleno con tutti li suoi preti e convento di Zoccolanti riformati et entrarono scalzi con le ginocchia per terra, con lacrime e sospiri in tanta quantità che facevano rimbombare tutta la chiesa e benché il detto luogo sia quasi tutto rovinato nulla di meno offerirono 9 scudi di cera alla Madonna per gratitudine che gl’haveva salvato la vita non essendo perite più che 4 persone. Questa mattina s'aspettava lo terra di Marta, ma per esservi sopragiunti i missionari la sera manzi hanno differito la loro venuta dopo la raccolta. Nel qual tempo dicesi che verranno anco molti altri castelli e terre per rendere grazie a questa miracolosissima immagine a tutte le 50 predette processioni furono fatti sermoni e fervorini con gran zelo e spirito da diversi religiosi di questo convento, facendo risolvere tutti in lacrime e pianti, e chiedere pietà e misericordia al crocefisso et alla sua Santa Madre quale in questa occasione è stata sempre scoperta con numero competente di lumi. In questa occasione Monsignor Vicario ha lasciato li casi riservati alli confessori di questa chiesa che sono stati al confessionario ogni giorno sino a 7 et 5 hore continue e questi non essendo sufficienti è stato necessario che Monsignor Vicario babbi dato la facoltà di confessare a tutti li confessori d’altre diocesi che venivano con i popoli. " ( Bibl. Com. Vit…………..)

I viterbesi fecero voto di offrire alla Madonna, se fossero stati liberati dal terremotoun paramento sacro che poi, ricevuto il miracolo, portarono processionalmente nel secondo giorno di Pasqua del 1697 e vollero che su di esso fosse ricamato lo stemma della città . (sign.p.112 vol III p.2) (vol.355 c.181- 67) (vol.356 c. 2) ( vol. 122 c.195)( vol. 115 c.192)(vol.118 c.130)

" …Si fa anche menzione, come l’anno 1695 avendo le galere del Papa nel mare di Civitavecchia combattuto e preso un vascello Algerino con 180 turchi, venti schiavi cristiani, vent’otto cannoni, e trenta petrieri, il signor Cavalier Antonio Domenico Bussi Comandante della prima galera, per l’assistenza speciale di questa gloriosa Vergine sperimentata in questo fatto , portò di persona lo Stendardo grande di esso vascello, che con canto del Te Deum fu appeso in questa chiesa…" ( tor.p.248 – bussi….)

Nel Giugno del 1696 nasceva a Bagnaia suor Maria Colomba . I suoi genitori furono Antonio Tondi e Caterina Moltoni.

"… Era suo diletto trattenersi per lunghe ore nella non lontana Chiesa della Madonna della Quercia , in compagnia di un’anziana e prudente terziaria di S. Domenico, dalla quale , unitamente a ottimi consigli, aveva ricevuto un duro cilizio di ferro per fare penitenza…

…Là nel Santuario della Madonna della Quercia, ove era solita passare lunghe ore del giorno aveva ricevuto molti e preziosi favori spirituali; si era sentita illuminata e chiamata dalla Vergine Santissima a vestire l'abito di San Domenico…"(p.V.L.Novaro Vita della Ven. Serva di Dio Suor Maria Colomba p.5 e segg.)

Fu costruita, nel 1698 , la cappella di Santa Caterina da Siena al posto di quella di Vittorio e Vincenzo Petrucci da Vallerano e sul suo altare fu posto il quadro dello Sposalizio Mistico della santa con Gesù, opera di Giovan Bonaventura Borghesi da Città di Castello, discepolo di Pietro da Cortona; la pittura fu donata alla chiesa da fra Paolo Ottaviani, figlio del convento della Quercia, allora inquisitore a Perugia.( vol. 356 c. 3v)

A lato della cappella furono posti due quadri, uno di S. Vincenzo Ferreri e l’altro di S. Vittorio Martire, ambedue realizzati da Antonio Palma( vol.356 c.4) (vol.115 c.198v)(vol.188 c.142v)

Il cardinal Mellini, vescovo di Nepi , il 15 giugno del 1698, fu ospitato nel convento della Quercia insieme ad un suo nipote e la famiglia di questo; la mattina seguente celebrò all’altare della Vergine.

Era venuto a rendere grazie alla Madonna per essere stato salvato dalla morte quando, vescovo d’Orvieto,gli cadde un fulmine davanti ai piedi; seppur tramortito si salvò. Successivamente, già vescovo a Nepi, fu colpito da malattia mortale , ma, raccomandandosi alla Madonna della Quercia fu salvo.

In ringraziamento lasciò una pianeta di lama d’argento tutta ricamata d’oro e seta , con la sua arme. (vol.356 c.4)

" …A di 20 gennaio 1698.

Radunatosi il Consiglio si diede facoltà alla Communità di Viterbo et in suo nome al sagrestano di poter cavare l’antichità di Toscana nelle grotte dette del Gigante tra Vallegambara e strada di Vitorchiano per un anno con le conditioni già fatte per la cava dell’istesse antichità nella nostra tenuta della Cipollara….. e specialmente si determinò che non si potessero trasportar statue o pietre se non per ornamento del Palazzo Pubblico, che delle medaglie et altri metalli riguardevoli per la materia, antichità e quantità debba il convento haverne la sua parte…" ( vol.- 122 c.204 – bussi man)

Fu restaurato tutto l’organo da Emilio de Angelis, abitante a Civitacastellana; furono accomodate molte canne fuori posto e risistemato il mantice .

L’organaro si impegnò a tener pulito e accordato lo strumento per due scudi l’anno; poi nel 1699, per sistemarlo definitivamente, fu smontato e gli furono rifatte molte canne ,in particolare " un rosignolo et altri ucelli " (vol 356. C.8)

Il padre sacrestano maggiore di quel tempo mise: " …dentro al reliquario d’argento dove sta il berrettino del B. Pio Quinto una cassettina siggillata con il sigillo del vescovo di Viterbo dove sono delle vesti e ceneri del detto Beato, con la sua autentica, che sta dentro del medesimo reliquiario dietro al berrettino, questa la donò il P. Rev.mo Generale F. Antonino Cloche…" ( vol.356 c.8)

Nel 1699 lo scultore Bancone fu incaricato di rifare due, delle 13 statue che si erano rotte( vol.356 c. 7v); Guido Reni, nipote dell’omonimo grande pittore bolognese, fu incaricato di restaurare il quadro di S. Carlo, particolarmente rovinato.(vol 356 c. 6)

Nello stesso anno fu ristrutturata una parte del convento, sistemando le due scalinate che portavano ai piani superiori; quella tra i due chiostri, oggi chiamata scala di Giacobbe, fu rinnovata completamente sia nei gradini come nella volta che fu alzata notevolmente.

L’altra che dal dormitorio scendeva verso il refettorio , fu rifatta per intero; vi furono aperte delle finestre per dare luce all’interno, si alzò la volta ed in mezzo , tra la scalinata che portava al refettorio e quella che portava in chiesa, fu costruita una nicchia dove fu posta l’antica statua di S. Caterina (vol.115 c.206 ), ormai tolta da uno dei vecchi altari della chiesa, a lei dedicato. (vol.116 c.48 )( vol.113 c.9v) (vol.118 c.109) ( pinzi p.84)

Sullo stipite della porta superiore della prima scalinata, nella faccia in basso , è scolpita la seguente iscrizione: ANN – IUBIL - 1700 – KL - FEBR

 

 

 

 

Capitolo VIII

Il Secolo XVIII

 

"… Ricordo come la notte seguente al giorno Santissimo di Natale 25 dicembre del sudetto anno 1700, che fu assai cattiva per le piogie, nevi e folte nebie, ma assai più cattiva et infausta per l’esecrando furto successo in questa chiesa, e sacrilego spogliamento fatto a questa miracolosissima Imagine delli suoi ornamenti, et entrorno i ladri dalla strada di Bagnaia per l’orto del Noviziato con scale levate in alcuni oliveti verso Bagnaia, e dal detto orto per la Cappella del Crocifisso con haver levato le ramata, rotta l’invetriata, e levate le bacchette di ferro benchè ben ingessate al muro, con una vite scesero in chiesa i primi, che poi per più commodo degli altri si servirno d’una scala che stava in chiesa che si trovò appoggiata alla detta finestra; sforzorno la porticella della santa Cappella, nella quale entrati e deposta in terra la cornice d’argento col cristallo che cuopre la Santa Imagine, spogliorno con empietà inaudita la medesima Santa Imagine et il suo Santissimo Figlio con levarli le corone di testa già donateli dal Eminentissimo Prencipe Pamfilij di valsuta di scudi 3000 , li vezzi dal collo, et altri gioielli e gioie di gran valore, levorno anche dentro la detta Cappella due altre corone d’oro che erano fuori del cristallo, con altri ori, argenti , collane et.

Fuori della Cappella sopra l’altare levorno sei bellissimi candelieri d’argento con sei vasi parimenti d’argento di peso in tutto di circa ottanta libre, due Angeli d’argento di getto alti tre palmi fatti fare dal padre maestro Buratti figlio di questo Convento Penitentiere di Santa Maria Maggiore e li due torcieri grandi parimenti d’argento già donati dal Eminentissimo Mont’Alto.

Si crede che havrebbero levato anche le lampadi paliotto e porticelle dalla finestra della Santa Cappella con altri argenti che stavano sopra il medesimo altare anche senza catena, se havessero hauto tempo, ma la Beatissima Vergine non permise tanto: poiché dovendo il Converso, per il disagio patito da Religiosi la notte antecedente sonare il mattino a hore 12, sonò a hore 11, che per quel tempo sono tre hore avanti il giorno, et all’hora si puol vedere che fugissero i ladri, lasciando in Chiesa le cornucopie che tenevano li sudetti angeli con haver ad una di esse levato la conchetta d’argento, lasciando anche le viti de torcieri col palo di ferro d’uno di essi, e l’altro palo assieme con la conca d’argetto attaccata fu ritrovato nell’orto del Novitiato vicino al muro della strada, dove anco lasciorno li piedistalli di detti Angeli di rame indorato.

Et perché il mattutino doveva dirsi in corino e dalla notte antecedente erano restate le stipole e libri in coro grande, il Converso Sagrestano con due novitij pigliate le chiavi della chiesa dal padre Soppriore andorno in Chiesa, e accortisi dell’esecrando misfatto con haver trovato la lampada del santissimo smorzata, la porticella della madonna aperta e l’Altare spogliato, corsero spaventati e piangenti a darne parte agli altri che stavano dicendo l’offitio dela Madonna in dormitorio, e veduto da tutti il caso deplorabile aggravato dallo strapazzo usato alla Sacrata Imagine restorno talmente smarriti e confusi che a pena venne in mente al padre Sindico di mandar ad avvisarne Monsignor Governatore e Monsignor Vicario, e Barigello, conforme con ogni sollecitudine fu fatto e prima del giorno passorno cavalcate de Sbirri per Soriano e Vitorchiano, spedì anche il detto padre Sindico in detto tempo li garzoni del Convento a Canapina, il di cui Podestà fece subito battere il tamburo con ordine alli soldati di girare per la campagna, a Ronciglione e Montefiascone, dove anche da quelli Governatori furno fatte diligenze per rinvenire il furto e ladri, venne poi per tempo Monsignor Spinola Governatore e Monsignor Vicario Generale con li loro ministri e fatta la ricognitione giuridica come sopra, fecero fare anche molte diligenze dalli sbirri , soldati di Viterbo e Bagnaia per quei contorni; ma non fu possibile un minimo inditio aggiungendosi la molteplicità de passagieri e forastieri da quali erano piene tutte le strade, in occasione dell’anno Santo;

fu anche la medesima mattina che era giorno di Domenica dal suddetto padre Sindico scritto in Fiorenza per l’Estraordinario di Milano a Persona che parlasse a quel Serenissimo Gran Duca, come il martedì seguente riceuta la lettera fu fatto, et il detto Principe come assai pio e devoto di questa Beatissima Vergine sentì gran dolore del sacrilego furto et il medesimo giorno ordinò si facessero premurose diligenze per Fiorenza, Livorno, Pisa, Siena e per tutto il suo Stato.

Tornati li suddetti garzoni dalli suddetti luoghi la medesima sera furno spediti uno a Toscanella, Corneto e Civitavecchia, l’altro a Valentano, Pitigliano e Orbetello, e l’altro all’Aquila e confini del Regno e per tutto da quei Presidenti a quali fu scritto, furno ordinate gran diligenze, e fra tutti si segnalò nella pietà e devotione verso questa santissima Imagine Don Biagio Gioseppe de Teneda d’Orbetello, che non solo immediatamente fece pigliare tutti i posti col mandar fuori le soldatesche, e tutti li sbirri di quella piazza, e spedì ordine che facessero il medesimo alli Governatori di Port’Ercole, Talamone e tutte le giurisdittioni di Spagna nelle riviere di Toscana, ma di più fece pubblicare e affigere rigoroso bando sotto pena della vita a chi dasse ricetto a persone che portassero ori, argenti, gioie di qualsiasi sorte e non le rivelassero, et all’incontro promise il premio di scudi cento a chi rivelasse e dasse inditio de ladri…"( vol.115 c.207v)

Il clamore del furto fu enorme e ,in un primo momento , vennero accusati alcuni frati che furono imprigionati all’interno del convento e costretti a non lasciare la Quercia.(vol.115 c.209v )

Tutte le ricerche, però, furono inutili e gli autori del furto non furono mai scoperti.

Ad impressionare ancor di più la gente contribuirono le scosse di terremoto che nel 1703 colpì L’Aquila , Norcia, Spoleto Rieti e i loro territori.(vol.115 c.209 )

Non si fermarono però i pellegrinaggi e ancora più numerosi furono i fedeli che vennero a ringraziare la Vergine santissima per grazie da Lei ricevute.

Nel 1701 il Cardinal Andrea Santacroce, per la rinuncia fatta dal cardinal Sacchetti, " … si portò… al possesso della sua Chiesa , ma prima ad imitazione de’ suoi predecessori si portò in questo santuario per implorare l’assistenza della Santissima Vergine, e dalla chiesa trattenutosi alquanto in convento, ove riceuti gl’ambasciatori della Città et indi a poco il magistrato,gentil'’uomini e dottori della medesima, con essi sceso in chiesa sotto un nobil trono eli fu recitata un erudita oratione dal p. baccelliere del convento f. Antonino Camarda, quale terminata con gusto di Sua Eminenza e applauso di tutti s'avviò al possesso della sua Cattedrale accompagnato in carrozza da detto magistrato, da cavalcata de’ gentilhuomini e dottori, e da una compagnia di corazze sino all’Ellera ove suol principiare la processione solenne…" ( vol.115 c.210)

Essendo il figlio e la figlia guariti da una malattia mortale, il duca e la duchessa Salviati lasciarono 100 scudi, con i quali furono acquistate delle lampade d’argento; vennero a ringraziare la Madonna anche il Principe Rospigliosi, accompagnato da tutta la famiglia, Giacomo Antonio Pelosi, sottoauditore del Torrione di Bologna che lasciò un ex voto d’oro e d’argento, il palafreniere di Sua Santità Antonio Pacini, che donò " tre canne di damasco cremisi" con cui furono fatte 2 pianete, il marchese fiorentino Francesco Riccardi, che lasciò in rendimento di grazie 18 canne di " damasco cremisi" con il quale si arredò tutta la cappellina della Madonna.

La signora Orazia Baldozzi, alla sua morte, lasciò alla chiesa della Quercia una collana " con 54 perle grosse e belle" del valore di 100 scudi ( vol.356 c. 11-14-16v)

Anche se ancora sotto choc per il furto e per le successive indagini che li avevano coinvolti, i frati continuavano la loro vita conventuale fatta spesso di piccole cose ; decisero così di fare di nuovo " …la pergola del moscatello nell’orto verso la stalla, e fu rifatta con buona parte di legname nuovo la pergola grande della detta stalla sino alla forma che sparte la vigna dall’oliveto e… parimente fatta di nuovo la pergola del ponticello sino alla croce…" ( vol.115 c.212) e poi , nel 1704, di rinnovare la scalinata della chiesa e " …vi furono poste alla fine di essa otto colonne nuove per riparo di detta scalinata dalle carrozze…" . (vol.356 c.17 )

Un lascito di 1000 scudi da parte del duca Orsini, convinse il priore fra Tommaso Pazzaglia ed il consiglio dei padri domenicani della Quercia ad investirli per acquistare qualche nuovo corredo per la chiesa; si decise di far costruire da Monsù Gottifredo , argentiere romano, due grandi torcieri da porre di fronte all’altare della Vergine. (vol.356 c.18v )( vol.115 c.214)

Non contenti di tutto ciò, i frati , anche per scrollarsi di dosso il sospetto infamante di essere complici dei ladri, vollero far realizzare dallo stesso argentiere due corone d’oro e pietre preziose, per la Vergine ed il Bambino e decisero di fare una grande festa per apporre le corone sulle Loro teste.(vol.356 c.19 )

L’incoronazione avvenne il 30 maggio del 1706 (vol.356 c.20 ); fu un avvenimento straordinario e vi parteciparono una gran numero di persone tanto che della festa fu stampata una relazione da cui stralciamo alcuni passi significativi.

"… La mattina della Domenica [ 30 maggio] si vidde un popolo innumerabile, piena era la chiesa, pieni i chiostri, piena la piazza, pieni i campi circonvicini.

Tuttte le strade che terminano a questa Santa Quercia erano piene e particolarmente lo stradone lungo un miglio e più che dalla città per linea retta quasi tutto arborato viene a finire in questa chiesa era sì affollato di popolo che difficilmente una persona attraversar potuto l’avrebbe.

Tutte le chiese de Regolari , che non sono poche in questa capitale del Patrimonio, e tutte le cure erano si affollate che diedero molto da faticare alli padri Confessori.

In questa sola della Quercia furono quasi sempre assistenti dall’alba del mattino fino a mezzogiorno passato 45 confessori, et in alcune hore arrivarono a 50… Quattro erano li padri che comunicavano in diversi Altari: onde si fa conto, che in quella sola mattina in questa sola chiesa della Quercia passassero il numero di ventimila persone che si sagramentarono…" ( Incoronaz. Mad. Querc. Inserto centrale) (lincei-roma)

"…Riuscì la festa suddetta con tutta pace quiete grandezza e splendore e con universale gradimento di tutti i religiosi e divoti che v’intervennero ancho da lontani paesi in numero infinito.

Non vi fu in tanta gran buglia di popolo alcun inconveniente; non vi nacque alcun disordine, cominciò e terminò il tutto con universale et indicibile gradimento.

Durò la festa tre giorni continui, non compresovi il primo vespro et ogni giorno mattina e sera vi fu famosa musica di tutti i musici forastieri et istrumenti musicali di musici e sonatori principali di Roma.

Tanto i musici quanto i sonatori festaroli si contentarono di una paga e recognitione modesta e non pretesero d’esser pagati a rigore servivono di genio e per devotione e partirono tutti soddisfattissimi.

Oltre i musici chiamati da Roma altri vi intervennero e da Roma e da altre città a cantare e sonare gratis.

In somma se si fosse dovuta pagare tutta la musica a rigore fu stimato che non sarebbero stati sufficienti scudi 300 dove che non si spesero per essa compreso il tutto più di scudi 147.

La festa consistè nel interno della chiesa e nel esterno della facciata e piazza essendovi concorsi i signori mercanti con fare giostre e palij.

I signori viterbesi non concorsero in cosa alcuna , quantunque promettessero di volere fare diversi archi trionfali per la strada, solenne processione e nobile cavalcata:

Mancarono però in tutto anzi di più, dieci giorni prima della festa scrissero da quattrocento lettere circolari spedite in diverse città per trattenere i popoli devoti che di già erano preparati per intervenirvi.

Significarono in esse che qui non si faceva altrimente festa estraordinaria a tenore dei precorsi inviti stampati; che non vi sarebbe stato nè apparato nè musica singolare ma sarebbe stata una fratata onde non compiva muoversi con incomodo e dispendio per vederla.

Le dette lettere furono portate dai medesimi musici venuti da Roma.

Le confessarono nel detto tenore altri forestieri intervenuti da diverse città. Le confermorno infine l’istessi cittadini viterbesi.

Furono causa che si divertissero molti nobili di diverse città da intraprendere il loro ideato viaggio; con tutto ciò vi concorse popolo infinito con piena soddisfatione restando molto scandalizzati dei signori viterbesi che discreditarono preventivamente una festa non veduta simile ancho in cospicue città…" ( vol 356 c.19t) (vol.115 c.214v e segg.)

Nei mesi successivi alla festa arrivarono in visita al Santuario numerosi ed importanti personaggi di Roma e del Lazio tra cui il marchese Nari con la moglie , la principessa Rospigliosi, il principe Augusto Chigi ;offrirono alla Vergine molti doni, belli e preziosi .( vol.356 c.20v-21-21v)

Ad Innocenzo XII successe Clemente XI , anch’esso molto devoto della Madonna della Quercia. Nel 1701 il 14 gennaio , aveva inviato un breve in cui concedeva indulgenza plenaria a chi, confessato e comunicato, avesse pregato davanti all’altare della Vergine , per la pace tra i principi cristiani. Così pure , con un breve spedito il 24 marzo 1705 aveva cocesso indulgenza plenaria " in fera VI post dominicam Passionis" a chi, con le solite condizioni, avesse pregato sempre per la pace tra i principi cristiani e contro le eresie, indulgenza da potersi applicare anche alle anime dei defunti. Aveva concesso, con breve del 27 aprile 1706, ancora indulgenza plenaria nella festa dell’Incoronazione della Madonna . (relazione festa incoronazione inserto 1984)( vol.358 c.21))

In uno dei manoscritti dell’archivio, nel 1710, ritroviamo altre notizie interessanti: riguardano la processione del Corpus Domini e , per la prima volta, si parla della relativa infiorata effettuata all’interno della chiesa.

Questa tradizione, che poi coinvolse alcune vie del piccolo borgo, è tutt’ora viva alla Quercia.(vol. 355 c.208v-) (vol. 358 c. 41-44v-47-48) (vol. 356 c. 63-73) (vol.364 c.117-129-145v)

Da Lucca, fra Felice, converso domenicano, mandò un bambinello in terracotta da usare nella processione del Nome Santissimo di Gesù (vol.356 c.21v)

Nel 1714 , il padre generale dell’ordine Domenicano invitò un frate del suo stesso ordine, padre Jean Baptiste Labat, architetto , alla Quercia " …per porre fine alle controversie che c’erano tra i religiosi della Madonna della Quercia, di cui alcuni volevano intraprendere una grande costruzione , che pretendevano essere necessaria al loro Convento, ed altri vi si opponevano ritenendola del tutto inutile…" ( da inserto bibliot. E soc.).

Fra Battista, esaminata la situazione , convinse il Generale, che era giunto alla Quercia per esaminare il progetto, di soprassedere alle nuove fabbriche che tuttavia furono realizzate un anno dopo ed interessarono ancora una volta la scalinata , tra i due chiostri, che portava dal piano terra al primo piano e quella che dal refettorio conduceva ai piani superiori.(vol.122 c.274 )

Lo stesso frate architetto, che era stato per dodici anni in America nelle isole francesi e poi rientrato in Europa aveva fatto numerosi viaggi , raccontati in una pubblicazione, dove scrive anche del suo viaggio alla Quercia:

"… vedemmo il bel viale di alberi che conduce al Convento della Quercia. Questo viale ha un miglio di lunghezza, ma la strada è bella, ben mantenuta e ben battuta come deve essere quella che conduce alla più grande devozione della zona .

Il cortile che è davanti a questo celebre luogo è formato dalle botteghe occupate nel tempo delle fiere da Mercanti d’ogni specie, che vi si recano da tutti gli Stati del Papa e del Granduca e che vi fanno un commercio assai considerevole.Queste case sono disabitate per tutto il resto dell’anno.

Arrivammo alla porta del Convento dove suonammo e bussammo per più di un quarto d’ora prima che si sognassero di venirci ad aprire; qualcuno venne infine. Il portiere, che era stato obbligato a lasciare la sua cena, brontolò perché venivo ed un’ora indebita e si raddolcì quando ebbi declinato il mio nome e seppe che era per ordine espresso del Generale che io venivo…

Questa chiesa è grande e molto bella. La navata centrale è affiancata da due laterali separate da colonne di pietra dura molto ben lavorate. Le arcate sono a tutto sesto e portano un architrave, un fregio e una cornice con tutti gli ornamenti che vi si possono mettere senza confusione. La navata centrale e le laterali sono a volta e le cappelle dei due lati sono belle e ornate da pale e pitture di buon gusto. Il coro dove i religiosi fanno l’Ufficio si trova dietro la Cappella che chiude la Quercia dove fu trovata la Santa Immagine. L’albero oggi è secco e la devozione dei pellegrini, tagliandolo, l’ha maltrattato. Oggi si conserva il tronco con maggior cura e , se se ne dà a qualcuno , è una piccola quantità…

C’è un gran numero di confessori in questa chiesa , con il potere di assolvere da tutti i casi riservati. E’ infatti una regola generale che tutti coloro che vengono qui si confessino e ricevano la Santa Comunione, e il numero dei pellegrini è talvolta così grande che bisogna chiamare dei Confessori da fuori per aiutare quelli che abitualmente vi risiedono e che sono spesso obbligati a passare la notte nella chiesa per il loro ministero.

Una cosa che danneggia molto questa chiesa è una tribuna costruita al di sopra della prima Cappella che copriva l’albero, tra i rami del quale si trovò l’Immagine della Santa Vergine.

Questa tribuna serve da piccolo coro ai religiosi per gli Uffici della notte e i piccoli Uffici del giorno. Per loro è comoda perché è perfettamente a livello del loro dormitorio ma provoca un effetto volgare. Impedisce che si veda tutta la lunghezza della chiesa, cioè il loro grande Coro, che è dietro la cappella della Vergine…

…La chiesa è piena di voti di quelli che hanno ricevuto delle grazie particolari per l’intercessione della Santa Vergine. Non si contenta di rappresentarli in piccoli quadri, come quasi da tutte le parti; si vedono dovunque delle figure di cartapesta grandi al naturale, che rappresentano coloro che hanno ricevuto grazie singolari. Voti di questo tipo li ho visti soltanto in questo luogo e nella chiesa dell’Annunziata a Firenze…

…Il Convento della Quercia è grande e non è stato costruito tutto in una volta…C’è sempre Noviziato e Studio e un gran numero di Confessori. In ogni tempo c’è una comunità di più di 60 religiosi, è ricco, l’acqua non vi manca, i chiostri e i cortili, gli uffici e i giardini hanno fontane e getti d’acqua…" ( bibl.soc. inserto)

Nell’ottobre del 1714 il sacrestano maggiore, fra Angelo Maria Crispolti, levò il cristallo che proteggeva l’Immagina della Vergine e dopo aver spolverato la tegola pose per ornamento della Madonna " l’infrascritte gioie… cioè un vezzo di granate,un vezzo di granate con li bottoncini di foglietta d’oro, un mezzo vezzo di perle piccole, un cuore piccolo d’argento da chiudersi, un cuore grande di filigrana d’argento con S. Liborio da una parte, una medaglia grande di filigrana d’argento fatta a cuore, dorata in mezzo e con la Scala Santa da una parte, una medaglia piccola di filigrana d’argento donata dal p. Stefano d’ungheria de’ Predicatori l’anno 1710, una medaglia similmente piccola di filigrana d’argento donata dal p. Domenico di Littuania" ( vol. ……………..)

Furono sistemati i dormitori dei novizi, sopra il refettorio, e per loro venne anche costruita una cappellina ; sull’altare vi fu posto un quadro in cui era rappresentato l’Angelo custode( vol.115 c.224v )

I pellegrini continuarono ad arrivare al Santuario e, spesso, tra loro arrivavano personaggi illustri.

E’ il caso dell’Ambasciatore di Malta, di quello di Venezia, di quello di Francia, e di numerosi cardinali e nobili del tempo: il Cavaliere di Santo Stefano Ignazio Wirt di Rudent, comandante delle Guardie Svizzere, il marchese della Barzena, comandante delle truppe spagnole che ebbe anche una grazia dalla Madonna, la principessa inglese Nedesdal, Beatrice Capece, duchessa di Gildone,il conte Ginnasi,il principe Chigi, i signori Cenci, il principe Contestabile Colonna che con il figlio Fabrizio, guarito per intercessione della Vergine da malattia mortale, portò un ex voto d’argento, la duchessa di Fiano Colonna Ottoboni con il marito Di Marco Ottoboni, che offrirono una pianeta di raso bianco con al centro lo stemma della due case Ottoboni e Colonna .( vol.356 c.22 e seg.)

Fra Giovanni Antonio Orsucci, fratello del Beato Angelo, martire in Giappone, regalò alla chiesa della Quercia " un’ombrella di damasco bianco trinata di seta e color d’oro e foderata di taffetà bianco" per accompagnare il Santissimo Sacramento ; il Generale dell’Ordine, padre Antonio Cloche, mandò due candelieri d’argento offerti alla Madonna della Quercia da un devoto di Bari e altri due candelieri furono offerti dalla signora Anna Maria, vedova del viterbese Liberato Liberati, figlia del capitano Albinio Stabile da Visse (vol.356 da c. 22 a 30 ).

Molte furono anche le Compagnie che si fermavano alla Quercia mentre andavano a Roma per partecipare al Giubileo. ( vol 359 c.3v)( vol. 191 c.40)

Il pittore viterbese Antonio Palma, nel 1717, pitturò la facciata del dormitorio posta sopra le porte "…per andare nella libreria e nel corino…". (vol. 190 c. 159v-165)

Tra il 1720 e il 1725 venne restaurata e rinnovata tutta la sacrestia ( vol 122.c.295v) (vol. 190 c.285v ) ,fu fatto il nuovo pulpito in chiesa, con il suo crocefisso intagliato, pulpito che fino allora era " portatile" (vol. 190 c.262 )( vol. 191 c.228 – 277 e seg.) e l’altare di S. Vincenzo Ferreri dove fu posto un quadro del santo pitturato dal pittore viterbese Giovan Maria Mari . ( santa sab. vol XI9400 c.241) ( vol.122 c.295-295v)

Il padre priore , fra Niccolò Maria Torelli, introdusse l’uso di far recitare il santo rosario da tutti i religiosi, nel coro della chiesa , dopo compieta, insieme a tutto il popolo, oltre che le domeniche, nei giorni di martedì e giovedì .( santa sab. vol XI9400 c.241t)

" …Ricordo come il 5 del mese di luglio dell’anno 1721 a hore 17 cadde in questo nostro convento un fulmine che divisosi in due uno penetrò il colmareccio del tetto quasi nel mezzo del dormitorio grande e serpendo per un mezzo cavallo sino al cornicione, et traforata la muraglia sino all’architrave della finestra della quarta camera doppo la priorale, scheggiò il telaro dell’invetriata e con una scheggia percosse in un braccio il p. Andrea Pisara non più di tre braccia lontano dalla finestra facendolo cadere in terra; indi di nuovo per la muraglia passò al pulpito del refettorio e per la scaletta fatti più pertusi girò et si perdè in detto refettorio.

L’altro trapassata per mezzo l’altezza del muro del finestrone grande uscì dall’architrave del medesimo e rovinata l’invetriata e telari percosse il padre lettore fra Arcangelo Spinetti che con il padre Deodato Mancini stava ivi dicendo l’offitio e ci brugiò nelle spalle il cappuccio scapulare tonaca tonacello o camiscia e dalle spalle scorrendo a piedi li brugiò una scarpa e calzetta nel calcagno, indi risalendo dalla parte davanti li brugiò la calzetta nella legatura, li calzoni con la camicia sino al petto lasciandolo con la spalla abrugiata, caduto in terra come morto, si con il padre Mancini suddetto restò in terra con qualche dolore di nervi alle gambe; et il fulmine penetrando di nuovo la muraglia da basso sino al finestrone del refettorio sconnesso l’ultimo ferro della ferrata si perdè.

Al trono e scocco improviso di detti fulmini invocorno i religiosi la Santissima Vergine, et accorsi i novizi a cantar le litanie all’altare della medesima, e gl’altri in aiuto delli sopradetti offesi , fu sollecitamente a tutti tre cavato il sangue, et il padre Pisari non hebbe altro male, si come il padre Mancini doppo pochi giorni restò affatto libero nelle gambe; et il padre Spinetti medicato della scottatura in più parti del corpo, et attratione dal dolore de nervi alle gambe, dopo poche settimane si trovò parimenti libero per gratia singolare della Madonna santissima, come da tutti fu riconosciuto anche dall’illustrissimo Monsignor Vescovo, dall’illustrissimo Monsignor Governatore e dall’eccellentissimo signore Don Girolamo Panfili principe di San Martino che vennero a vedere e sentire quanto di sopra si è detto, dovendo particolarmente il suddetto padre Spinetti se non affatto brugiato o morto, rimaner almeno stroppiato e però il suddetto padre priore [ p. Torelli] ne cantò solennemente la messa " pro gratiarum actione " all’altare della miracolosa Immagine della nostra protettrice Maria con il " Te Deus laudamus".( santa sab. vol XI9400 c.242)

Nel medesimo tempo , essendo stati molti giorni continui piovosi con danno irreparabile della raccolta, mentre non solo non si poteva carrucolare, tritare e finire di mietere, ma il grano morriva e nasceva nelle spighe, gregne e accoltare e però in Viterbo c’erano esposte le Sagre Reliquie scoperte le miracolose Imagini, fatte processioni et altri esercitij di divotione: ma non cessando la piogia il suddetto padre priore nel giorno di lunedì 7 del detto mese di luglio , considerando il pericolo di perdere il tutto, risolvè così ispirato scoprir la Madonna et invitare il popolo per la mattina seguente e altri giorni della settimana a tutto il sabbato a sentire il sermone, a recitare il rosario, alla messa cantata solennemente et alle litanie, il che fatto con gran divotione, e concorso e assistenza di tutti i religiosi l’istesso giorno di martedì s’accomodò il tempo dando campo di fare comodamente le faccende di campagna con universale consolatione e però il futuro sabbato 19 di detto mese se ne cantò altra messa solenne in rendimento di gratie." .( santa sab. vol XI9400 c.242t)

Nel 1725, padre Niccolò Maria Torelli fece stampare, in Venezia, un volume scritto da lui, sui miracoli della Madonna; alcuni anni prima, aveva compilato, per l’Ordine, una breve ma precisa storia sul Santuario ed il Convento che rimase manoscritta, come pure rimase manoscritto il lavoro di fra Giovan Antonio Manelli, scritto nel 1711, dal quale il Torelli prese molte notizie. ( santa Sabina )

Anche Benedetto XIII, domenicano, fu molto devoto della Vergine santissima della Quercia.

Aveva concesso, il 20 febbraio 1726, indulgenza plenaria perpetua ai sette altari della chiesa e non appena gli si offrì l’occasione venne a renderLe omaggio.

Infatti, giunto a Viterbo il 9 novembre dell’anno successivo, consacrò, nella chiesa della Madonna della Quercia, l’Arcivescovo di Colonia, grande elettore tedesco, Clemente Augusto Maria,duca di Vestfalia, il quale dopo la funzione religiosa lasciò Madonna della Quercia la pianeta e le tonacelle.

"…Fu una cerimonia imponente, alla quale parteciparono numerosi cardinali, vescovi e principi… La mattina del dì 9, che sarà un giorno perpetuamente glorioso per la Città di Viterbo per esser Ella stata il Teatro di una Funzione di tanto strepito, nel celebre tempio di NOSTRA DONNA detta della QUERCIA, un miglio lungi dalla Città, ov'è un altro gran Convento de’Padri Domenicani, seguì la solenne Consacrazione dell'Altezza Sua Elettorale di cui non fassene minuta descrizione, essendo già a ciascheduno notissime le Cerimonie, che in sì fatte Consacrazioni sogliono praticarsi; onde è, che solo se ne accennano le cose più rimarcabili. Per tal' effetto adunque gli Eccellentissimi Signori Conservadori di Viterbo che nel presente Trimestre sono i Signori Lodovico Veltri, Cesare Pio Brugiotti Francesco Zagaroli , e Niccola Bonelli , vestiti tutti di Rubboni di Oro , portaronsi prima d'ogni altro , al suddetto Convento della Quercia con numerosissimo seguito di Carrozze, e Nobiltà , con Ombrella Fiocchi d' Oro, e Mazza di Argento , ove ( oltre molti Prelati , e Cavalieri , che ivi si ritrovavano ) insieme con Monsignor Illustrissimo Governatore, che con Nobilissimo Treno erasi parimente colà trasferito, ricevettero alla Porta di detto Convento la Santità di Nostro Signore , che servirono fin dentro la Sagrestia, andando detti Signori Conservadori immediatamente avanti la Croce Pontificia; di donde da uno de' Maestri delle Cerimonie della Cappella Papale essendo stati introdotti nella Chiesa , furono dal medesimo accompagnati al Soglio , ed ivi lasciati a i gradini dello stesso, ove poi sedettero tutto il tempo della Funzione , siccome appunto in Roma siedono in simili Cappelle i Conservadori di quell'Alma Città, avendo i medesimi dato a lavare le Mani alla Santità Sua, e fatto tutto il di più, che suol anche farsi da Quelli.

Dopo ciò comparve nella Chiesa il Sommo Pontefice in questa maniera: Precedeva la Croce nel mezzo di due Accoliti ; indi gli Alunni di questo Seminario ; presso di loro diversi Cappellani; dopo il Reverendissimo Capitolo della Cattedrale in Abito Sacro, e ciascun Canonico colla Mitra in testa di tela bianca, poi Sua Altezza Elettorale in mezzo a cinque Vescovi Assistenti , i quali furono: il primo Monsignor Francesco Antonio Fini Arcivescovo di Damasco : il secondo Monsignor Maffeo Farsetti Arcivescovo di Ravenna: il terzo , Monsignor Giovambattista Gamberucci Arcivescovo di Amasia: il quarto , Monsig. Adriano Sermattei Vescovo di Viterbo , e l'ultimo Monsig. Xaverio Santa Maria Vescovo di Cirene , i quali tutti erano con Piviale , e Mitra in testa , a riserva di Sua Altezza Elettorale , con Berretta, e Berrettino rosso , essendo altresì sotto il Camice tutto parimente vestito di Porpora come Legato nato dalla Santa Sede , e per ultimo veniva la Santità di Nostro Signore nel mezzo di Monsignor Venanzio Piersanti suo Cappellano Segreto , e Monsignor Giuiseppe Longo , Chierico Segreto da i quali la Santità Sua fu servita all' Altare, ed al Soglio , facendo da primo Prete Monsignor Ignazio Clementi , parimente suo Cappellano Segreto , e Crocifero.

Sedeano i Canonici della Cattedrale nella stessa maniera , che in Roma siedono in ogni altra Cappella Papale gli Eminentissimi Cardinali , cioè, sopra alcune panche coperte di panni paonazzi . Dalla parte poi di sopra del Soglio Pontificio sedeano i seguenti Illustrissimi Prelati , cioè: Monsignor Filippo Yturbide Arcivescovo di Ragusa, Monfignor Sebastiano Pompilio Bonaventura Vescovo di Corneto, e Montefiascone, Monsignor Onofrio Elisei Vescovo di Orvieto, Monsignor Jacopo Oddi Governator Generale di Viterbo , Monsignor Carlo Rezzonico Ponente di Consulta, Monsignor Bartolommeo Ruspoli Segretario di Propaganda, Monsignor Sciriman Governatore di Orvieto, Monsignor Federigo Lanti Referendario di Segnatura, Monsignor Pietro Francesco Bussi Ponente del Buon Governo, Monsignor Ferdinando Maria Rossi Prelato Domestico , Monsignor Gennaro Santa Maria Coppiere di Nostro Signore , Monsig. Giuseppe Peixotto Cameriere di Onore, e Prelato Domestico , e con essi li due Reverendissimi Padri Generali Frà Tommaso Ripoll dell' Ordine de' Predicatori , e Frà Matteo da Parete de' Minori Osservanti .

Per l’Altezza Reale della Gran Principessa di Toscana fu eretto un alto Palco tutto addobbato di rossi Damaschi , ed aperto per ogni suo lato sopra cui la detta Altezza con tutte le sue Dame vide parte della Funzione.

Dicesi parte , mercecchè dubitando Nostro Signore , che la prefata A. Reale non potesse veder tutto bene , attesa la gran moltitudine de' Cavalieri , che facean corona avanti l’Altare , fe' intendere alla Medesima, che se volea trasferirsi presso il detto Altare , Ella ne avea tutto l' arbitrio; ond' è , che sua Altezza Reale con sommo gradimento della Clemenza , e Gentilezza usatele da Nostro Sigrore , vi si portò. Non molto lungi dal palco di detta Gran Principessa eravene parimente eretto un altro più basso con gelosìe avanti, sopra di cui vedevasi la Funzione dall' Eccellentissima Signora Duchessa di Gravina Nipote della Santità di Nostro Signore e da tutta l'Eccellentissima Casa Ruspoli, come anche da altre diverse Dame invitate da detta Eccellentissima Duchessa.

Terminata la Funzione Nostro Signore restituissi alla Sagrestia coll’ordine di sopra descritto; con questo solo divario, che gli Eccellentissimi Signori Conservadori Viterbesi andavangli immediatamente avanti , a riserva di uno che lo seguiva reggendogli la Sagra Veste cioè il Sig. Cesare Pio Brugiotti …"( Relazione e notizie della solenne consacrazione…… vit. MDCCXXVII )

Al termine della cerimonia il Papa si fermò a pranzo nel grande refettorio dei frati domenicani.

Due lapidi , realizzate dallo scalpellino m° Camillo Moisè, furono poste, a ricordo di questa visita del Papa alla Quercia, una sopra il grande portone d’ingresso del convento e l’altra nel refettorio( vol 191 c.357-361v); nella prima è scritto:

BENEDICTO XIII POT. MAX.

ORD PRAEDIC.

HANC IANUAM INGREDIETI

DIE IX NOV. MDCCXXVII

Nella seconda:

BENEDICTUS XIII PONT. MAX.

ORD. PRAEDIC.

HAC SUB NOLA SEDIT SUISQUE

CUM FRATIBUS PRANDIO SE REFECIT

DIE IX NOVEM. MDCCXXVII

La Vergine Santissima continuamente è vicina all’umanità sofferente in ogni istante ed in ogni luogo.

Vi sono però delle località dove si mostra ancor più " madre dolce e tenera " per le grazie che in tali posti riesce ad ottenere dal suo divin Figliolo per coloro che la invocano con fede.

Lucia Filippini sapeva tutto ciò; sapeva che la chiesa della Madonna della Quercia era uno di quei posti.

Per questo motivo Lucia conduceva ogni anno le sue suore a venerare la Vergine Santissima della Quercia, sicura di avere dalla madre di Dio l’aiuto che era le necessario per il servizio suo e delle consorelle.

" …Avvenne perciò una volta che portandosi alla Madonna della Quercia, per trattenere le figlie e compagne in santi ragionamenti , cominciò a parlare della gloria del Paradiso. S’infervorò talmente in questo santo discorso, che non vedeva dove metteva il piede, cadde a terra; la caduta fu così violenta, che stette un pezzo a terra tramortita, con grande dolore e pianti delle figlie e delle compagne. Vedendo queste che quasi non dava più segno di vita, si rivolsero fiduciose alla Madonna della Quercia, che andavano a visitare; a quelle preghiere rinvenne Lucia…"(Bergamaschi vol, II p. 70)

Lucia aveva seguito sulla via della santità un’altra donna, la viterbese Rosa Venerini, fondatrice delle Scuole gratuite per le fanciulle povere, anch’essa molto devota della Madonna della Quercia, ai piedi della quale iniziò la sua santa vita spirituale e di dedizione verso il prossimo più bisognoso.

Morirono ambedue in concetto di santità, la seconda nel 1728 e la prima pochi anni dopo, nel 1732.

Tra il 1728 e il 1739 arrivarono alla Quercia, in visita alla Madonna, il cardinal Polignat, la duchessa Altemps, l’Ambasciatore di Malta,il canonico don Francesco Gomez Garçia, la principessa Albani ( vol.356 c30) (vol.359 c.41-78-85-86)

Fu relizzato, nel 1737, il nuovo dormitorio dei novizi sopra la " dogana" , l’ala del convento situata a destra del campanile e una nuova bottega fu costruita proprio accanto alla base del campanile. ( sabina c. 252)

Nel 1737 fu restaurata la statua della Madonna del Rosario portata in processione con una macchina alta più di tre metri , realizzata qualche anno prima dall’intagliatore Giovan Battista Ricci, usata nella festa d’ottobre fino ai giorni nostri e dalla quale furono tolti, negli anni ’50, da don Sante Bagnaia, i due angeli poi attaccati ai lati dell’altare maggiore.(vol.356 c.32 )( vol. 191 c.399 e segg.)

Il padre Pisani fece restaurare il grande leggio del coro e costruire la grande parte superiore a " cinque angoli" (vol. 356 c. 33)

Giuseppe Fanelli, " banderaro" romano, regalò alla Madonna una pianeta ed il cavaliere genovese Felice Spinola, fratello del cardinal Giorgio Spinola, mandò un paliotto di lama d’argento color perla, con ricamata la Madonna della Quercia, S.Domenico e S. Caterina da Siena, poi inviò anche una pianeta anch’essa di lama d’argento color perla con le sue dalmatiche ed il piviale( vol.351 c.33v) (vol. 356 c.34)

Pochi anni dopo, nel 1741, venne rifusa ,dal mastro Santi Marini di Roma, una delle campane del piccolo campanile interno che aveva sostituito quello a vela; fusa la prima volta nel 1531, la nuova fu sistemata sul campaniletto dal fabbro Santi Quadrani di Bagnaia, e la spesa totale fu pagata dal priore fra Angelo Maria Crispolti.( vol 356 c.34 )( vol 122 c.351)

"…A dì 1742 fra Francesco Maria Massinelli da Sarzana fece fare i gradini dell’altare della Madonna " con le facce laterali di diversi marmi: diaspro di Sicilia, giallo antico ed altre pietre; il lavoro fu fatto dallo scalpellino romano Pietro Paolo Rotoloni e costò circa 300 scudi. ( vol.356 c.34)

A causa della guerra tra Austria e Spagna, il convento divenne prima una caserma poi ospedale ; a novembre del 1744 arrivarono le truppe austriache poi, fu la volta di quelle spagnole, circa 150 persone.

Le guardie del duca di Modena alloggiarono nel convento ed usarono come stalle quasi tutte le botteghe .

Poi, fu la volta dell’ospedale che occupò tutte e quattro le ali del convento, il refettorio, il chiostro della cisterna per un totale di circa 800 posti ; i morti furono sepolti in luoghi diversi: 7 alla fine del prato della fiera, 20 nel muro della strada verso Vitorchiano ed altri 250 nell’oliveto posto lungo la strada per Bagnaia .( Semeria vol. 9 p.171) ( foglio sciolto ) ( vol.356 c37)

L’arrivo dei due eserciti aveva interrotto l’opera del pittore tedesco Paolo Noteler (vol. 195 c. 268-274--289291-293-295 ) (vol. 356 c.37), al quale i frati avevano dato l’incarico di pitturare la volta della sagrestia, completamente restaurata, i quattro pontefici domenicani, e la piccola cappella; durante il lavoro, quando ormai stava dando gli ultimi ritocchi, l’artista sbadatamente lasciò un braciere acceso sopra le tavole dell’impalcatura e per poco un incendio non distrusse i nuovi armadi di noce.

Per grazia di Dio solamente le nuove pitture furono danneggiate ed allora i frati pretesero che il Noteler ritoccasse, a sue spese, tutto il lavoro fatto.(vol 195 c.298) ( vol.356 c.37v)

La testa di San Domenico, nella lunetta centrale,caduta a terra e non recuperabile,

fu sostituita con una copia realizzata dal romano Andrea Ruggieri e inviata a Bagnoregio per essere cotta e invetriata( vol.356 c.42v); nel frattempo, Nicola del Carretto rifaceva tutto il cabreo dei beni del Convento della Quercia ( vol.155 c.539-547-555) ( vol. 195 c.539 e segg.)

Il marchese genovese Spinola , come ex voto, inviò, nel 1750, un bellissimo baldacchino d’argento per l’esposizione del Santissimo( vol.356 c.44).

In chiesa,nel 1571, venne sostituito l’antico quadro, ormai fatiscente, di San Pietro Martire, dipinto da Livio da Forlì, con un altro quadro del pittore Batoni, in cui San Pietro martire è raffigurato insieme a San Tommaso; il quadro fu donato da fra Paolo Palma, inquisitore a Perugia.( vol.356 c.45v)( semeria vol IX p.465) ( vol. 356 c.45v)

Lo stesso padre inviò anche una serie di arazzi " … ben grandi, che si appendono alle pareti collaterali sopra la ringhiera di ferro dell’istessa navata[ quella centrale]; due de’ quadri rappresentano le figlie di Loz, che lo ubriacorno, il terzo, il sacrifizio d’Isacco, il quarto, il profeta Balam sul giumento ritardato dell’angelo; il quinto i due esploratori della terra promessa, che portano sulle spalle un grappolo d’uva sopra d’un asta e il sesto Agar che vuole abbandonare il suo bambino sotto un albero per non vederlo morire…" (vol. 356 c.45v)

Il canonico Giuseppe Grampi, poi cardinale e vescovo di Montefiascone, nel 1752 passò dalla Quercia per effettuare nell’archivio del convento alcune ricerche; entrato in chiesa fu colpito dagli originali ex voto esistenti lungo tutto il cornicione.( bibl.vat.fon.gram. vol.III fasc. 131 f.14)

Da Mons. Pierfrancesco Bussi, nel 1755, fu fatta restaurare la cappella della sua famiglia con l’altare di San Raimondo; e i frati dettero ad imbiancare tutta la chiesa : le cappelle laterali, la grande cupola davanti alla Madonna e quella piccola nella cappella di San Domenico, il coro .

Furono ritoccati tutti gli stucchi delle colonne dell’altare maggiore sopra al quale, nel 1763, il pittore viterbese Anton Angelo Falaschi, realizzò un grande panneggio con due angeli.(vol.356 c.46v-56v)

Nel convento si costruirono i nuovi dormitori su disegno dell’architetto Clemente Orlandi( vol.122 c. 396)

Per interessamento della principessa Vittoria Altieri Pallavicini, il papa Clemente XIII inviò un breve in cui concedeva alla chiesa della Madonna della Quercia indulgenza plenaria per sette altari che furono scelti dal cardinal Giacomo Oddi vescovo di Viterbo: l’altare del Santissimo Sacramento, quello della Beatissima Vergine, di S. Pietro martire e S. Tommaso d’Aquino, del Santissimo Crocefisso, di S. Domenico, di S. Raimondo, di S. Carlo Borromeo; tale indulgenza già una volta era stata concessa da Innocenzo X ma scaduti i sette anni non era mai stata rinnovata. ( vol.356 c. 49)( vol.361 c.84)

Dall’argentiere viterbese Francesco Maria Garofolini furono sistemati molti argenti presenti in chiesa; li ripulì, restaurò e dove fu necessario indorò nuovamente : "…un calice ed una patena d’argento, due statuette d’argento con le profumiere in testa, un tronco d’argento con fronde e ghiande anch’esse d’argento, sei candelieri d’argento mezzani con la croce,altri otto piccoli candelieri d’argento, un altro calice d’argento in cui fu dorata la coppa, una croce d’argento da processione, sei grandi candelieri d’argento con la croce, sei grandi vasi d’argento, sei grandi reliquiari d’argento , un ex voto d’argento in un quadretto con la Madonna d’oro donato dal Contestabile Don Fabrizio Colonna, due torcieri grandi di rame inargentato,una profumiera grande d’argento, il baldacchino d’argento dono del sig. marchese Spinola, la lampada grande con le quattro piccole intorno tutte d’argento, una lampada d’argento con al centro una stella d’argento dorato, quattro piccole lampade d’argento che stavano ai quattro lati dell’altare della Madonna, un altro calice d’argento usato dal padre Priore, altre sette lampade d’argento che pendevano davanti all’altare della Madonna , un leggio d’argento, il reliquiario grande d’argento dove veniva conservato il berretto di S. Pio V , due alberetti d’argento con due bambini anch’essi d’argento, altri tre calici d’argento con le patene anch’esse d’argento dorato, il voto grande del cardinal Peretti tutto d’argento fuso, la statua d’argento della Vergine del Rosario…". ( vol.356 c.58.59v)

Anche il colto papa romagnolo Clemente XIV fu molto devoto della Madonna della Quercia.

Intervenne, infatti, in maniera definitiva su una lite che si trascinava da molti anni circa la "libertà" delle fiere di maggio e di settembre, che i viterbesi volevano fossero soggette ai dazi ed alle imposte comunali.

Con un breve del 31 agosto 1772 confermò definitivamente i privilegi delle due fiere , cioè l’esenzione delle merci portate a vendere a Campo Graziano da ogni dazio e da ogni imposta.

Tre anni prima, aveva inviato un altro breve in cui concedeva indulgenza plenaria a tutti coloro che avessero visitato la chiesa della Madonna della Quercia la quarta domenica di ogni mese.

Nell’agosto del 1773 il padre maestro Franco Masinelli spese quaranta scudi per far dipingere le pareti della sagrestia , dagli armadi fino alle pitture del soffitto, dal pittore viterbese Carlo Tacchini.( s.sabina vol.XI9400 c. 258 ) ( vol. 356 c.68v).

Il flagello delle cavallette, nel 1774, si abbatté di nuovo nell’Alto Lazio, in particolare su molti paesi della Maremma,; tutti i conventi viterbesi furono obbligati a dare un contributo per pagare degli operai incaricati di uccidere gli animali che infestavano le campagne.(vol.201 c.253)

In quel tempo , il grande Crocefisso di legno, sistemato nel coro della notte, fu riportato al suo posto originale, accanto alla cappella della Madonna e venne rinnovato tutto il suo altare, in particolare, il ciborio realizzato con marmi preziosi .(vol.356 c.73v )

"…Ricordo come fu fatto in quest’anno 1782… la vetrata nuova dell’occhio grande nella facciata della chiesa, giacchè la vecchia non poteva più reggere avendo quasi tutti i vetri rotti fatta sin dall’anno 1490 come si è trovato nella stessa vetrata…" ( s.sabina vol.XI 9400 c.269?)

Agli inizi degli anni ’80, fu realizzata, in cartapesta, una statua del Cristo Morto che veniva posto innanzi alla Madonna del Presepe durante la Settimana Santa( vol.356 c.72).

"…Valentino Mostajoli del fu francesco Mostajoli da Pistoia Campagnuolo di professione, e dimorante nella Città di Ronciglione assalito da una febbre putrida infiammatoria , che lo tormentò per lungo tempo, e ridotto agli estremi della vita, per una crise delle più stravaganti della natura sfuggì alla violenza dell’infermità , ma non sembrò che scampasse la morte che per condurre una vita più miserabile, e più dolorosa della morte istessa: poiché si manifestò immediatamente nel di lui corpo una scabbia universale accompagnata da acutissimi dolori articolari, in questo stato di tormento, e di desolazione altro ormai non sembrava che si ricercasse per fare l’infelicità di tutti i suoi giorni , pure quì non si arrestò l’indole maligna del morbo: un ristagno di umori gli cagionò inoltre un ascesso nella parte media anteriore della coscia sinistra, per cui dovè soggiacere alla dolorosa operazione del taglio, quindi coperto di lebbra , straziato dai dolori, e coll’ascesso aperto languiva l’infelice, e appena col soccorso delle stampelle poteva alquanto strascinarsi.

Sette Mesi erano già scorsi dacchè egli divenuto odioso a se stesso, e per lo spurgo schifoso della Scabbia, e per gli acuti non mai interrotti dolori articolari, viveva nella piu’ deplorabile delle situazioni, quando cadendogli per Divina disposizione in pensiero i prodigi operati dalla Vergine Santissima della Quercia poco da Ronciglione distante , concepì una Fede si viva nella di Lei Sacra Immagine, che volle ad onta dello stato d’impotenza, in cui ritrovavasi portarsi a visitarla ; postosi pertanto coll’aiuto di alcune persone sopra a un Cavallo, s’incamminò alla volta di Viterbo, ove giunto, portossi alla Chiesa così detta , della Qercia un miglio distante dalla suddetta Città nel dì 7 Maggio 1782.

Entrato quindi nella medesima strascinandosi a stento sulle Stampelle, si pose ad orare, e tanto era il fervore , così tenera la divozione con cui alla Vergine Santissima raccomandavasi che proruppe in un dirottisimo pianto, ripetendo contiuamente con una effusione di cuore, che li compariva suI volto, queste parole interrotte dai singulti: Maria Santissima io voglio questa grazia, Maria Santissima io voglio questa grazia ; lo vidde , e l’ascoltò una devota Donna che ivi faceva orazione , e accostandosi a lui, qual’è la cagione gli disse, per cui così amaramente piangete ? ed egli narrandole l’istoria dolorosa dei suoi guai, si scoprì la coscia, e mostrolle la piaga profonda, e stillante di vivo sangue, aggiungendo che inesplicabile era lo spasimo che giorno , e notte li cagionava .

Commossa la Donna alla vista compassionevole , alle lacrime, alla fede , alle fervorose preghiere dell’infelice Valentino , non potè trattenere il pianto, ed esortollo a continuare con ardore le sue preghiere alla Vergine Santissima della Quercia , assicurando, piena ella ancora di fede, che non sarebbero rimaste senza effetto le sue speranze.

Essendo in questo tempo istesso uscita una Messa all’altare in cui si venera la prodigiosa Immagine, si posero ad ascoltarla il suddetto Valentino , la Donna, e due di lei Giovini Figlie.

E’ inesplicabile la commozzione , il sentimento, la fede, con cui proseguì egli sciogliendosi in lacrime ad orare avanti la Sacra Immagine chiedendo istantemente la grazia .

Terminata la Messa si accostò nuovamente la Donna chiedendoli ansiosamente se si era degnata Maria Santissima di ascoltare le sue preghiere, ed egli, troncandole le parole , e gridando dall’allegrezza , ho ricevuto disse, la Grazia , e per l’intercessione di Maria sono del tutto restato libero e sano, scuoprissi quindi la Coscia, mostrolle la piaga perfettamente cicatrizzata, le fè vedere le croste della lebbra affatto inaridite , e che da se stesse cadevano, gettò le Stampelle, ed alla presenza di lei camminò sciolto, e spedito come se mai veruno incomodo avesse sofferto…" ( Sincera ed esatta relazione…1782)

Furono testimoni del fatto la signora Crescentini, figlia di Domenico, moglie del viterbese Tommaso Polidori, e le sue figlie Clementina ed Anna Giustina; il miracolo fu anche certificato da due atti notarili stilati dai notai Bartolomeo Carignoni, di Ronciglione e da Ludovico Orlandi , di Viterbo, che autenticarono le dichiarazioni del medico condotto di Ronciglione Francesco Verga e del chirurgo della stessa cittadina Filippo Lambusieri.( fogli sciolti)

Impressionato dai continui miracoli operati per intercessione della Vergine , invocata con il titolo di Madonna della Quercia, il papa Pio VI , il 28 agosto 1784, approvò le lezioni e la S. Messa propria che i frati del convento della Quercia avrebbero dovuto recitare ogni IV domenica di settembre, giorno che venne stabilito per festeggiare la Madonna della Quercia; poi, il 18 agosto del 1788 approvò tutto l’officio proprio , estendendone la recita anche al clero secolare e regolare ed alle monache della città di Viterbo e dei luoghi intorno ad essa e diede licenza ai frati della Quercia di poter dire ogni sabato dell’anno la messa cantata della Madonna sull’altare davanti all’Immagine Sacra .( semeria vol.9 p.173-174)

Furono restaurate numerose botteghe e vennero completamente ricostruite quelle dei "velettari", la fila di case cioè sotto l’orto dei frati, che furono rimpiccolite; per questo motivo vennero chiamate le bottegucce e poi , quando furono abitate, le casette.

Il comune di Viterbo prese in affitto la bottega n° 26 , all’interno della quale, nel 1788, a spese di Gregorio Tani Antisari furono eseguite delle pitture sulle volte e sistemate le stanze per alloggiare i Capitani e le guardie in tempo di fiera.(vol.482 c.1)

Nel Convento, fu costruito un piccolo refettorio per gli ospiti, che ancora oggi reca, sopra l’architrave della porta, la data di costruzione: MDCCLXXXVIII

" …Ricordo come a di 8 di luglio dell’anno suddetto [ 1789] venne in questo convento il p.maestro generale fra Baldassar de Quinones con due compagni e due conversi e nel mese di settembre venne un altro converso…"

Il generale rifece fare i bancali del refettorio , vecchi e ormai fatiscenti, allargò il finestrone sopra la tavola priorale che fece dividere in due parti; "… Il pulpito d’intaglio e statue di rilievo fu levato e vi fu messa una rindiera di ferro. Fu levato il quadro rappresentante il miracolo che fece S. Domenico e per meglio dire Iddio allorchè i religiosi si trovarono senza vitto a tavola e vi fu messo due quadri uno che rappresenta S. Domenico e l’altro S. Tommaso. Erasi altresì messo in mezzo un quadro piccolo rappresentante S. Pietro; siccome però un pittore di Roma disse che era un quadro di gran valore di Raffaele di Urbino, il detto padre generale lo prese per farlo vedere in Roma. Il detto quadro stava chiuso nelli armarij di sagrestia e si custodiva con gelosia…( s. sabina vol XI9400 c. 284 )

"…Ricordo come il padre reverendissimo Generale ha rimandato il quadro di S. Pietro non essendo di quel valore che avea stimato un pittore romano.

Ricordo come quest’anno furono stampati libri 1000 della Madonna , la spesa fu di scudi 90…" ( s. sabina vol XI9400 c. 284t); è una ristampa di quelli già scritti da fra Nicolò Maria Torelli nel 1725, con delle aggiunte successive e fu anche stampato un piccolo libretto con preghiere per la preparazione alla festa della Madonna.

Nel 1792 si rese necessario restaurare l’orologio del campanile e se ne fece la Mostra , anche per permettere agli abitanti di alcune delle piccole botteghe , divenute ormai anche abitazioni, di leggere le ore sul quadrante; la spesa fu ingente e i soldi li donò padre Lugani inquisitore di Perugia e figlio del convento della Quercia.(vol.364 c100-100v) .

Si dice che nell’anno 1796 il grande musicista Haydin componesse una messa per la Vergine Santissima della Quercia, una notizia che sembra avere conferma dal ritrovamento in un manoscritto appartenuto al cantore fra Giovan Maria Bendici , alla Quercia nel 1847, che tra le varie messe dedicate alla Madonna ne contiene una chiamata Messa Tedesca, la nazione del grande compositore. (besso G.Op. 2463)

Negli ultimi anni del secolo , il papa mandò in esilio alla Quercia il generale dei domenicani padre Baldassarre Quinones con il quale aveva grosse divergenze di carattere istituzionale; fu in questo periodo che si cominciò la costruzione al Recinto, il podere intorno al convento, così chiamato perché interamente circondato da un muro a secco , del grande casale, detto casale di Quinones, che, dopo i successivi ampliamenti , venne chiamato il "casalone". ( archiv.pad.praed. vol.LXV p.516 e seg.)

" Sabbato ( sul finire del secolo XVIII ) questa Madonna della Quercia ha operato un prodigio.

Una contadina delle Grotte di S. Stefano si trovò, dopo aver bevuto dell’acqua, in bocca due mignatte, una delle quali attaccata alla lingua, fu subito distaccata; l’altra scese nella laringe dove attaccatasi ed ingrossatasi enormemente per lo spazio di 16 giorni, impediva alla contadina la respirazione: essa si portò prima all’Ospedale di Viterbo ed i professori fecero alcuni tentativi per distaccare ed uccidere la mignatta, ma inutilmente: la donna, disperando dei rimedi naturali, e crescendole ogni giorno la difficoltà del respiro, prese il partito di abbandonarsi alla protezione di questa Vergine della Quercia: venne perciò alla Quercia sabbato mattina ed anche lo speziale fra Alvaro Saolangeli tentò diversamente la medesima cosa. Ma riuscendo tutto inutile , la donna si raccomandò con viva fede alla Vergine; e senz’aver preso cosa alcuna, che lo potesse eccitare il vomito, fu assalita come da una convulsione di vomito e rigettò vivo l’animale, e restò subitamente guarita. Se ciò non succedeva , la donna, per confessione dei professori, andava a perire in poco tempo…" (semaria vol. 8 p.280)

Coll’arrivo della rivoluzione francese molte cose cambiarono anche a Viterbo…

Tutto il tesoro della Madonna della Quercia fu offerto per pagare l’ingente riscatto voluto da Napoleone per la liberazione di Pio VI, fatto prigioniero e condotto in Francia. "… Sono stati dati li argenti e mandati a Roma, cioè un calice d’oro , due torcieri grandi, una pace, due copertine di messali, quattro calici d’argento con la loro patente, quattro cerofarari, o siano viti per li accoliti. Una profumiera ha tre pezzi, quattro candelieri, un bacile grande con suo boccale, una guantiera, un piattino, una sottocoppa, due acquasantari con aspersorio, un campanello, sette lampadi, sei vasi da fiori, una croce grande con suo piede, una pisside, una muta di cartegloria dal peso 221 libra, il calice d'oro oncie ventuna denari 4 e ½ , questo dì 15 luglio 1796…

…nella seconda requisizione di argenti richiesti dal Papa furono mandati li sei candelieri grandi, sei mezzani con la sua croce, otto lampade di lastra sottilee altre del peso di libre 1134…

…li commissari francesi portarono via due catene d’argento, l’argento del reliquiario della S. Croce, una pisside, l’ostensorio e un turibolo a piramide e navicella, il vezzo della Madonna che aveva in petto di pietre buone, le perle del collo di due angeli che tenevano le candele avanti l’Immagine. Volevano la cornice e le corone ma supplicati lasciarono stare…

… Si fanno gran preghiere… Si fece qui un triduo alla sera [15 luglio 1796] con la benedizione del Santissimo e la mattina si teneva scoperta la Madonna. Il concorso è stato incredibile ne le processioni di giorno e di notte. Il nuovo giorno vennero in processione tutte le Compagnie di Viterbo con il clero secolare e regolare. Vennero un altro giorno le Compagnie di Bagnaia con il clero con gran devozione. Il primo giorno diede la benedizione monsignor governatore Antonini, il secondo il priore Tassori; il terzo l’arcidiacono della cattedrale…" ( santa sabina vol XI 9400 c. 293- 293t- 294)

 

Capitolo IX

Il Secolo XIX

 

A Viterbo furono chiusi tutti i conventi ad eccezione di quello della Quercia che rimase aperto anche grazie ai cittadini viterbesi che apprezzavano la disponibilità dei padri ivi residenti verso tutti, di qualunque idea fossero.

Già nel 1797, il 21 marzo, gli stessi cittadini avevano scritto al rappresentante del governo francese a Viterbo questa lettera:

" Libertà , Religione, Uguaglianza

Noi sottoscritti cittadini Viterbesi, col presente foglio dichiariamo, che sarebbe di gran desiderio tanto nostro che di tutta la Città, che sussistesse il Ven. Convento detto di Santa Maria della Quercia, posto un miglio, e più fuori le Porte della Città; Santuario celebre, tanto per l’antichità, che per i miracoli operati in qualunque tempo da detta Beatissima Vergine.

Il sagro tempio quotidianamente viene officiato con edificazione di tutti dagli attuali Cittadini Religiosi Domenicani esistenti in detto Convento, tanto che ogni giorno in folla si vedono concorrere i forastieri a visitare detta Santissima Vergine per ottenere le bramete grazie.

I suddetti Religiosi col massimo zelo, e Democratica virtù, senza alcun emolumento, giornalmente si prestano in pure pubblica scuola di Filosofia, non solo agli individui di questa Commune, ma agli altri di bagnaia, Viturchiano, e Bomarzo. Di più con larghe limosine sovvengono più famiglie della Commune, come è a tutti noto.

Viterbo primo Jermifero anno 6° dell’Era Repubblicana "(Archivio G.Ciprini)

Il 4 ottobre del 1800, il padre priore fra Ludovico Trisciuzzi , chiese l’autorizzazione a poter vendere alcune proprietà per aiutare i poveri che in massa accorrevano alle porte del convento ; si prese l’abitudine , durata fino a quando i domenicani rimasero alla Quercia, di offrire, a chi ne avesse avuto bisogno, un po’ di minestra e due fette di pane nel porticato del convento, che da allora prese il nome " la fetta".(vol.123 c.18 e segg.)

Alcuni pellegrini venivano ancora a visitare la chiesa e tra questi fu il re di Sardegna,Vittorio Emanuele I di Savoia, che offrì 12 scudi(vol.364 c.66)

Nonostante la buona volontà dei viterbesi e dei padri domenicani ,il convento della Quercia venne chiuso: "… Nell’anno 1810 alla metà di giugno per ordine del governo , che fu generale, tutti i religiosi deposero l’abito, e dal detto convento della Quercia partirono tutti eccettuato l’autore di queste memorie [ padre Pio Semeria], che vi aveva assunto l’abito domenicano nell’anno 1782 e che vi restò , benchè forastiero, come professore di teologia nel collegio di Viterbo, per assistere ed uffiziare la chiesa; il che fece fino alla ripristinazione dello stesso convento ed al ritorno dei religiosi Domenicani.

Egli vi restò in compagnia di tre laici, due speziali ed un sacrestano obbligati a sostentarsi , essendo privi di pensione per non aver mai prestato al governo il giuramento che si voleva, colle proprie entrate e col frutto delle loro fatiche…" . ( semeria vol III p.83) ( vol. 364 c.79)

Padre Semeria fu aiutato nel suo lavoro anche dal padre Angelo Ridolfi, minore osservante, abitante a Bagnaia, sua cittadina natale, che lo assistette notte e giorno sia dicendo messa come confessando, comunicando e in ogni attività di cui ci fosse necessità.(semeria VII p.127)

Tutte le proprietà del convento della Quercia, confiscate, vennero messe all’asta; il 12 settembre del 1811, le tenute furono vendute ai signori Durazzo e Spinola di Genova.(semeria vol. VIII p.330)

Il convento , con la stalla, il fienile, il piazzale che conduce agli stessi, i magazzini detti della dogana, l’orticino denominato del priore , con esclusione della spezieria, del laboratorio, dell’orticino dei semplici e delle stanze che occupavano i due ex religiosi speziali ed il cappellano, fu acquistato, il 19 giugno del 1812, dal viterbese Luigi Rossi Danielli per 35.000 franchi.

Quasi tutte le 300 botteghe, dal n° 1 al n° 98 e dal n° 101 al 291, il 28 gennaio del 1813, furono acquistate dal sig. principe Torlonia per 59.641,80 franchi.(semeria vol VIII p.331-332)

Venne poi l’ordine di vendere anche le campane delle chiese , ma padre Semeria si diede tanto da fare, insieme ad alcuni cittadini viterbesi, in particolare ai signori Crivellari, Caprini, Rossi Danieli, che quelle della Quercia, anche se erano state già promesse dai francesi agli ebrei, furono salve.( semeria vol. VIII p.282-283)

Si salvarono anche i paramenti sacri, la Biblioteca, e gli arredi sacri non preziosi .

Molti contadini del convento ,cacciati dalle terre dai nuovi padroni , non trovando di meglio iniziarono a prendere in affitto dal Torlonia le piccole botteghe della piazza e così La Quercia iniziò ad avere l’aspetto di villaggio . (notaio cost. guerra prot. 13 app. III 1867)

Sconfitto Napoleone, padre Semeria reclamò immediatamente le proprietà che spettavano alla Chiesa della Madonna della Quercia ; le sue istanze vennero recepite dal padre domenicano fra Giuseppe Onori da Orvieto che riuscì a convincere il papa Pio VII a riscattare i terreni venduti ai marchesi genovesi Spinola e Durazzo .( santa sabina XI 9400 c. 327 e seg.)

Anche il sig. Rossi Danielli restituì tutto quanto aveva comperato e così, ad esclusione delle botteghe ormai in mano ai Torlonia e non più restituite, tutto ritornò al Convento della Quercia ( semeria vol.VII p.137 )

All’inizio dell’anno 1816 , sotto il priorato del padre Pastori, venne riaperto il noviziato e la chiesa della Quercia ritornò a vivere.(Semeria vol.V p.364)

Tra l’ottobre ed il settembre dell’anno successivo, la Regina d’Etruria, Maria Luisa Borbone,infanta di Spagna,fece celebrare dei tridui solenni all’altare della Madonna della Quercia per devozione verso la sacra immagine(vol.364 c.81)

Il nuovo ambasciatore Francese, il sig. Blacaj duca di Auplì, nel 1822 venne a visitare la chiesa ( vol 364 c.87 )(semeria vol. III p.180) e tra il 1822 e il 1832 si intrapresero dei lavori di restauro, affidati al pittore viterbese Angelo Papini, lavori che interessarono le lunette del chiostro , gli affreschi e le pitture della chiesa.( vol. 206 c. 130-171)

Fu costruito un nuovo altare , dedicato a San Domenico , progettato dall’archietetto Giusti sul quale fu posto il quadro del santo pitturato dal viterbese Domenico Costa. ( semeria vol.VIII p. 249 )

Il 4 giugno 1824 fu sepolta in chiesa una bambina irlandese di due anni, Margherita Maria Bryan, morta a Bagnaia; per la sua sepoltura fu realizzata una interessante lapide in marmo bianco di stile canoviano. (vol.364 c.89)

In quegli anni, furono spesi molti soldi per la sistemazione delle coltivazioni dei poderi del convento, in particolare delle vigne e degli oliveti del Recinto; per questo motivo si decise di ampliare il casale costruito nel 1797 per poterci sistemare più famiglie di contadini.( santa sabina………)

Per la nomina a Cardinale del vescovo di Montefiascone , fra Maria Velzi , grande devoto della Madonna alla quale aveva donato pochi anni prima una bellissima lampada d’argento, i padri Domenicani della Quercia fecero una grande festa, illuminando anche tutta la facciata della chiesa.

Il cardinale Velzi morì pochi anni dopo, nel 1836; fu sepolto, secondo le sue volontà, nella chiesa della sua amatissima Madonna della Quercia, davanti al rinnovato altare di San Domenico, dove fu posta una lapide fatta a Roma da Giovanni Lozzi(vol.206 c.156 ) ( semeria vol III p. CLXXXVI )

Tra il 1836 e il 1847 i socci dei vari poderi del convento erano :

nel podere dell’Acquabianca Domenico Signorelli, in quello del Perone Pietro Signorelli e Giuseppe Zena, detto Lepre; al Martoriato c’era Salvatore Signorelli detto il Delegato, al Morello Nicola Porcacchia.

Socci al Recinto erano: la vedova di Giovan Battista Casini, i figli di Sebastiano Bernini, Ippolito Cerasa detto il Piagnoso, Testoni Antonio detto il Morone, Nicola Bernini, Tommaso Bernini, Lorenzo Bernini, Angelo Papalini; sempre al Recinto ma socci del Podere erano: Agostino Bernini, Giacomo Lazzari, Bernardino e Giuseppe Di Lazzaro.

Alle Caselle c’era Anselmo Buzzi, alle Felcete Domenico Pietrini detto il Pozzarolo, alla Marrocca Ferruzzi e al Ponte Luigi Bernini (vol.291 )

Padre Giacinto Pellegrinetti e padre Vincenzo Palmegiani, l’uno priore, l’altro maestro dei novizi, nel 1838 proposero al papa Gregorio XVI la riforma del convento.

"… Le triste vicende dei tempi e forse la fiacchezza dei caratteri avevano rallentato la disciplina.

Quel generoso umore che circola vigoroso e dà lena pei grandi sforzi era sparito dai chiostri; l’ideale era quasi scomparso.

I padri, pur abitando sotto il medesimo tetto, pur sedendo alla stessa mensa, non avevano la perfetta vita comune: doveva ognuno pensar a sé; e pensare a sé sovente significa diminuir se stesso.

Quella povera vita di famiglia stabilita nell’Ordine come base da San Domenico, in cui tutti godon di tutto e nessuno possiede nulla, non era più che un’ombra…".(Mortier p.168)

La supplica , però, non fu accolta ma il desiderio della vita comune stava facendosi sempre più strada nella comunità dei frati domenicani.

Durante quegli anni erano venuti dalla Francia per iniziare il cammino del noviziato il famoso oratore Enrico Lacordaire e alcuni suoi carissimi amici, tra cui il pittore Besson e Requedat ; nel 1840 , vestito l’abito domenicano nel convento della Minerva , a Roma, fecero la loro professione davanti all’immagine della Madonna della Quercia.( vol.123 c. 199)

Il 4 ottobre del 1841, " … emulando Gregorio XVI il pietoso esempio di altri suoi predecessori, si diresse al celeberrimo santuario di S. Maria della Quercia sulla cui ampia e non breve strada avea già percorso una piena di popolo nulla curando la minacciante pioggia. Sopra la porta del magnifico rtempio esprimeva l’iscrizione " Azione di grazie e votui al pontefice". Venne accolto sotto baldacchino, da domenicani che l’hanno in custodia, e dal magistrato viterbese. Adorato il Santissimo Sacramento , esposto con isplendida luminaria, corrispondente essendo quella di tutta la chiesa nobilmente addobbata, dopo la benedizione compartita da Mons. Belletti vescovo d’Acquapendente, il papa si recò ad orare innanzi alla prodigiosa Immagine della Santissima Vergine; e visitato il tempio in ogni sua parte, passò quindi nella sagrestia, in cui ammise al bacio del piede la comunità dei frati, i religiosi cappuccini, oltre altri regolari, e varie distinte persone.

Si piacque poi d’ascendere con la scala interna, a godere la vastità e magnificenza del convento, percorrendo in varie parti, insieme co’ cardinali Pianetti, Macchi, Brignole, De Angelis e Mattei.

Fermatosi in una delle principali sale, fu dalla religiosa famiglia presentato un quadro chiuso in cornice di bronzo dorato, sul cui fondo di velluto cremisi spiccava nel mezzo l’immagine miracolosa di S. Maria della Quercia, e da’ lati le figure di S. Domenico e di S. Caterina da Siena, tutte in argento operate a fino cesello di valente artefice romano; ed ancora d’una bella archetta d’avorio opera di egregia scuola, e forse de più bei tempi dell’arte toreutica.

D’ambo i doni il papa manifestò con acconcie parole il suo benevolo gradimento. Lieti i domenicani di tanto onore ne aveano testimoniata l’esultanza con altra iscrizione.

L’abbondante pioggia impedì al Beatissimo Padre di benedire il popolo da una loggia a ciò preparata…" ( moroni vol. CII p. 384) ( vol.206 c.174) ( vol 123 c.210 )

Il 14 marzo del 1842 presero i voti davanti all’altare della Madonna della Quercia 4 giovani francesi; tra di essi c’era Vincenzo Jandel che poi sarà generale dell’Ordine

Uno di questi giovani francesi fece il disegno della grande bussola per la porta maggiore della chiesa. (vol.123 c.213)

Il padre Vincenzo Zoppini, nel 1843, rinnovò al Papa la supplica per la vita comune, che questa volta fu accordata, ed il convento, posto alle dipendenze del generale, fu separato dalla provincia romana .

"… Concepita l’idea dal padre sindaco fu poi a spese del padre maestro Giacinto Borg, maltese , professore del seminario vescovile di Viterbo, aggregato a figlio tra noi con rescritto pontificio, fatto eseguire un bel rame che rappresenta tutta la facciata davanti all’altare con tutti i bassi rilievi ed ornati con l’immagine sul trono come interna con l’iscrizione ai piedi " Sacellum S. Mariae super querque" e questo rame fatto incidere in Roma costò 60 scudi…"; l’autore del disegno fu Angelo Papini.( vol. 206 c. 183 )

Il 30 settembre del 1845 morì il padre Semeria ed il suo funerale fu celebrato nella chiesa della Quercia; con Semeria se ne andava un uomo geniale, enciclopedico, eclettico, insegnante di matematica di Carlo Bonaparte, figlio maggiore di Luciano, fratello di Napoleone Bonaparte, principe di Canino(semeria vol IX p.515), amico di tanti studiosi viterbesi, socio dell’Accademia degli Ardenti .

Scrisse una specie di enciclopedia in 10 volumi, ora nella biblioteca comunale, dove tratta tanti argomenti ; si va dall’archeologia, alla filosofia , dalla geologia alla filologia; dalla matematica alle scienze.

Devotissimo della Madonna della Quercia, durante gli anni critici della rivoluzione francese e del periodo napoleonico,dedicò la sua vita alla protezione della chiesa e del convento della Quercia, abbandonato da tutti i padri , fino a quando , offeso da accuse infondate e malevole e ammalatosi poi di tifo petecchiale , abbandonò l’abito domenicano e si ritirò a vivere a Viterbo, dove morì solo e profondamente deluso per il comportamento tenuto nei suoi confronti anche dagli amici più cari.

Per le fughe ripetute di bestiame durante le fiere, il comune di Viterbo propose ai frati di costruire a sue spese tanti " chiusini" numerati , che erano stati realizzati nel 1844( signorelli….. let. XI p.110)

Interessante è una relazione sulle fiere di quegli anni :

"… in due stagioni… questo villaggio acquista rapidamente e temporariamente un’affluenza di gente anche di men prossimi paesi, formasi sui ricco emporio di variato commercio, che rappresenta una città improvvisata… In quei giorni un immenso numero di buoi , vacche, cavalli, asini, porci, capre e pecore forse di 40.000 o di 50.000 cuopre tutta la collinetta e la valletta del prato della Quercia alle sponde d’un bel rivo, un grandioso fontanile, ed in parte all’ombra di grandi alberi.

Il locale ribocca di bestiame e di popolo in continuo movimento onde per le progressive e variate accidentalità non potrebbe disegnarsi esattamente dal più abile paesista.

I fondachi sono pieni di pannine, seterie orificerie, chincaglie, oggetti di vestiario, lavori metallici, cordami e più altre specie di merci mentre in sulla piazza i saltimbanchi si attirano i meravigliabili campagnuoli, ed il mondo elegante co’ suoi cocchi si aggira a fruire di campestre libertà e spesso a spargere lampi di lusso di bellezza e di galanteria…" (a.c. dall’album anno XII )

Quando, nel 1845, il p. Lacordaire ritornò in Francia , volle che l’amico pittore fra Besson, che l’aveva accompagnato nella sua visita alla Quercia, riproducesse fedelmente l’Immagine della Vergine; la pittura poi venne portata a Nancy, primo convento dei padri Predicatori riaperto dopo la rivoluzione francese e la Vierge du Chene, la Madonna della Quercia, fu proclamata protettrice dell’Ordine Domenicano Francese.

I frati del convento della Quercia , invitati dal vescovo di Viterbo, cardinal Pianetti, a contribuire alla spesa per la costruzione della nuova chiesa di S. Rosa lo fecero offrendo 120 scudi ( vol.206 c.194)

Fu rifatto, con marmo bianco di Carrara, il ciborio dell’altare del Crocefisso e la sua fattura costò 153,55 scudi; lì fu posto il Santissimo Sacramento.( vol. 206 c. 200)

La devozione verso la sacra icona, in questo periodo, rifiorì notevolmente e i padri domenicani decisero di rifare completamente la parte musicale del grandioso organo; si decise di affidare il lavoro , dal costo di 1000 scudi, al prof. Morettini di Perugia.(vol 123 c.231)( vol. 206 c.202)

La principessa di Canino, moglie di Luciano, pubblicò un piccolo libro intitolato Trois Ex Votò de la Madonne du Chene, dove poeticamente descrive tre tavolette ex voto attaccate alle pareti della chiesa : una è quella di don Pietro e Flaminia, l’altra di Fabrizio da Modena l’ultima di Maddalena da Soriano ( trois aex…. Biblioteca Comunale Viterbo II a2 36)

Ormai le piccole botteghe sono quasi tutte abitate per tutto l’anno e nei registri del convento si comincia a trovare sempre più spesso la parola QUERCIAIOLO, aggettivo attribuito a chi occupava le piccole case davanti al Santuario.(vol.206 c. 205)

Il principe Torlonia, proprietario di tutte le vecchie botteghe acquistate dai francesi al tempo di Napoleone, le aveva date in enfiteusi perpetua ad Agostino Polidori che le aveva affittate; il Polidori si era anche impegnato, come già aveva sempre fatto il principe Torlonia, a pagare la decima di 15 scudi che gli abitanti della Quercia avrebbero dovuto versare al parroco di S. Maria dell’Edera ,da cui essi dipendevano come parrocchia.

Nel 1854 venne restaurato l’orologio del campanile( vol.206 c.231) e nel 1857 il papa Pio IX venne a visitare la Madonna della Quercia.

" … Nell’ore pomeridiane si portò al gran santuario di S. Maria della Quercia, accompagnato da’ cardinali Pianetti e Pecci, e dal magistrato civico.

Il Papa fu ricevuto da’ cardinali Savelli e Gaude domenicano, e da’ religiosi del convento, i quali solennizzarono tanto onore, con iscrizione da loro composta e collocata sulla porta principale del tempio.

In esso dopo aver ricevuta la benedizione col S.S. Sagramanto, decorosamente esposto, gli fu aperto il santuario ov’è la celebre e miracolosa immagine, e pregato alquanto innanzi di essa, si recò in sagrestia ad ammettere al bacio del piede i domenicani che vanno in cura, ed i cappuccini della Palanzana, oltre alcuni sacerdoti della vicina Bagnaia. Asceso il papa il maestoso convento, dalla loggia benedì il popolo numeroso..." (moroni dizionario CII p.393) (vol.206 c.272)

Nel 1861 , un certo Napoleone rubò gli ori e gli argenti che erano all’interno della cappelletta della Madonna, tesoro raccolto dall’inizio del secolo XIX ma, arrestato il ladro , fu quasi tutto recuperato.( Mortier nota 3 p.187)

Questo avvenimento spiega anche la tradizione che vuole che il tesoro della basilica sia stato trafugato da Napoleone Bonaparte e anche se ciò effettivamente non è avvenuto, sostanzialmente corrisponde alla verità, in quanto, come già scritto, tutto il tesoro antico costituì una parte del riscatto richiesto da Napoleone Bonaparte per la libertà di PioVI.

In vista del IV centenario della Festa della Madonna , i frati domenicani vollero restaurare la chiesa e, nel 1862, incaricarono di svilupparne il progetto e dirigere poi i lavori l’architetto Andrea Busiri Vici, in quel tempo, uno dei più in voga a Roma.

Il professionista, non conoscendo appieno la storia del monumento, interpretando a modo suo le strutture esistenti, progettò una ristrutturazione che distrusse le pareti laterali della cappella della Madonna, affrescate, come già ricordato, nel 1570 da Giovanni de Vecchi e tutte le cappelle della chiesa, realizzate in massima parte nel secolo XVI; coprì con intonaco molti affreschi, altri distrusse completamente , modificò il coro ,la sua volta e l’altare della Madonna.

Padre Francesco Migliorini , a proposito di quest’ultimo lavoro, scrive pochi anni dopo : " …Opera del tutto sbagliata è la grande mensa sostituita dall’Architetto all’antica, ch’era addossata al tempietto. Tutte quelle ricchezze di marmi antichi, gli smaglianti colori della malachite, dei lapislazoli non hanno la minima relazione con la bella e modesta semplicità del tempietto : pari anzi lo insulti procacemente…" , e sempre lo stesso frate , a proposito dei restauri del coro scrive: "…Altra opera sbagliata è il grande coro che seguita il tempietto.

E’ da sapere che l’antico non aveva l’abside , ma era rettilineo e si estendeva bellamente ancora per un terzo, dando luogo all’altare maggiore di grande effetto benchè di stile barocco… Ora l’attuale coro … deturpa la chiesa monumentale con la nuova abside cotanto goffa…" ( il santuario della madonna della quercia…-ricordo del visitatore…p23-24)

Avrebbe voluto abbattere anche la grande cupola, ma l’intervento provvidenziale di Vespignani e Poletti glielo impedì; sicuramente con questi restauri andarono perse numerose opere d’arte . Ancora oggi, nel museo, si possono ammirare due affreschi staccati , non si conosce da quali pareti e ,in quel periodo, riportati su tela che dimostrano l’importanza delle opere distrutte; forse tali affreschi furono trovati nel momento della distruzione delle pareti laterali della cappella della Madonna, pareti molto spesse che fanno pensare a quelle della primitiva chiesetta costruita nel 1468 e che potevano essere affrescate, come era usanza all’epoca.

Forse era il modo di restaurare in quel periodo, certo è che il Busiri fece dei lavori non molto utili all’arte del monumento e tutto ciò di fronte a una spesa enorme, più di 30.000 scudi , che costrinse i padri domenicani della Quercia ad ipotecare molte delle loro proprietà.

Le feste della Madonna avevano raggiunto una notevole importanza in tutto il circondario e, dopo la macchina di S. Rosa , erano la maggior attrattiva per la gente viterbese.

Un Manifesto del 1864 annunciava:

" Sabato 24 Settembre Vigilia:

Al mezzodì al suono dei sacri bronzi, ed allo sparo de’ mortari verrà annunziato il principio della festa

Domenica 25 detto Festa

L’aurora del festivo sarà salutata da ripetute salve di mortari, e dal suono de’ sacri bronzi

Cinquina in prima fila Napoleoni 10

Cinquina in seconda fila Napoleoni 10

Cinquina in terza fila Napoleoni 10

Tombola Napoleoni 70

Lunedì 26 detto

In questi anni le piccole botteghe vennero via via ridotte sempre più ad abitazione; nel 1867 erano occupate da:

Signorelli Valentino, Bernini Domenico,Settimi Domenico, Testoni Antonio, Vanni Giuseppe, Marcucci Francesco, Bernini Vincenzo, Bernini Lorenzo, Merlani Felice, Tassoni Giovanni, Lazzari Alessandro, Rocchetti Pietro, Graziotti Giuseppe, Bernini Nicola, Anselmi Albina, eredi Natalini, eredi Saragoni, Neri Marino, Borghesi Bartolomeo, Bevilacqua Salvatore, Leonzi Giovanni, Bernini Giuseppe, Bernardini Giuseppe, Brugiagrotti, Ferruzzi Salvatore, Dottori GiovanBattista, Rocchetti Felice, Trevis Giacobbe, Fiano Isaia, Ranocchiari Rosa, eredi Crippelli, Fortini e Fratini, Bernini Lorenzo, Fiano Isaia, Modigliani, Bernini Giuseppe, Cerasa Bernardino, Pallotta Domenico, fratelli Guerrini, Guglielmotti Pio, Rezzesi Maria, eredi Sanna, Marvaldi Paolo, eredi Bonagenti, Fontecedro, Taratufolo antonio, Cima Giacomo,Cerasa Sante, Marini Angelo, Grazini Pietro, Pianura Lorenzo, Dottori Sebastiano, Pallotta Bernardino, Castagnoli Cecilia, Signorelli Paolo di Salvatore, Signorelli Paolo fu Pietro, Gatti Luigi, Signorelli Paolo e Giacomo, Rossi Vincenzo e Merlani, Bernardini Antonio, Paganini Graziotti Rossi, eredi Gentili, Nattazzi, Paganini, Cima, Bernini Vincenzo, Patacchini, Giurelli, Papalini, Di Lazzaro Salvatore, Bernini Lorenzo e Grazini Giuseppe, Giuliani Girolamo, Bernini Tommaso ed eredi di Bernini Angelo, Leonzi Giovanni, Rossi Salvatore, Del Cima Nicola, Chiodo Salvatore, Signorelli Antonio, Paccosi Luigi, Ranocchiari Giuseppe.

In occasione delle celebrazioni centenarie, il papa Pio IX proclamò Basilica la chiesa della Quercia , ma le manifestazioni organizzate per taler avvenimento furono disturbate dal passaggio delle bande garibaldine , che pur lasciando intatta la chiesa, fecero ingenti danni al convento: "… Già dai fogli avrete letto l’assalto che dettero [ i garibaldini] alla città [ Viterbo] la sera del 24 ottobre e come i nostri soldati sostennero l’attaccco, e vi riuscirono bene…Il giorno 28 poi del detto mese la nostra città fu miseramente occupata da quelle fiere; e qui non saprei ridire quanto han sofferto i poveri Religiosi della Quercia, che più e più volte furono nel loro convento a fargli il perseguitato fino ad aprirle le sepolture.

Poi furono minacciati con fucili e pistole, gli presero cinque cavalli e per 5 giorni stettero circa 300 di loro a mangiare e bere nel detto convento, poi vollero denari, che per darglieli gli convenne vendere grano ed altro…" ( Arc Gian.Cip.)

Padre Chery, che pubblicò nel 1869 un libro, in lingua francese, sulla Madonna della Quercia, ricorda: " …A l’epoca dell’invasione dello Stato Pontificio da parte dei Garibaldini, nell’ottobre del 1867, Viterbo fu terrorizzata da questi rivoluzionari che stettoro più giorni nel convento della Quercia. Questi uomini, abituati a tutti gli eccessi, atei, che avevano compiuto ogni sorta di ruberie, che fecero patire ai religiosi ogni sorta di angheria, che arrivarono anche a sparare contro i padri dei conventi, che non si fermarono di fronte ad alcuna profanazione, che avevano rubato le pissidi ed i calici dentro i tabernacoli gettando a terra le ostie consacrate, questi uomini non osarono alzare le loro mani sopra la chiesa della Madonna della Quercia.

La basilica era, dopo la festa del centenario, ancora addobbata in maniera straordinaria: i drappi e i tendaggi preziosi erano tutti al loro posto e tutti i tesori del santuario erano così ben in vista da invogliare degli uomini senza scrupoli e princìpi; ma nemmeno un ex voto d’argento scomparve dalle pareti della chiesa, né qualche prezioso reliquiario mancò dal tesoro della chiesa e nessuno di quegli uomini malvagi osò mettere piede nella basilica .

La Santa Madre di Dio aveva fatto essa stessa la guardia alla sua Immagine, volendo ancora una volta provare che la serie dei suoi miracoli operati alla Quercia non si era interrotta. " ( Chery p.133 e seg.)

La Domenica 14 gennaio 1872 "… nel magnifico tempio di S. M. della Quercia dei RR. PP.Domenicani, si celebrò la Consagrazione di Mr. Fr. Egidio Mauri creato Vescovo

di Rieti dalla Santità di N. S. Papa Pio IX li 22 Decembre passato.

Egli sortiva i natali a Montefiascone nel 1828, e fatti i primi studi in seminario, nel 1850 vestì l’abito di S.Domenico nel convento della Quercia: compiuto il corso degli studi dell’Ordine, e dati alquanti anni all'insegnamento, conseguì la Laurea di Maestro in s. Teologia. Quindi ebbe ufficio di Rettore nel Collegio dell'Ordine in Noto (Sicilia) di Priore nel Convento di S. Sabina (Roma), in quello di Dusseldorf (Province Renane, Prussia) e di Vicario Generale della Congregazione di S. Marco (Firenze).

La Consagrazione gli fu conferita dall'E.mo Sig. Card. Filippo Maria Guidi dell'Ordine de' Predicatori , assistito dagli Ecc.mi Mons. Luigi Serafini Vescovo di Viterbo, e Mons. Giuseppe Bovieri Vescovo di Montefiascone.

A rilevare la solenne e sublime cerimonia concorsero da quella città una Deputazione tolta dal Clero, la Rappresentanza Municipale che offerse al novello Vescovo concittadino il diploma del Patriziato falisco, ed altro corpo scelto fra i cittadini.

Dalla, città di Viterbo, a cui Monsig. Mauri è troppo bene ed affettuosamente conosciuto e pregiato, furono presenti a quel rito i Deputati della Società per gl'Interessi Cattolici, e i Rappresentanti del Circolo S. Rosa.

La novità e magnificenza della funzione, decorata dall'assistenza del R.mo P. Generale dell'Ordine Domenicano, di alcuni Canonici della nostra Cattedrale, dei Religiosi del convento, degli alunni di questo Seminario, da un tempo bello e sereno, attrasse numeroso concorso e dalla Città e dalla vicina Bagnaja, e trasformò per tutto quel giorno il villaggio della Quercia in un pellegrinaggio di devozione, e in ritrovo di geniali e innocenti allegrie…" (il pad.faman.II n°35)

Sempre nel 1872 , pur osteggiato dalle autorità , fu effettuato un grandioso pellegrinaggio che, partito da Viterbo, raggiunse il santuario che si riempì di fedeli . "…Domenica passata, 27 Ottobre[ 1872], nel Santuario di Maria SS. della Quercia presso Viterbo ebbero luogo le sacre funzioni e le Speciali Preghiere pei presenti bisogni della S. Chiesa e del Sommo Pontefice Pio IX, alle quali il nostro Circolo S. Rosa della Società della Gioventù Cattolica Italiana aveva invitati i cattolici cittadini di Viterbo e de’ paesi circonvicini. Ed i fedeli tennero l’invito, e spontaei e devoti accorsero in grandissimo numero di molte e molte migliaia a prostrarsi avanti la Taumaturga immagine di Maria, a partecipare ai SS. Sagramenti, a pregare poi pel papa Pio IX.

Alle ore 4 e mezzo della mattina aprivasi la grandiosa basilica ed accoglieva tosto gran numero di devoti che già stavano, aspettando, e che a mano a mano crebbero a tale, che alla prima funzione delle ore 7 il vastissimo tempio n'era si può dire in ogni parte gremito. E cosi pure fu di nuovo alle altre funzioni delle 9 e mezzo e delle 10 e mezzo di guisa che per tre volte si vide quella spaziosa Basilica ripiena di popolo divoto, che in folla recavasi a pregare Maria in quel Santuario già famoso per tanti prodigi.

…poi alle ore 9 e mezzo della mattina il M.R. P. Fr. Tommaso Zigliara, M° in S. Teologia nel collegio di S. Tommaso alla Minerva in Roma recitò un Discorso di circostanza, non ismentendo, anzi confermando la fama acquistatasi di profondo filosofo e d'eloquente oratore.

…Nelle ore pomeridiane poi la strada che da Viterbo muove diritta per due chilometri al Santuario della Madonna della Quercia tu la vedevi popolata da un continuo accorrere di gente di ogni ceto e condizione, cosi che alla sacra funzione che si chiuse con la Benedizione del SS. Sagramento, molte persone non potendo entrare nella chiesa, furon costrette restare sul piazzale che è tra la gradinata e la porta …"(il padre di famiglia a.II n°23)

Pochi giorni prima, il 9 ottobre, "…Serafino Quattrini racconciando i cristalli all' esterno d'una finestra della cappella di S. Domenico alla Quercia , sdrucciolata la scala, cadde balzando per tre tetti sottoposti, senza riportare che una non grave ferita alla testa, e dee reputarsi prodigioso per una caduta di circa 60 palmi. Egli invocò ad altissima voce la Madonna, e capovolto precipitava per piombare nella profonda fossa che ricinge i muri della Chiesa, e laggiù sfracellarsi la testa. Ma contro i timori di chi era presente al pauroso spettacolo, egli cadde in piedi presso all'orlo della fossa, in un punto che era sgombro delle pietre accumulate ivi intorno. Eccetto un grande sbalordimento alla testa durato qualche ora, non v'ebbe altro danno. Fu raccolto caritevolmente dai compagni, e dal padrone Agostino Mercati, ricevuto e assistito dai Religiosi del Convento, e curato dal Sig. Dott. Granati…" ( padre di famiglia anno II n. 21)

Dopo la presa di Roma , lo stato Italiano si impossessò di tutti i beni appartenenti ai vari conventi viterbesi; nel 1873 toccò alla Chiesa della Madonna della Quercia, al Convento e a tutti i suoi possedimenti ; il Demanio poi rivendette molte delle proprietà confiscate, la maggior parte delle quali fu acquistata da famiglie vicine ai politici ed al governo del tempo.

L’Ordine Domenicano fu costretto a lasciare alla Quercia solamente 7 frati, 4 padri e tre fratelli laici; così la devozione verso La Madonna della Quercia si affievolì notevolmente, rimanendo una devozione locale viterbese.( padre di famiglia anno III n° 25)

Poi, anche su richiesta di molti cittadini viterbesi , i frati domenicani riuscirono ad ottenere , il 28 febbraio del 1874, un decreto reale che dichiarava Monumento Nazionale, primo in tutta Viterbo, la Chiesa e una parte del Convento della Quercia ; fu così che molte opere d’arte furono conservate e preservate dalla distruzione,

Tutto il complesso monumentale fu diviso in due parti: una appartenente al demanio, dichiarata monumento nazionale, l’altra invece da adibire ad uso pubblico;(padre di famiglia a. III n° 23 )( let. 4/875) questa seconda parte per molti anni fu usata come casa di riposo per tutti frati dei conventi soppressi .

Venne, poi, requisita tutta la biblioteca conventuale, circa 8600 volumi , mentre furono lasciati al monumento nazionale i manoscritti, le pergamene ed i corali, che , intelligentemente, il sovrintendente di allora volle fossero conservati presso la chiesa, di cui sono un tutt’uno, e che ora sono nel museo e nell’archivio della Basilica della Quercia.

Nel 1874, il 4 di dicembre padre Pio Buccelli e fra Angelo Martini acquistarono dal demanio, per conto dell’Ordine dei Domenicani, alcune delle terre che lo Stato Italiano aveva sequestrato: il Recinto, Pian di Macinara, il Ponte, Campo del Furbo, Campo della Fiera,il Martoriato, la Marrocca, le Caselle,Campo de’ Pozzi, Valle S. Angelo ed un fabbricato ad uso molino da olio lungo la strada che conduceva al casalone del Recinto ( Contratto di mutuo 1880)

Un anno dopo , il primo marzo del 1875 , alla Quercia fu inaugurato l’ufficio postale, voluto dal direttore delle Poste Regie Barbavara.

Nel 1876, Garibaldi venne a Viterbo ; "… Indescrivibile è lo spettacolo che presentava il villaggio della Quercia, ove sembrava essersi rovesciato mezzo mondo. In mezzo ad un oceano di popolo sventolava una selva di bandiere nazionali e di insegne di tutte le società.

Le acclamazioni erano frenetiche, assordanti. Il Generale ne fu visibilmente commosso. Fra la calca delle persone e delle vetture in corteo ingrossato di tutto il seguito formatosi lungo la via provava somma difficoltà a farsi strada…". ( gazzetta di Viterbo a.VI n° 20 …..)

Al seguito del famoso generale arrivarono in città molti giornalisti che recatisi a visitare il complesso monumentale della Madonna della Quercia, notarono alcuni particolari interessanti , appartenenti alla storia del santuario ; due di questi erano le bandiere turche che S. Pio V aveva mandato come ex voto alla Madonna per la vittoria di Lepanto e che stavano attaccate malamente sotto la lunetta, del chiostro della cisterna, che ricorda la vittoriosa battaglia.

I giornalisti si scandalizzarono del fatto che non fossero tenute in una maggiore considerazione e scoppiò così una polemica tra alcuni giornali locali ed i domenicani della Quercia tanto ché il sovrintendente della chiesa Padre Pio Buccelli, per conservarle meglio, decise di portarle in biblioteca riponendole nella cassettina di legno che Giovanni D’Austria aveva usato nella famosa battaglia e che poi con le due bandiere, per ordine di S. Pio V, aveva donato alla chiesa della Quercia.( gazzetta a. VI n° 21-22)

( nota Curiosa è la storia di queste due bandiere e della loro cassettina che dopo di allora scomparvero e solamente in occasione della venuta alla Quercia di Paolo II )

Nello stesso anno , i frati vendettero il podere del Martoriato a Gorgonio Carletti( agop XI 7000) e tutta la biblioteca dell’ex convento fu trasferita in quella di Viterbo .( gaz. Vit. A. VI n° 44)

Un anno dopo fu costruito in chiesa un nuovo altare , dedicato a Santa Caterina da Siena (let. 91/977) ed il convento venne usato, per la prima volta , come sede delle truppe dell’esercito Italiano, di stanza a Viterbo.( let. 103/78)

"…Un inconveniente verificatosi nel villaggio della Quercia, la mancanza dell'acqua, durante la recente fiera, ha dato luogo a delle considerazioni e dei discorsi sulle condizioni di quel villaggio.

Parlandosi dell'acqua si è ripetuta la storia delle ciliegie; una ne tira un'altra: e si e' parlato pur di tante altre cose.

Siamo stati invitati a farne cenno; e lo facciamo volentieri, poiché l'argomento ci sembra interessante e i bisogni di quella località meritano di esser soddisfatti.

Nel villaggio della Quercia furono annoverati 527 abitanti all'epoca del censimento del 1811 .

E’ una popolazione agglomerata in un caseggiato riunito con piazza, strade e chiesa, ed avente l’aspetto di un comunello.

Son tutti contadini.

Sta quel villaggio sopra una strada provinciale, che lo attraversa ; ma, se è strada provinciale per la proprietà e la manutenzione, può dirsi più precisamente strada nazionale, perché dopo costruita la ferrovia centrale tutto il movimento, che prima aveva luogo per la nazionale della montagna, oggi si effettua per la detta strada, che mette alla stazione di Orte, d'onde si comunica con tutto il mondo.

Essendo quindi il villaggio un luogo di gran transito, e di più essendo la meta delle passeggiate festive dei cittadini, e nell'estate andando non pochi cittadini a villeggiare ivi nelle adiacenze, deve esser tenuto in buone condizioni di polizia urbana.

Ma il passeggiero che mette fuori il capo dallo sportello di. una vettura, il cittadino che va a diporto, vede una piazza spaziosa, una chiesa monumentale, un campanile grandioso, imponente, artistico, e... una frotta di monelli cenciosi e seminudi ed una popolazione di maiali e di galline superiore in numero a quella umana.

Nelle ore diurne gli uomini vanno alla campagna, le donne o parimenti alla campagna, o ad esercitare il mestiere di lavandaie; e i monelli, i maiali e le galline, soli esseri visibili, restano padroni del campo. La casta superiore di questa triplice ma congenere società, i monelli, gode naturalmente una certa supremazia; in virtù della quale, abbandonando alle altre due caste una porzione del dominio del suolo, essi monelli esercitano liberamente i loro incontestati diritti nelle più elevate regioni dell'aria ove fan volar sassi ad libitum, e del campanile, per le cui sporgenze e scorniciature vanno spesso arrampicandosi a mo' di scoiattoli o di scimmiotti, non dimenticando di rotolarsi spesso per terra o per la scalinata della chiesa…

Lo spettacolo non è invero edificante; e molto meno scevro di pericoli pel passeggiero, in grazia dei sassi prelodati; quando pur non vogliasi tener conto della probabilità di sentirsi azzannare una gamba da un qualche discendente del coinquilino di S. Antonio.

Dopo ciò, può ciascuno immaginarsi quali siano le condizioni della polizia urbana, specialmente nelle relazioni colla igiene.

Premesso, ed è inutile dirlo, che le strade non si spazzano mai, ne viene di natural conseguenza che 'ad eccezione della zona stradale provinciale, che si mantiene imbrecciata, in tutto il, resto il suolo per un metro almeno di profondità si trovi costituito da uno strato compatto di prezioso guano, che sarebbe un tesoro per ingrassar le campagne. Fortunatamente 1'aria aperta, montanina, salubre, neutralizza i miasmi naturalmente esalanti da quel putridume; altrimenti la popolazione ne rimarrebbe, ammorbata e decimata. Va da per sè poi che ogni casa accolga, insieme cogli animali ragionevoli, 1' asino, il maiale e le galline; con quanto vantaggio per la salute umana Iddio solo può immaginarlo.

Fra il maiale che scava Il suolo stradale, le immondezze tutte gettate sulle strade e

formanti degli ammassi, è naturale che il suolo sia ineguale, scabroso, e pericoloso nella notte.

…La illuminazione è scarsa, o in altri termini non esiste, se si fa eccezione per qualche fanale sulla zona provinciale…

Vi è una fontana sulla piazza: vi è un fontanile nel campo della fiera; quella, potabile, per gli usi domestici; questo, per uso di abbeveratoio.

Innanzi tutto sembrerebbe necessario un lavatoio, perché il fontanile è poco adatto a quest’uso; lavatoio coperto per riparare le lavandaie dalle intemperie.

Quasi tutte le femmine colà esercitano il mestiere di lavandaia; e se nell’estate possono adattarsi a soffrire gli ardori della canicola, nelle stagioni piovose non possono esercitare il mestiere, da cui traggono la meschina sussistenza…"( gazzetta anno V n°23)

Dai frati furono venduti altri appezzamenti di terra ; a Clemente Carletti cedettero un altro dei loro poderi, quello del Furbo, e ad alcuni signori viterbesi piccole superfici, lungo la strada di Viterbo nei pressi della Quercia, dove i nuovi proprietari iniziarono a costruire le loro case.(AGOP XI 7000)

La vendita dei terreni del convento portò all’allontanamento da quelle terre di molti contadini che all’improvviso si ritrovarono senza casa e senza lavoro .

Alla prima esigenza molte famiglie sopperirono adattandosi ad abitare le piccole case, una volta botteghe, mentre per sopperire alla seconda molte donne iniziarono a fare le lavandaie per le famiglie più ricche di Viterbo; fu così che il comune decise di fabbricare un grande lavatoio per andare incontro alle esigenze delle donne querciaiole.(let. 77/877 )

Il 23 febbraio del 1879 uno spaventoso uragano si abbattè su Viterbo sulla chiesa della Madonna della Quercia ; moltissimi furono i vetri infranti e numerose le tegole spezzate.(let 148/879 – 163/879)

A quei tempi, alla Quercia, funzionava una farmacia, che utilizzava i locali della vecchia Spezieria del convento ed era gestita da Alessandro Carosi,che con la famiglia abitava nei locali sovrastanti.(let. 146/879)

Il Vescovo di Viterbo , nel 1880, chiese di poter utilizzare i locali del convento per la villeggiatura dei 10 seminaristi viterbesi ( let. 204/880) .

Lo stesso anno, i padri domenicani, ancora indebitati per i lavori del restauro della chiesa , chiesero un mutuo di 80.000 lire al Banco di S. Spirito di Roma ipotecando molti dei loro possedimenti ; tra gli altri lavori fatti in chiesa fu realizzato anche un piccolo lavabo in marmo per i sagrestani che, posto accanto all’ opera di Domenico da Firenzuola, sfigura alquanto.

Nel 1881 fu restaurato il magnifico soffitto a cassettoni, alquanto malconcio, grazie anche a una relazione dell’ Ing. Badia che verificato lo stato del manufatto e lodata la tecnica dio costruzione, ne consigliò vivamente un immediato restauro.(let 250/881)

Giacomo Bizzarri restaurarò l’orologio del campanile, che spesso presentava inconvenienti di funzionamento ( let. 307/883) e , per interessamento del principe Odescalchi, furono anche restaurati il chiostro della cisterna ( let. 291/883)e gli affreschi delle lunette , sotto alle quali furono completamente rifatte le scritte che descrivevano i miracoli.( let. 353/883 )

Nel 1886 il comando dell’esercito di stanza a Viterbo chiese il permesso al padre Pio Buccelli, di poter effettuare nel prato della fiera, gratuitamente, le esercitazioni del plotone degli zappatori, ma il padre domenicano pretese un compenso di 10 lire motivando la richiesta con il fatto che detto campo era stato affittato a Graziotti Vincenzo e Ferruzzi Salvatore .( let 362/886)

Il 23 luglio 1887 morì padre Buccelli, al quale si deve se molti lavori di restauro furono effettuati e terminati ; gli successe, nell’incarico di sovrintendente al Monumento, il padre Francesco Migliorini ( let. 424/887), autore di interessanti articoli sulla storia e sull’arte della Chiesa della Quercia.

Il comune di Viterbo, per sopperire alla carenza di acqua potabile nel villaggio della Quercia, decise di costruire una fontana pubblica alla fine del viale di Viterbo, presso il Campo della fiera; la fontana venne chiamata la "Fontana Nuova" per distinguerla da quella quattrocentesca in mezzo alla piazza del Santuario.( Arch. Stor. Com. b. n° 20)

Il 17 marzo del 1988, Pietro Bertarelli acquistò dai frati alcuni dei poderi rimasti ancora in loro possesso; tra questi il Campo della fiera e quello accanto, della Marrocca .( s..sab. XI 9110)

Una eccezionale nevicata cadde il 28 febbraio del 1890 e durò fino al 4 marzo , tanto da impedire l'arrivo alla Quercia dei rifornimenti e della posta.( let.507/890)

Intanto alla Quercia era ripresa la tradizione di effettuare, per le vie del villaggio, una processione nel giorno della festa di S. Vincenzo Ferreri, festa alla quale Pio IX nel 1868 aveva concesso alcuni privilegi.

Il 21 luglio visitò il monumento il principe di Napoli che ritornò nel 1893 e in quell’occasione annunciò ai padri domenicani la venuta alla Quercia del Re d’Italia in occasione della inaugurazione della ferrovia Roma- Viterbo.(let.524/893)

Nel 1895 il Ministro della Pubblica Istruzione ispezionò il monumento per rendersi personalmente conto dei restauri da effettuare ; ordinò che si affidassero i lavori di restauro della scalinata e della mostra dell’orologio del campanile, lavori che furono effettuati dallo scalpellino Zei, autore del sarcofago di Clemente IV in S. Francesco a Viterbo.(let. 855/895- 880/985)

Nel marzo del 1898 fu ammesso nel Valtudinario, sito nei locali non monumentali del convento espropriati dallo stato italiano, il padre Mariano Pavoni, architetto, che aveva , qualche anno prima, progettato i lavori di restauro della chiesa di S. Giacinto nella città polacca di Cracovia.

Dal Convento della Quercia, anche in questo secolo turbolento, uscirono frati che divennero famosi sia per la loro sapienza come per la loro santità; padre Mortier ricorda: padre Jandel, maestro dell’Ordine, padre Vincenzo Acquarone, vicario generale della Calabria, Padre Egidio Mauri, fatto poi cardinale, fra Filippo Maria Guidi, cardinale arcivescovo di Bologna, padre Tommaso Maria Gaudenzi, padre Giacinto Cormier, padre Vincenzo Vera , fondatore della Casa della Divina Provvidenza a Genova, P. Tommaso Anselmi, padre Giacinto Pellegrinetti, padre Andrea Fruhwirth, maestro generale dell’Ordine, padre Giacomo Giuseppe Carbery, irlandese, vescovo di Hamilton in Canada, padre Larco, missionario in Equador insieme a padre Pietro Moro, padre Villarasa, inviato a San Francisco negli Stati Uniti. ( mortier pagg.187-198)

" ..Non aveva io dunque ragione di affermare da principio che la maggior parte di ciò che fu fatto di buono e di santo nell’Ordine dei Predicatori nel secolo XIX si spetta , per diritto , alla Madonna della Quercia ed ai suoi figli?

Il fecondo suo raggio si è steso sull’Ordine intiero. Nessuna provincia, od almeno poche , vi sono, che non abbiano ricevuto la sua benefica influenza…" , scrive ancora il Mortier. ( Mortier p. 199)

 

 

 

Capitolo X

Il Secolo XX

 

 

Dopo alcune accese discussioni, si decise di separare definitivamente la parte monumentale del Complesso da quella che poteva essere utilizzata per altri scopi; nel 1900 al tempo del padre Ceslao Carones , succeduto al Migliorini nel 1898 ( let 1042/898), fu firmato un accordo tra il Comune di Viterbo e il Demanio, tramite la Soprintendenza ai monumenti, che sanciva tale separazione, e in un primo momento i rappresentanti il Comune , a cui venne ceduta la parte non monumentale pensarono di utilizzare quelle stanze come manicomio .(Musolino p. 13 )

Il domenicano p. Reginaldo Maria Duranti, visitatore dell’Ordine, arrivato alla Quercia per un sopralluogo nel novembre di quell’anno, in una relazione sulle famiglie che abitavano il podere del Recinto scriveva:

" Nomi delle famiglie che lavorano nel Recinto e membri che le compongono:

  1. Chiodo Maria Rosa : Vedova con tre figli, due maschi ed una femmina; l’accompagna anche il suo cognato Bellardino Chiodo. I due maschi sono ammogliati, il primo che abita con essa, ha già quattro figli, due maschi e due femmine, il secondo ha tre figli ed abita fuori del Recinto. Sono quattordici i membri di questa famiglia.
  2. Nota: Questa vedova ha altri figli, meschi e femmine, che abitano fuori del Recinto colle loro rispettive famiglie e per questo non si pongono qui i loro rispettivi nomi.

  3. Testoni Agostino: ha moglie con quattro figli; uno maschio e tre femmine. Sono sei
  4. Papalini Giacinto: vedovo, ha un figlio maschio ammogliato, il quale ha due figli, uno maschio ed altra femmina. Sono cinque.
  5. Nota: anche questo ha altri figli fuori del Recinto.

  6. Chiodo Pietro: ammogliato con quattro figli, due maschi e due femmine. Sono sei.
  7. Marcucci Angelo: ammogliato con sei figli, cinque maschi ed una femmina. Sono otto.
  8. Signorelli Benedetto: ammogliato con una suocera e quattro figli, due maschi e due femmine. Sono sette.
  9. Giorni Giovan Battista: ammogliato, ha una figlia e due figliastri con sé, ed un terzo figliastro ammogliato. Sono cinque
  10. Lazzari Alessandro: ammogliato, è figliastro di G.B. Giorni ed ha due figli piccoli. Sono quattro.
  11. Marcucci Valentino: ammogliato con quattro figli, tre maschi ed una femmina. Sono sei.
  12. Bernini Augusto: ammogliato con due figli, uno maschio ed una femmina. Sono quattro.
  13. Ambrosini Giovanni: ammogliato, ha una figlia, però abita con suo marito fuori del Recinto.

Totale dei membri delle famiglie : 67

OSSERVAZIONI:

  1. Di queste undici famiglie, le prime cinque abitano nel Recinto le altre sei fuori però lavorano nel Recinto.
  2. Quantunque appariscano undici famiglie sono in realtà tredici poiché Rosa Chiodo ha due figli ammogliati, che hanno già vari figli, una di quei due figli abita fuori del Recinto, di modo che sei famiglie abitano nel Recinto e sette fuori.
  3. Queste tredici famiglie, cioè sessantasette individui che le compongono, campano coi prodotti del Recinto, dovendosi notare che quei che hanno casa fuori del Recinto godono più vantaggi di quei che l’hanno dentro per ragioni che sarebbe troppo lungo esporre.
  4. Essendo così grande il numero dei lavoratori coloni, facilmente si capirà che la frutta, l’uva, gli ortaggi e tutti i legumi, che possono mangiarsi prima di giungere a perfetta maturità, sono consumati in gran parte dagli stessi coloni prima della raccolta e molto poco se ne raccoglie, per essere poi diviso di nuovo per metà tra il padrone e i coloni.
  5. Oltre i vantaggi che i contadini hanno dallo stesso contratto( che ha la sua primaria origine dal tempo dello Stato Pontificio, quando non si pagavano l’enormi tasse d’adesso) molti altri vantaggi sono di fatto stati aggiunti dalla generosità ( per non dire prodigalità) dei Religiosi, che , senza attirarsi l’odio e forse anche la vendetta dei coloni, sarà molto difficile poi togliere.
  6. Conviene fare qualunque sforzo per restaurare, ed in alcune parti alzare un poco, la muraglia del Recinto, trascurata del tutto da molto tempo e, perciò stesso, aperta in più luoghi, dà adito a quante persone vogliono penetrare nel Recinto. Le spese per questa restaurazione, sempre trascurata, non dovrebbero ascendere a molto se si considera che il materiale può ottenersi dal Recinto stesso ed i coloni sono obbligati dall’apoca a servire da manuali di modo che solo dovrebbesi spendere per la calce e per uno o due muratori. A conseguenza di tante aperture per dove può passarsi più facilmente che per la porta, quante persone estranee ne approfittano! Quante frutta, quanti legumi si vendono nella pubblica piazza del mercato dai nostri coloni stessi senza che il padrone ne sappia niente, tenendo quasi ogni colono qualche piccola proprietà di terreno, dove, seminando le stesse cose, si scuserebbe dicendo che le cose vendute gli appartenevano in proprietà?!

La maggior parte dei coloni tiene apoca, ma varie delle famiglie non la tengono, perché si appoggiano, diciamo così, nell’apoca dei suoi genitori i quali cedettero ai propri figli, fatti già grandi ed ammogliati, parte del terreno che , secondo l’apoca, loro corrispondeva. Da ciò che ho saputo tre erano le famiglie che, prima della soppressione dei Religiosi, si trovavano nel Recinto, adesso son già tredici ed il crescite et multiplicamini ha una benedizione speciale pel Recinto." ( sansabina XI 8600)

Venne sistemato l’impianto dei parafulmini da parte del tecnico Melchiorre Narducci e nel 1901(let 1124/901- 1132/901) , a seguito di altro incarico del padre Carones, eletto priore del Convento della Minerva di Roma, venne chiamato all’ufficio di soprintendente per la Quercia, il padre architetto Felice Pavoni(let. 1/901 – 14/901).

Un increscioso episodio accadde il 29 luglio dello stesso anno:

" La Quercia 29 luglio 1901

Ieri ( Domenica), accadde una grande disgrazia nella nostra chiesa.

E’ da sapersi in prima che soggiornando la maggior parte dei parrocchiani di S. Maria dell’Ellera ( chiesa parrocchiale) nel Villaggio della Quercia già da tampo fu stabilito di fare la dottrina cristiana in questa nostra chiesa quantunque non sia Parrocchia.

Ieri pertanto finite l’Istruzione , sempre assistita dal sig. Parroco Alfonso Stramaccioni, sei Ragazzi sui sette anni che avevano la classe vicino alla porta piccola a destra corsero difilatamente alla cosidetta Pila dell’Acqua Santa( Acquasantiera) certo con la buona intenzione di prendere l’acqua santa.

Ora non giungendo commodamente alla sommità del vaso, si drizzarono sulla punta dei piedi e poterono con le mani raggiungere il labbro dell’Acquasantiera , pensando forse con inerpicarsi e a raggiungere il bramato fine.

Ma oh Dio che avvenne! Come Ella ben conosce Signor Direttore, la Pila dell’acquasanta non è murata, ma si regge sopra un fusto esile a foggia di balaustra fissata con piccolo perno sopra un base o piedistallo triangolare forse di cent. 6 per angoli : base invero e fusto troppo deboli a reggere un enorme piatto del diametro di metri 1 e forse cm 30 del peso di cinque o sei quintali.

Arrogi che questo enorme vaso non era per nulla raccommandato al pilastro per mezzo di staffone di ferro.

Tutto adunque stava e dipendeva dall’equilibrio. E veramente sono più di cinque secoli, cioè dalla fondazione della chiesa che restava immobile, perché i fedeli prendendo l’acqua santa non urtano, non spingono il vaso.

Non così fecero i malaccorti fanciulli, ma giunti ad afferrare il labro facevano sforzi erculei per salirvi: ed ecco che uscendo il vaso( o piatto) fuori di equilibrio cadde addosso dei poveri fanciulli e ne uccise uno( il quale forse stava di fronte) …" ; così scriveva il Soprintendente p. Pavoni al Ministero a Roma.

L’acquasantiera fu poi restaurata dallo scalpellino viterbese Ermanno Pizzichetti.(let. 1/1901)

L’anno successivo, Pietro Bertarelli insieme a 167 abitanti della Quercia fecero richiesta all’amministrazione comunale di Viterbo di voler installare due fontane di acqua corrente potabile, una accanto all’osteria condotta da Nazario Cuccioli, l’altra presso la casa Bernini, accanto all’osteria detta del " Coiro" ( Arc. Stato Stor. Com. Vt busta 20 cat 6)

Morto anche il padre Pavoni il 12 novembre del 1901 ( let 14/901), fu nominato soprintendente il padre Giacinto Maria La Camera che , per la festa della Madonna 1902 , chiese all’Ispettore della Soprintendenza di Viterbo, lo storico Cesare Pinzi, di poter illuminare tutta la facciata della chiesa con lampadine elettriche; il Pinzi concesse l’autorizzazione a patto che "… non venissero usate le fiaccole che potrebbero macchiare la cortina e non si facciano nuovi buchi nelle pareti per apposizione delle lampadine …" ( let 27/1902 )

Il Generale Domenicano, padre Andrea Fruchwirht, acquistò, con atto del 20 Maggio 1902 , la parte non monumentale per farne un collegio eretto a ente morale da Re Umberto I tre o quattro giorni prima che fosse assassinato; tale collegio fu chiamato " Collegio di S. Tommaso d’Aquino per le missioni Estere" . Il proprietario pro tempore del tutto fu in un primo momento p. Bernardo Maria Zeno, priore di S. Sabina.

La proprietà acquistata comprendeva , oltre parte del convento, anche il giardino e l’orto del noviziato, l’orto attorno alla cucina ed il terreno tutto attorno al Convento; un muro divideva la proprietà del Convento vero e proprio da quella del Recinto , già acquistata dai padri domenicani nel 1874 e di propriatà della Casa Generalizia. ( santa Sabina XI 9400C p.1 e seg)

Nel 1903 ,cacciati dalla Francia, si rifugiarono nel convento della Quercia i padri domenicani della Provincia di Tolosa; insieme a quelli italiani, i francesi cercarono di rivitalizzare il santuario e di riaccendere nei viterbesi l’amore per la Madonna della Quercia.

Sempre per la solita carenza di acqua potabile, il sovrintendente chiese al ministero di poter far ripulire tutta la cisterna in modo da poter utilizzare la sua acqua, che era ormai divenuta inutilizzabile non solo per bere ma anche per cucinare. ( let 67/903)

Nell’aprile del 1904 il padre Giacinto Camera venne nominato rettore del santuario di Pompei e , pertanto, fu sostituito nel suo incarico di soprintendente dal padre domenicano Tommaso Mirone( let 1/904), che, per proteggere i preziosissimi paramenti sacri e gli altri arredi , fece costruire degli armadi appositi di legno e li sistemò in una stanza lungo la loggia del chiostro della Cisterna.(let 31/905- 112/906)

Tra il 22 ed il 28 maggio dello stesso anno si tenne alla Quercia il capitolo generale dell’Ordine Domenicano , nel quale fu nominato Maestro Generale il padre Giacinto Maria Cormier. ( santa sab. XI 9400 C p. 6).

Furono effettuate le missioni nel villaggio della Quercia e in ricordo di questo avvenimento fu posto all’inizio della strada Cupa un crocefisso in legno, oggi sostituito con un altro donato da ……………………. nel……... ( del ciuco ellera p. 53)

Negli anni 1904 e 1905, il vicario del Generale p. Francesco Brandonin, fece rifare in ghisa tutte le condutture che portavano l’acqua potabile dalle sorgenti del Respoglio al convento/ sanbta sabina XI 9400C p. 20)

Alcuni uomini del piccolo villaggio, per cercare un lavoro che potesse permettere una vita decente alle loro famiglie, decisero di emigrare in Svizzera ; prima di partire fecero un patto: qualora qualcuno di loro si fosse ammalato e fosse stato costretto a ritornare a casa, tutti lo avrebbero seguito.

Partirono, ma dopo qualche mese uno di loro si ammalò e così tutti ritornarono alla Quercia per accompagnarlo e per prestargli le prime cure.

Nel dicembre del 1907 tutta la chiesa ed il convento furono illuminati con lampade ad energia elettrica( let 81/907).

Tra il 18 ed il 27 Maggio di quell’anno , nel Convento della Quercia ,presente p.Giacinto Cormies fu tenuto il Capitolo Generale .

Il 22 maggio, poi, il cardinale Cretoni, prefetto della Sacra Congregazione dei Riti, devotissimo della Madonna della Quercia, dalla quale l’anno prima aveva ricevuta la grazia della salute , incoronò l’Immagine della Vergine e del Bambino , alla presenza anche del Vescovo di Viterbo Mons. Granelli.

Padre Clemente Cafarelli fu nominato soprintendente del monumento il 28 febbraio del 1908; a lui Cesare Pinzi ," Ispettore pei Monumenti e Scavi d’Antichità del mandamento di Viterbo" , ricordò con una lettera l’obbligo di esporre la bandiera nazionale sul Campanile nelle seguenti ricorrenze:

" 8 gennaio – Nascita di S. M. la Regina ( bandiera spiegata)

9 detto – Morte di Vittorio Emanuele II ( Bandiera abbrunata a mezz’asta)

14 marzo – Commemorazione della morte di Umberto I ( come sopra)

Prima domenica di Giugno- Festa dello Statuto ( Bandiera spiegata)

20 Settembre- Festa Nazionale ( come sopra)

11 Novembre – Nascita di S. Maestà il Re ( come sopra)

20 detto – Nascita di S. Maestà la Regina Madre ( come sopra) "( let. 181/908)

Il p. Generale Cormier , nel 1908, vendette al signor Giuseppe Gargana, di Civitavecchia, una parte del Recinto, circa 35 ettari; il podere era ben coltivato e ben tenuto anche se vivevano con esso molte più famiglie di quante fossero vertamente necessarie. ( san.sab.XI 9400C p. 18)

L’otto novembre dello stesso anno venne in visita al Santuario il domenicano Mons. Marengo, arcivescovo di Smirne, che aveva fatto la sua professione religiosa davanti all’Immagine della Madonna della Quercia; il giorno seguente lo raggiunsero mons. Camilleri, vescovo di Santorino in Grecia e mons. Paleologos protonotario Apostolico e parroco del Pireo ( AGOP XI 9400C p.19)

Nel 1909, p. Caffarelli sostituì nella carica di soprintendente al monumento, p. Luigi Grifoni, che si impegnò molto per il restauro del chiostro della cisterna.

" Il signor Micara, marito di Jannuccelli abitanti in casa propria vicino al ponte sulla via che conduce a Bagnaia, sui confini tre Bagnaia e Quercia, avevano nel giugno 1909 una bambina dell’età di circa due anni inferma gravemente agli intestini, in pericolo di perdere la vita da un momento all’altro.

I genitori della bambina , fedeli e divoti,sinceramente, vennero a supplicare la Madonna della Quercia, fecero più volte le loro divozioni, domandarono la guarigione della bambina.

Fu loro ispirato( o suggerito) di raccomandarsi alla Venerabile Suor Maria Colomba Domenicana, ebbero un sunto della vita e qualche Immagine della Venerabile .La bambina entro un mese guarì e i due coniugi fecero un dono di valore alla Madonna della Quercia. Donarono un anello d’oro con tre diamanti incastonati nello stesso anello…"( Agop XI 9400C p.29)

Il 23 luglio del 1909 sul campaniletto interno fu posta una nuova campana, fusa da Eugenio Lucenti che vi pose intorno la seguente scritta : MAGISTRO ORD. – PRAED. HYACINTHO- CORMIER PRIORE- CONVENCTUS VINCENTIO- NOVARO LUCENTI- EUGENIUS FUDIT- ROMAE MCMIX( agop XI 9400C p.22)

Sempre sul campanile, ancor oggi , insieme a questa campana ne esiste un’altra più piccola che reca la seguente scritta: MDCXXX + AVE MARIA- GRATIA PLENA- AVE MARIA SUPRA QUERCIA- ORA PRO NOBIS- SANCTUS DOMINICUS O.P.N.- CRUCIFIXUS O.P.N.-S.JOSEPH O.P.N.-MATER ET VIRGO O.P.N.

Luigi Aquilanti , finito il servizio presso il cardinale Del Drago a Roma in piazza Barberini, acquistò una delle 300 botteghe, quella posta accanto alla Fontana Nuova; aiutato dalla moglie e dai figli aprì la Trattoria del Villaggio, che poi, grazie ai figli Giuseppe e Vittorio divenne il "Gran Ristorante Aquilanti".

Alfredo Aquilanti , altro figlio di Luigi, aiutava spesso il padre nei giorni di fiera e in particolare :

" … aiutavo spesso mio padre, ma lo facevo più volentieri nel giorno della festa di S. Domenico , il 4 agosto.

Alla Quercia era una giornata di festa grande e in convento veniva offerto agli ospiti invitati a pranzo anche il gelato che noi Aquilanti preparavamo; per me era l’occasione buona per gustare quella leccornia.

La trattoria lavorava specialmente durante le due fiere di maggio e di settembre ; in quei giorni arrivavamo a servire centinaia di persone con un guadagno che raggiungeva in quegli anni le 5000 lire.

Con qualche amico iniziammo gli studi al seminario di Viterbo e poi li continuammo al Liceo Classico Statale ; ogni mattina partivamo a piedi dalla Quercia e finite le lezioni , sempre a piedi, ritornavamo a casa. Sia all’andata che al ritorno passavamo davanti al forno Mascherini dal quale usciva un odore di pane fresco e di pizza " inebriante" tanta era la fame che noi ragazzi pativamo in quegli anni .

Un altro importante avvenimento per i querciaioli era l’arrivo della trebbiatrice della quale si servivano quasi tutti i paesani ; si fermava nei pressi di Campo Graziano all’inizio della strada della Cupa e lì veniva trasportato il grano da trebbiare.

Dalla farina ricavata in quell’occasione ciascuna famiglia sperava di poter calmare i morsi della fame per i mesi a venire fino al raccolto successivo.

Le salsicce si magiavano al tempo della torchiatura e possedere un torchio era una ricchezza.

Un momento che tutti noi "cerquaroli", grandi e piccoli, aspettavamo era il giorno delle corse dei cavalli nelle feste di S. Rosa; cavalli, fantini, liti tra proprietari degli animali, la banda … Campo Graziano offriva ancora una volta un grande spettacolo…"

Il 9 ottobre del 1913 fu inaugurata la linea ferroviaria Roma- Civitacastellana- Viterbo che attraversava anche La Quercia e per la cui costruzione furono abbattute alcune case , quelle che chiudevano il quadrato della piazza , dal lato nord; la stazione fu posta prima dell’entrata al paese lungo la strada per Bagnaia.

Padre Beniamino de Rossi , il 3 luglio del 1914, venne nominato Conservatore Onorario del monumento e non più sovrintendente .

Durante la guerra 15-18, il convento della Quercia fu utilizzato per accogliere i prigionieri austro-ungarici; alcuni di essi si raccomandarono alla Madonna della Quercia per avere la libertà e ottenutala, posero sulle mura della chiesa un ex voto in cui esprimevano il loro ringraziamento con una sola parola: mercy.

In questo periodo , il convento della Madonna della Quercia fu nuovamente un punto di riferimento per i novizi della Provincia Romana.

Riprese con vigore la devozione verso la Santa Immagine e i Domenicani cercarono con ogni mezzo di rilanciarla.

"… All’appello del Comitato per le feste cinque volte centenarie ( le quali invece del 1917, impedito dalla guerra, si sono celebrate in quest’anno) in onore della Vergine, invocata sotto il titolo della Quercia nel villaggio omonimo, a due chilometri da Viterbo, tutto il popolo non solo del villaggio e della città , ma anche dei vicini paesi , ha risposto con vero slancio di fede e di amore.

Il giorno 19[ settembre], Domenica, con la messa cantata assistita pontificalmente da Mons. Emidio Trenta, Vescovo diocesano, si diede principio alle sacre funzioni, che tutti i giorni, fino al 26 si sono succedute in un modo veramente solenne in preparazione della festa.Il settenario fu predicato dal R.P. Maestro Fr. Antonino Luddi dei predicatori, e non ostante la distanza della città, insieme agli abitanti del villaggio, accorsero numerosi i viterbesi ad ascoltare la parola dotta, ma nello stesso tempo facile del valentissimo oratore dei figli di S. Domenico.

Grande oltre ogni dire fu lo stuolo dei devoti che, la mattina del 26, si appressarono alla Comunione Generale distribuita da Mons. Vescovo nostro, fra i cantici dei pellegrini che frattanto giungevano dai paesi circonvicini.

Al pontificale, che nel medesimo giorno celebrò l’Em.o Sigr.Card.Andrea Fruchwirht, la vetusta ed artistica Basilica, splendente nei ricchissimi addobbi e nelle mille faci che si riflettevano nei lampadari di cristallo, rigurgitava di un popolo raccolto e devoto.Il che, mentre ridestava la cara e soave memoria dei tempi fiorenti del Santuario, ricolmava lo spirito di dolcezza e di gioia ineffabile.

La sera , alla processione solenne, in cui la venerata Immagine di Maria SS.ma passò benedicendo per le vie del paese, fra una immensa folla devota e commossa in una gloria di suoni, di cantici e di applausi, presero parte: l’E.mo Sigr. Card. Fruchwircht, Mons. Vescovo, il Capitolo della Cattedrale, il Collegio dei parroci di Viterbo, il clero secolare e regolare, gli alunni del Seminario diocesano, le confraternite del villaggio, le associazioni ed i circoli cittadini con i loro vessilli.

Lo stesso E.mo Principe impartì, al ritorno nella chiesa, con l’Adorabile Sacramento la trina benedizione.

Lunedì 27 altro solenne pontificale celebrato da mons. Vescovo diocesano, il quale, la sera, impartì la trina benedizione col SS.mo Sacramento.

Con indovinato, e veramente pio pensiero, si volle chiudere il ciclo delle feste Mariane con una giornata eucaristica che si celebrò il 29.

Essa riuscì sommamente solenne e devota.

Mons. Vescovo assistette pontificalmente alla Messa solenne della esposizione.

Durante il giorno fu un avvicendarsi continuo di Sacerdoti, di fedeli, di istituti religiosi e di associazioni cattoliche nell’adorazione a Gesù Eucarestia.

Non è poi possibile descrivere quale manifestazione di fede viva e sentita sia stata per tutti la processione che la sera, dopo l’Ora Santa, ebbe luogo con Gesù Sacramentato, sorretto da Mons. Vescovo, per le vie del villaggio.

Ad essa, oltre un aimmensa folla di popolo, intervennero il Capitolo, i parroci, i sacerdoti dell’uno e dell’altro clero, i seminaristi le confraternite e le associazioni cattoliche recanti i loro vessilli…"; del successo di queste feste centenario molto merito fu dato al padre priore di quel tempo fra Pistamiglio e al presidente del comitato festeggiamenti Francesco Marcucci. ( Bollettino Diocesano )

Il Vescovo di Viterbo mons. Emidio Trenta , il 9 dicembre del 1920 , istituì la nuova Parrocchia di S. Maria della Quercia, affidata ai padri domenicani, che fu inaugurata il 19 marzo 1923 , dopo aver ottenuto il Regio Assenso l’otto marzo ; il primo parroco fu frate Antonino Bonello, priore dei pochi domenicani che vivevano ancora nel convento della Quercia. Il solerte padre già nel Natale del 1921 aveva ottenuto dal Vescovo il permesso di erigere nella Basilica della Quercia la Confraternita del S.S. Sacramento alla quale parteciparono un buon numero di uomini del piccolo paese.

In un foglio volante dell’epoca è riportata la composizione che la confraternita assumeva durante la processione di San Vincenzo Ferreri , che i Domenicani avevano eletto comprotettore della Quercia e la cui festa veniva celebrata la II domenica dopo Pasqua:

" Bandiera : Gemini Giuseppe e Rocchetti Pietro

Croce : Bernini Vittorio (Rocchetti Leandro- Pesci Vincenzo- Marcucci Vincenzo)

Crocefisso : Marcucci Oreste (Signorelli Quintilio, Bernardini Sante, Chiodo Giovanni, Pesci Vincenzo)

Madonna con Campanello : Bernini Giacomo ( Gemini Giuseppe, Pianura Luigi, Pianura Lorenzo)

Ombrellone, Simbolo della Basilica: Lazzari Salvatore ( Rocchetti Amerigo, Ciprini Calisto)

Mazziere: Rocchetti Vincenzo

Crocette: Bernini Biagio Girelli Eutizio, Municchi Giovanni, Testoni Salvatore, Pianura Lorenzo

8 uomini che portavano la statua di S. Vincenzo : Rocchetti Salvatore, Bernini Domenico, Dottori Egidio, Lazzari Giuseppe, Graziotti Remo, Bernini Orlando, Graziotti Vincenzo, Grazini Paolo

Lampioni : Chiodo Giovanni, Bernardini Sante, Lazzari Alessandro, Valeri Giovanni . "

Oltre a quella del Santissimo Sacramento, alla Quercia esistevano altre 2 confraternite: la Confraternita del S.S. Rosario e la Confraternita della Milizia Angelica.

Dell’esistenza della prima si hanno notizie già nel XVI secolo; infatti fra Tomasso Bandoni , raccontando i miracoli più importanti che erano accaduti per intercessione della Madonna della Quercia , ricordando S. Pio V , scrisse: " …Veramente la Madonnna Santissima della Quercia , Madre ancora del Santissimo Rosario, devota particolare di questo santo pontefice Pio Quinto, alla quale havendo fatto voto per la salute universale del mondo di volerla visitare e portarvi ricchi doni doppo l’ottenuta vittoria, ecco che comparse questa bella Esther della Madonna della Quercia colore roseo " Perfusa vultu" , avanti al suo Santissimo Figlio, supplichevolmente ottenne la desiata vittoria a Pio Quinto…" ( bandoni man. C.75v).

Ed ancora :

" …in questa guerra [ battaglia di Lepanto] v’era entrato un huomo chiamato Ambrosio Coccarelli o Cecchinelli da Milano habitante in Carbognano , solo armato con l’arme materiali ordinarie da soldato non havendo preso le spirituali arme del S. Rosario, permesse Dio che fosse ferito con quattro ferite mortali una freza gl’entrò nell’occhio destro, due stoccate nel petto et una vicino al mollame, e sentendosi mancare le forze, et il valore si ricordò della Madonna della Quercia e de’ suoi genitori descritti nella Compagnia del Rosario di detto luogo , e chiese alla Madonna della Quercia aiuto con promettergli di pigliare l’arme sua del Santissimo Rosario, e senza giacere in letto sanò e rimase senza alcun impedimento dell’occhio e della sua vita , e la sua statua è in chiesa tra le principali, et fu poi mentre che visse devoto del Santissimo Rosario ; et essendo l’altare della Madonna della Quercia dedicato al Santissimo Rosario volle essere scritto nella Compagnia di detta Chiesa

…Si ricordò un certo Tommaso Roberti da Ronciglione caporale, si ritrovò in quella guerra[ battaglia di Lepanto] , che la Quercia, ove stà la Vergine era sua particolare devota per esser quivi la Compagnia del Santissimo Rosario, e nella stessa sua chiesa scritto tra i suoi figli…". ( bandoni man. C.96 v )

Sempre il Bandoni scrive:

" …et l’anno 1602 alli 8 di settembre Fabbiano di Silvestro da S. Petroniano della stato di Siena essendo stato sei mesi cieco, et mutolo per una grande infermità nel suo cuore si riccordò di questa santa Vergine della Quercia, alla quale raccomandandosi con viva fede incontinente ricevè il lume degli occhi ed il parlare et con duoe testimoni si ricevè la relatione in scritto et sottoscritti come si trova nel libro del Rosario a c. 106 del convento…"( ban. Man. C.27v)

Anche padre Giacinto Ravicini, frate alla Quercia, in una sua pubblicazione del 1702 proprio sul S. S.Rosario ricorda come Pacifico Pacifici , padre di Nuntiano o Numelciano Pacifici di Grotte di Castro , avesse raccomandato alla Vergine Santissima della Quercia , invocata come Regina del S. Rosario, il proprio figlio , ferito mortalmente da una scheggia del suo moschetto che gli era scoppiato tra le mani .

Un’altra grazia particolare la ricevettero i coniugi Bartolomeo Pattirossi e Amatilda Cerrosi, che avevano avuto la casa dove si trovavano colpita da un fulmine nell’agosto del 1696; anche il viterbese Giuseppe Riccioli, dottore in legge, luogotenente di Monsig. Caracciolo governatore di Viterbo, ammalatosi gravemente nel 1698, fu salvato per intercessione della Madonna della Quercia ; in ringraziamento decise di iscriversi alla Compagnia del S.S. Rosario ivi esistente.( Ravicini vol II p. )

Nell’archivio del convento troviamo anche che nel 1700 erano Priori della Compagnia del Rosario della Quercia le signore Francesca e Virginia Calabresi.( vol. 357 c. 12v)

Esistono, poi, due volumi , uno intitolato " Confraternita del Rosario di Maria Santissima della Quercia " e l’altro " Confraternitas Sanctissimi Rosari in Conventu Sanctae Mariae ad Quercum " in cui , a partire dal 1844 fino al 1930 sono registrati i nomi degli iscritti alla Compagnia ed il giorno in cui si erano impegnati a recitare il Rosario.

Ad ognuno di essi veniva rilasciata una "poliza" in cui era evidenziata l’ora in cui tale recita doveva avvenire , suggerite alcune intenzioni e ricordate le varie indulgenze concesse dai pontefici agli iscritti alla Compagnia ; anche questa tradizione di consegnare a ciscun fratello e sorella le polizze o come venivano spesso chiamate le Ore è ben documentata nei manoscritti del convento:

il 15 Settembre del 1703 fu pagato "…uno scudo per una risma d’Ore del S.S.Rosario fatti stampare in Viterbo dal sig. Giulio Giuli stampatore a uno scudo la risma…" ( vol. 358 c.7v)

Poi altri pagamenti:

" [23 agostoi 1716] …scudo uno e baiocchi sessanta al sig. Benedetti stampatore per sedici quinterni d’Ore del Rosario …"

" [ 20 giugno 1722] ..scudi due consegnati a fra Angelo Cuccinaro da darsi allo stampatore per havere stampato una risma di Hore del Rosario…" (vol. 358 c. 180v)

Riguardo poi all’altra Confraternita della Milizia Angelica o Cingolo di San Tommaso d’Aquino, si hanno le prime notizie in un altro volume in cui i primi soci sono registrati nel 1846 e gli ultimi nell’anno 1930.

Alla Quercia , i padri Domenicani, aiutati dal parroco dell’Edera, fin dal 1908 avevano costituito anche l’associazione dei giovani " S. Maria della Quercia" , aderente alla Gioventù Cattolica Italiana.

All’interno d’essa, venne formato il " concerto" ossia la Banda Musicale, che fu costituita grazie ad un notevoile contributo del signor Biagio Bernini, cameriere particolare del cardinale Del Drago ; in suo onore ogni capo d’anno e il giorno di San Biagio veniva organizzato un concerto sotto le finestre della sua casa.( A. Gianf. Ciprini)

Nel 1924 fu nominato conservatore onorario del Monumento padre Filippo Caterini in sostituzione di p. Innocenzo Taurisano, nominato nel 1918.

Due anni dopo , nel luglio del 1926, visitò Benito Mussolini il Santuario della Quercia.( bol.par.set.1954)

Il parroco P. Benedetto Maria Di Pietro, il 27 febbraio del 1929, chiese autorizzazione al vescovo di Viterbo di poter apporre in chiesa le stazioni della Via Crucis, donate da una discendente della famiglia Caprini; il permesso arrivò il 2 marzo dello stesso anno e così le 14 stazioni, lavorate in gesso policromo, furono apposte sulle pareti della chiesa .

Nel 1929 , l’otto di Dicembre, "… alla presenza di tutto il popolo della Quercia S.E. Rev.ma Mons. Emidio Trenta, Vescovo di Viterbo, procedette alla benedizione dei locali dell’Asilo Infantile S. Maria della Quercia e quindi alla sua inaugurazione…" ( documento a parte Arc. G. Cip.)

L’Asilo, costruito ex novo su terreno di proprietà dei domenicani grazie alla munifica generosità del cavalier Giuseppe Micara, fu affidato alle suore della Sacra Famiglia , la cui casa generalizia era ed è ancora oggi a Castelleto sul Garda.

Nel 1932, il generale dei Domenicani , padre Gilet, cedette, con grande rammarico dei padri italiani, sia il Convento come i terreni circostanti, che i frati avevano riscattato dalla Stato Italiano, alla Santa Sede per farvi il Seminario Regionale, voluto da Pio XI.

" L'atto condizionato di cessione alla Santa Sede fu steso il 10 ottobre 1934 dal notaio Urbani di Roma e l'atto definitivo del passaggio di proprietà fu rogato dallo stesso notaio il 3 dicembre 1935. In conseguenza dell'atto di donazione l'Amministrazione dei Beni della Santa Sede subentrò nei diritti e nei doveri dei cessionari che includevano il possesso libero di tutta la parte non monumentale del convento e del terreno adiacente. Restavano esclusi dal possesso ed erano assegnati al Ministero dell'Educazione Nazionale la Basilica con il campanile, il chiostro detto del Bramante, la sacrestia con il sottoscala e il sotterraneo, tre locali annessi alla sacrestia e i coretti superiori. Altri locali erano destinati ad abitazione del clero e del personale addetto alla custodia della fabbrica monumentale ( mettere in nota)

A causa della massa imponente dei fabbricati e dello stato di deterioramento da essi subito nel corso di cinque secoli, lo studio del progetto per i restauri e le trasformazioni fu molto lungo. I lavori. iniziati ai primi di aprile 1932 e protratti fino al mese di novembre 1933, richiesero 180 giorni lavorativi con una media di 200 operai giornalieri Per sistemare alcune parti dei fabbricati fu necessario iniziare dal rinforzo delle fondazioni e procedere fino alla sostituzione dei soffitti a volta con altri a putrelle in cemento armato e per tutti i fabbricati occorse una trasformazione radicale delle coperture. Furono allargate porte e finestre e le cellette dei religiosi vennero in gran parte demolite per far posto ad aule di studio e ad ampi dormitori. La pavimentazione fu totalmente sostituita e in luogo dei mattoni comuni che già esistevano vennero poste delle marmette in granaglia di cemento. Il grande refettorio, chiuso fra il chiostro grande e un'altra costruzione esterna, mancava di luce e di circolazione d'aria ed era perciò molto umido. L'abbattimento quasi totale di quel fabbricato esterno, che era la vecchia cucina dei religiosi, consentì di ricavare degli ampi finestroni per dare al refettorio luce ed aria.

Al pianterreno furono sistemati il parlatorio per gli alunni e quello dei Professori e Superiori, l'economato, i due refettori, la cucina, la lavanderia, la stireria, il guardaroba e i magazzini. Nel piano ammezzato trovarono posto i gabinetti di fisica, chimica e scienze naturali, la grande Aula Magna e l'infermeria. Al primo piano furono ricavati l'appartamento del Cardinal Prefetto, gli alloggi per i Vescovi, le camere per i teologi, i dormitori, le aule di studio, la biblioteca e le stanze per i Superiori.

Collegate direttamente dagli ampi corridoi vi erano le due cappelle, una grande ancora in costruzione. che doveva accogliere tutta la comunità, ed una posta sopra la sacrestia della Basilica, aperta verso l'interno del luogo sacro e destinata ai teologi. Al secondo piano, limitato alla sola parte superiore dei due cori della Basilica, vi erano l'appartamento riservato ai Professori, la cappellina, la sala di lettura e la biblioteca particolare. L'appartamento delle suore era sistemato nel braccio di nuova costruzione sotto la cappella grande. Esso era completamente isolato da tutto il resto del Seminario, col quale poteva comunicare solo attraverso la cucina. Sfruttando un poggio alberato fu ricavato un ampio campo da gioco in una posizione amena e panoramica. "( Musolino p. 14-15)

Venne modificato il tracciato della ferrovia, che passava all’interno della Quercia, lavori che furono effettuati anche a causa di un grave incidente accaduto proprio nella piazza antistante il Santuario quando una ragazzina investita dal treno perse ambedue le gambe.

In quel tempo, il percorso del treno fu spostato più a nord e furono così eliminate le rotaie sia lungo viale Fiume come all’interno della Quercia e lungo viale Trieste , mentre la stazione fu costruita vicino al vecchio Seminarietto, una villa adibita a casa di villeggiatura per il seminario diocesano di Viterbo.

Gli abitanti della Quercia per vivere si arrangiavano come potevano, utilizzando anche qualche ricetta segreta che gli antichi speziali del convento aveva passato ai loro antenati ; è il caso dell’ ufficiale postale di quel tempo , Bernini Pio, e di Bernini Cesare che nei mesi di marzo ed aprile, in società vendevano a moltissimi contadini un rimedio, chiamato Imbratto, da utilizzare contro le rughe delle vigne.

Così ricorda la ricetta Mario Bernini , figlio di Pio:

" facevamo bollire per 5 o 6 ore:

Olio d’oliva, Tabacco Saturnino, Pece Greca, Trementina ; ne scaturiva un unguento maleodorante che veniva spalmata lungo le propaggini delle viti che erano così salve dall’attacco degli insetti. "

Andati via i domenicani, la parrocchia fu affidata a don Umberto Guidobaldi; il buon sacerdote si diede subito da fare per cercare di non smorzare l’entusiasmo di molti ragazzi e ragazze che nel frattempo erano cresciuti sotto la guida dei padri predicatori.

Cercò in ogni maniera di vitalizzare la vita spirituale del piccolo borgo e nello stesso tempo si preoccupò che tutto quanto fosse di proprietà della Basilica rimanesse alla Quercia; i domenicani, partendo, avevano portato via anche i paramenti sacri , i volumi d’archivio e altro materiale appartenente al Monumento Nazionale che don Umberto fece riportare nel Santuario viterbese.

Una devozione che il "curato" ebbe molto a cuore fu quella al Sacro Cuore di Gesù e di Maria; tutte le famiglie della Quercia furono ad Essi consacrate e ogni via aveva il suo stendardo processionale con sopra attaccate tante medagliette quante erano le famiglie che vi abitavano, segno evidente di questa consacrtazione.

La Quercia era per i Viterbesi un luogo di relax e molti erano coloro che passavano giornate intere nel piccolo villaggio, specialmente in tempo di fiera o durante la festa della Madonna .

" Coetta era l'anima de La Quercia, conosceva tutti i più remoti angoli del Santuario come non ignorava gli affari dei villani e dei signori. Spolverava continuamente gli arredi sacri, sopraintendeva alla spazzatura del grande pavimento della Chiesa ed in certe ore, spariva dalla circolazione per attaccarsi alle funi delle campane: l’Ave Maria, Mezzogiorno, la Benedizione, le Messe, un’ora di notte.

Nei giorni di Sagra si arrampicava su per le scalette del campanile, nella intesa qualifica di comandante supremo degli uomini, capaci di suonare a martello Agata e Maria: le melodiose campane di Santa Maria della La Quercia.

Sotto, su la Piazza, c'era gente col naso all'aria: la Mariuccia del Lepre, Giovannella, Tarranco, la Caponera, la Scanzalegnia, Giovanni del Baffo, il fabbretto, la Bacucca, la fornara, quelli della Posta e, per lo meno, altri cinquanta eccetera.

Si rizzava quell'Albero della Cuccagna che é da considerarsi l'obelisco di ogni festa di paese; dalla scuola provenivano solitarie volate di clarinetti tutti compresi nell'imparar bene le parti; si disponeva il Palco della Tombola mentre cominciavano a pullular le bancarelle dei venditori ambulanti, giunti da cento diverse località: insieme ai torelli ed ai puledri della Fiera, sozzi di sudore e di polvere....

Le donne si ripromettevano di giunger prime alla Corsa della Brocca e gli uomini a quella del Sacco. Lo stomaco della gioventù mascolina era pronto per la terribile ingestione, al cospetto di un pubblico gavazzante, delle matasse di maccheroni, nere per il gran condimento di pepe.

I "Signori della Festa " erano anch'essi in gran daffare per racimolar soldi e preparare il grosso cero da offrire all' Altar Maggiore, durante la Messa solenne…"( Viterbo 1937 Giovanni Mazzaroni)

Capitolo XI

Gli ultimi cinquanta anni: don Sante Bagnaia

Nel 1936, dopo un breve periodo in cui la parrocchia fu affidata alle cura del bravo don Umberto Guidobaldi, rettore del Seminario Vescovile di Viterbo, che, nel 1934, era stato nominato anche conservatore onorario del Monumento , venne alla Quercia don Sante Bagnaia, prima nominato parroco economo e successivamente , nel 1941, parroco effettivo poi conservatore onorario del Monumento Nazionale.

E’ a questo sacerdote che si deve la rinascita del monumento e della devozione alla Madonna della Quercia .

Seguendo le orme del suo predecessore costruì intorno a sé un bel gruppo di fedeli, uomini, donne, giovani ed anziani; insieme a loro diede vita ad una delle parrocchie più attive di Viterbo.

Molti abitanti del piccolo borgo lo aiutarono in ogni circostanza.

Nel 1935, il comune di Viterbo aveva acquistato la piccola casupola costruita sotto il campanile per poterla demolire onde eliminare i gravi inconvenienti sia di natura estetico-architettonica sia di igiene pubblica da essa provocata. ( arc. Vit. Com. Vit. B. )

Ugo ed Anita Carletti, nel novembre del 1943, donarono una borsa di studio di £. 35.000 per un giovane seminarista, possibilmente querciaiolo, del seminario Interdiocesano di Viterbo; ne approfittò Giuseppe Aquilanti di Vincenzo, poi ordinato sacerdote nel 1947, ormai nella pace del Signore.

Un’altra giornata importante, per il popolo della Quercia, era il giorno della festa di S. Vincenzo Ferreri, comprotettore del paese e chiamato in aiuto dai contadini del villaggio nelle necessità della loro vita agricola. Teresita Pelliccioni la ricordava in questa maniera:

"…Si celebra alla Quercia la Festa di S. Vincenzo Ferreri, festa che ha, soprattutto, uno scopo propiziatorio, precisamente quello di impetrare dal Signore, per intercessione di S. Vincenzo, la benedizione dei campi ed un conseguente buon raccolto.

Nel cuore poi di ciascuno, questa benedizione viene invocata anche per la propria anima, per la famiglia, il lavoro, gli interessi e quant'altro più sta cuore.

La Festa ha origini antiche e fu introdotta dai Domenicani, essendo S. Vincenzo Ferreri un santo domenicano.

Nei miei migliori ricordi dell'infanzia e della prima adolescenza vi é anche questa festa e ritornando con la memoria indietro nel tempo… ne voglio puntualizzare alcuni aspetti.

La processione era l'avvenimento che più eccitava l'attesa di noi ragazzini per le varie componenti che l'animavano. Ricordo i membri della confraternita vestiti di saccone bianco con cappuccio, tra i quali attiravano la nostra attenzione i "mazzieri", cioè tre o quattro confratelli, che muniti di mazza corrente, avevano il compito di fare spazio al corteo e curavano, in un certo senso, l'ordine dello steso.

Erano portati in processione, sorretti dai confratelli più giovani:

- la Statua di S. Vincenzo;

- due grandi Crocifissi di legno, infiorati generalmente di biancospino e di viole di Pasqua;

- alcuni stendardi, di cui uno grandissimo, sorretto da un confratello che ogni tanto sembrava dovesse soccombere sotto l'enorme peso. Lo aiutavano però - veri cirenei - ai due lati due altri confratelli che tenevano, ciascuno, un tirante di corda, per assicurare anche l'equilibrio di quell’ enorme quadro di stoffa.

- Vi era, inoltre, un quadro della Madonna, su armatura di legno, munita di una campanella che ogni tanto suonava per segnalare la partenza e le varie tappe della processione.

- Immancabile era il trasporto dell'Ombrellone, simbolo della Basilica, vanto ed onore della Quercia. L'ombrellone era a forma conica, montato su bacchettoni, di pesante stoffa a strisce verticali gialle e rosse. Era sorretto, all'interno, da un confratello, aiutato all'esterno da altri due che a mezzo di tiranti assicuravano, a seconda del vento, l’equilibrio dell’ombrellone stesso.

L'itinerario della processione era :Piazza del Santuario, Via del Passetto, Piazza della Pace, Via Risorgimento,via del Popolo, Santuario.

Durante il percorso la processione faceva tappa sulla piazzetta della Pace, ove aveva luogo la benedizione delle sottostanti campagne a mezzo della reliquia di S. Vincenzo che un "notabile" del clero sorreggeva per tutto il tempo della processione.

Spiccavano, nel corteo, i bianchi sai dei domenicani, finché furono presenti alla Quercia, poi le bianche cotte dei seminaristi che allora numerosi si trovavano al seminario regionale per prepararsi al Sacerdozio.

Poi vi era il popolo, tanto popolo, certo tutta la Quercia, mentre viterbesi e bagnaioli generalmente sostavano nelle strade per fare ala alla processione.

Esaurito il percorso, la processione rientrava in basilica e lì la cerimonia terminava con una solenne benedizione ai piedi dell'altare della Madonna.

Ma non tutto finiva lì, in questa giornata.

All’uscita della chiesa i querciaioli si recavano nelle loro case per fare onore, con una merendina, agli ospiti venuti alla Quercia per l'occasione.

Gli altri intervenuti , da Viterbo, da Bagnaia e dalle vicine campagne prendevano posto nei tavoli siti all'esterno delle trattorie e bettoline e qui si radunavano le famigliole per gustare lietamente le cibarie portate da casa od acquistate nelle botteghe locali.

Il tutto innaffiato da quel vinello, bianco o nero che fosse, di cui i querciaioli di quei tempi erano maestri insuperabili nel produrre, sia per bontà che per genuinità.

Intanto i sacri bronzi annunciavano, con gravi rintocchi l'Ave Maria,

e sul volto della gente passava una fugace espressione di serietà che scopriva un’intima preghiera.

Cessato il suono della campane riesplodeva schietta l'allegria della gente che si protraeva fino a sera inoltrata.

Poi le comitive prendevano la via del ritorno, logicamente a piedi, cantando allegramente le canzoni e gli stornelli della nostra terra…"

Il furore della guerra arrivò anche a Viterbo che venne ripetutamente bombardata .

Il 20 gennaio del 1944 ,anche la Quercia subì l’oltraggio delle bombe; don Sante ricordava in un suo scritto: "…alle ore 13.20 una formazione di bombardieri inglesi lascia una pioggia di bombe sulla Quercia. Io sono sulla piazzetta della chiesa e vedo l’Asilo saltare in aria. E’ una nuvola di fumo e di terra che per alcuni minuti inonda La Quercia ed oscura il sole. Di corsa sono subito sul luogo del disastro , le macerie sono ancora fumanti. Si teme per le suore; non si sentono però gemiti. Dopo venti minuti di ricerca vengono ritrovate in un rifugio di campagna. Per grazia di Dio e della Madonna nessun morto o ferito.

Una folata di panico si abbatte sulla Quercia e tutti, grandi e piccoli, si allontanano dal paese. …resto solo a piangere seduto sui gradini della scalinata. Contemplo quelli che partono , pensano tutti a se stessi. Con i fagotti sulle spalle e i bambini fra le braccia sfilano lungo la strada.

Solo poche persone restano all Quercia : i presidenti dei giovani, delle giovani e degli uomini di azione cattolica e poche altre anime buone .

Solamente una donna andandosene mi grida : " fate bene il guardiano alle nostre case "..

Intanto, il giorno dopo giunge il comando dell’Aviazione tedesca; sono circa 200 automezzi. Si spera che se ne vadano presto, ma quando vediamo le auto piazzate in tutte le vie del paese la speranza svanisce. Per cinque mesi la Quercia sembrerà una trincea…

Intanto i bombardamenti si susseguono di giorno e di notte.

Il 3 maggio , per una sparatoria avvenuta tra tedeschi , vengo messo al muro insieme ad un gruppetto di querciaioli , nella piccola piazzetta del paese; la Madonna ci dà una mano e riesce a tirarci fuori da questo pasticcio facendo intervenire un caro amico,Pietro Biscetti, avvisato in modo provvidenziale, riesce a convincere il comandante tedesco a lasciarci liberi.

Durante i primi giorni di giugno continuano i bombardamenti e durante la notte le macchine dei tedeschi in fuga attraversano velocemente il paese; cortei interminabili per ore e ore fino al mattino .

I tedeschi di stanza alla Quercia sono partiti ma il giorno sette un aereo mitraglia la chiesa ed i segni di questa incursione sono ancora visibili sulla gradinata della chiesa.

La notte dall’otto al nove è tutto un fragore di bombe ed al mattino dovunque si scorgono pennacchi di fumo Alle sei del mattino scorgo un cannone tedesco lasciato al centro della piazza all’inizio della strada per Bagnaia; lo faccio coprire di frasche per non attirare l’attenzione degli aerei americani.

Passano tre autocarri pieni di soldati tedeschi , penso che sia meglio entrare in chiesa; inizio la Santa Messa e all’offertorio una grande esplosione scuote tutta la basilica: i tedeschi avevano fatto saltare il ponte sulla strada di Bagnaia.

Alle 10.30 un drappello di americani raggiunge il piazzale della chiesa e un soldato americano sale la scalinata della chiesa ed inginocchiatosi dasvanti a don Sante gli chiede la benedizione ; la guerra per noi della Quercia è finita! …" (arch. Ciprini-ricordi personali di don sante)

Nel giorno della festa della Madonna Assunta del 1944 , uscì il primo numero del bollettino parrocchiale " La Madonna della Quercia", piccolo giornale che diventerà poi una cronaca di tutti gli avvenimenti importanti del villaggio .

Nel numero speciale[n°2] del 20 settembre è scritto:

"Nelle ore tragiche, che sono passate sul nostro capo, in piena aria di morte, al rombo sinistro e pauroso degli aeroplani, allo schianto terribile delle bombe, al crollar di edifici intorno a noi, allo spettacolo pauroso della bella Viterbo quasi rasa al suolo, al pronostico, che da ogni angolo ci veniva ripetuto: oggi è la volta della Quercia, questa notte é la Quercia; la Quercia é rasa al suolo; la Quercia, avamposto di guerra, (sembrava difatti una trincea con tutti quei mucchi di sassi e con tutte quelle macchine, mitragliatrici ecc.) é destinata a scomparire ecc. nello spavento, e questo giustificato assai, che la nostra storica Basilica di Maria, la più bella gloria mariana della regione, la casa comune di tutti i querciaioli in particolare, cadesse in irreparabile ruina, eruppe dal cuore una calda promessa: Vergine Santissima, se Voi ci scamperete dalla distruzione, pubblicheremo dovunque le Vostre glorie, le Vostre misericordie, vicino e lontano con apposito giornalino…

La grazia é fatta! Il prodigio é indiscutibile !... Il miracolo é lampante !.... e quale miracolo!... solo i ciechi non voglion vedere!..."( bol.par. n°2)

Per ringraziare la Vergine , il 24 settembre, il Vescovo di Viterbo, monsignor Adelchi Albanesi, insieme ad una moltitudine di viterbesi, partecipò ad una solenne processione, che partita dal piazzale della chiesa di s. Rosa , percorrendo tutto viale Trieste, arrivò alla chiesa della Madonna Quercia, ripristinando la vecchia consuetudine della processione di ringraziamento, il " Patto d’Amore", che i Viterbesi facevano annualmente al Santuario della Quercia, interrotta ormai da molti anni.( bol. Par. n° 3)

L’organo riprese a funzionare a pieno e, per migliorarne le prestazioni, fu elettrificato. ( bol.par. n° 4)

Un altro grande avvenimento, per la parrocchia della Quercia, fu l’ordinazione di un altro suo figlio: Dante Bernini ; il 12 agosto del 1945, Mons. Albanesi pose le mani sul capo di questo giovane querciaiolo.

Nel giorno dell’Assunta, don Dante celebrò la sua prima messa al cospetto di tanti che lo avevano visto crescere e davanti alla sua amata Madonna alla quale, alcuni anni prima, aveva affidato la sua vocazione.(bol.par.n°11-12)

"Eccovi ritornati ormai nelle vostre case. Molti di voi la prima parola, che hanno detto, fu questa "Solo la Madonna della Quercia mi ha salvato". Ed Io risposi: "Solo la Madonna della Quercia ha salvato il nostro paese". D'accordo dunque. Però molti di voi pur avendolo pensato non lo hanno detto. Qualcuno ha voluto attribuirlo al destino. No, cari:

il paese è intatto, le case e gli averi conservati. le persone care viventi, ma per LEI: la Madonna della Quercia-

Mancano ancora pochi soldati, ma anche questi verranno.

Le fotografie di ciascuno di voi, serrate in una busta, sono ancora a contatto con la Santa Tegola. I vostri nomi, scritti in un foglio, furono rinchiusi in cuore d'argento, che potete vedere ancora risplendere dinanzi alla Madonna.

Chi ci ha salvato dunque? Io ascrivo la salvezza di voi e la liberazione del nostro paese solo alla potenza della Madonna.

Penso che su questo argomento tutti i parrocchiani siano d'accordo.

Cosa abbiamo fatto fino ad oggi nel dimostrare la gratitudine nostra alla Madonna? Ognuno di voi, almeno in qualche momento di pericolo, ha invocato la Madonna, ne son certo. E allora? Che vi siate dimenticati dei benefici ricevuti? Vorreste lasciar passare questa occasione senza dimostrare con segno tangibile la vostra devozione? Che si sappia almeno attraverso i secoli che in questi anni tormentosi la Madonna della Quercia ancora una volta ha salvato i suoi figli in guerra.

La Sua festa è imminente. L'alba del 23 c.m. sarà salutata dal suono festoso delle campane, che chiameranno a raccolta intorno all'Altare di Maria tutti i suoi figli.

Tutti i reduci si troveranno per le ore 8 presenti alla S.Messa, celebrata secondo la loro intenzione Avranno un posto distinto: ascolteranno parole di circostanza dal nuovo Rettore dei Seminario Regionale, ex Cappellano militare. Vi accosterete alla Santa Comunione e alle 4 pomeridiane voi stessi porterete in trionfo per le vie del Paese la Sacra Tegola. Solo voi starete vicino alla Madonna.

Al ritorno dalla processione, alla quale parteciperà Viterbo e Bagnaia, verrà offerto alla Vergine un cuore d'argento, acquistato con le vostre offerte, dentro il quale saranno chiusi i vostri nomi, quale perenne ricordo, testimoniante ai vostri figli il vostro amore a Maria."(bol.par.n°14)

Così scriveva don Sante nel settembre del 1945 e i reduci ascoltarono il suo invito; furono tutti presenti ad accompagnare l’Immagine della Vergine Santissima che, trasportata a turno sulle loro spalle, fece il giro del paese in festa, paese in qull’occasione unito e riconoscente verso la Madre , dolce e tenera, che aveva custodito e salvato i suoi uomini partiti per una guerra dalla quale molti altri giovani di tutto il mondo non avevano fatto più ritorno.

La voglia di ricominciare pervase tutti e così don Sante, grazie anche ad un cospicuo aiuto del cav. Giuseppe Micara, riuscì ad aprire l’asilo adattandolo in una sala accanto alla chiesa, una volta il " chiostro delle donne ".

Sempre per i più piccoli organizzò " le colonie" nel vecchio convento dei Cappuccini, ai piedi della Palanzana; lì diede vita alla " Repubblica della Palanzana - Città dei ragazzi " una specie di comune che vedeva i piccoli partecipanti organizzarsi autonomamente con una giunta, sindaco e 4 consiglieri, eletti da loro stessi , ai quali era affidata la gestione e l’organizzazione della colonia.(Arc. Ciprini-ricordi di don Sante)

Per rilanciare la devozione alla Madonna della Quercia, di concerto con il vescovo di Viterbo, negli anni 1948-49, il solerte parroco della Quercia organizzò la " Peregrinatio Mariae "; la Sacra Icona scese , per la prima volta dopo 5 secoli, dalla sua naturale dimora e visitò Viterbo e vari paesi della diocesi :

" Inizio grandioso

Squillano tutte le campane : è l'ultima voce d'invito.

Già la lettura della lettera Pastorale del Vescovo nelle Chiese, i manifesti multicolori affissi con profusione sulle plance, il richiamo di un "numero unico" giunto in ogni famiglia, le voci dell'altoparlante che attraversa la città hanno preparato l'avvenimento.

Il cielo invero è grigio, rovesci di pioggia si avvicendano a brevi schiarite fin dalla mattina, ma la risposta dei viterbesi è stata piena.

Quando la Processione parte dal santuario, piove... C'è chi teme, in città, che la cerimonia venga sospesa. Ma le campane suonano ancora... l'altoparlante rassicura.

L'acqua non fa paura; i querciaioli hanno fede. Con dolore e con amore recano a Viterbo il loro tesoro : la Madonna miracolosa.

Sorride la sacra Immagine nell'artistico tempietto che ricorda nelle linee il tabernacolo di marmo, preziosissimo, dove è conservata. Splendono le lucciole elettriche accese che formano come una cornice luminosa al quadro. La processione avanza nel lungo viale al canto di canzoncine mariane accompagnate dalla banda.

In testa le Associazioni Parrocchiali, seguono i seminari Diocesano e Regionale, il Parroco, che incede avanti l'immagine, dietro la massa dei fedeli.

Porta Fiorentina è illuminata la gente è in frenetica attesa. Quando giunge la Madonna è un grido commosso, frenetico che scoppia : Evviva Maria. L'acqua cade a rovesci, impedisce l' ordinamento della processione predisposto con tanta cura. Non importa, ha inizio la sfilata. Sono le Associazioni Religiose Viterbesi che iniziano il corteo seguite per cavalleresca cortesia da quelle della Quercia. Le Comunità regolari cittadine, i Parroci, i Canonici sono tutti presenti. La Madonna si avanza seguita dal Vescovo accompagnato da due prelati e dalle Autorità cittadine; il Comune ha inviato anche il proprio labaro. Torce a vento illuminano il gruppo centrale del corteo seguito da una massa imponente di popolo. Dalle finestre pendono gli addobbi, brillano i lumi, cade una pioggia fantastica di bigliettini multicolori con le scritte di saluto alla Celeste Pellegrina. Il passaggio sul corso è commovente. Sulla piazza del Comune si ammassano le associazioni che presto la riempiono, la massa dei fedeli occupa tutta via Roma. Sulla facciata di S. Angelo si convertono le luci dei riflettori sul podio già preparato si posa la Madonna. Lo spettacolo è veramente suggestivo e passa sull'immensa marea di popolo come un brivido di commozione.

Parla il Vescovo; sembra che si raccolga nella sua voce accorata il sentimento di tutti i presenti. E' il saluto della Diocesi, la preghiera di tutti i cuori che sale ai piedi dell'Immagine taumaturga. Quando si entra nella Chiesa è il canto del " Te Deum " che viene intonato a ringraziamento per l'anno ormai vicino a passare, e per il beneficio della visita mariana. Segue la benedizione Eucaristica impartita dal Vescovo sulla soglia del Tempio.

Incomincia la guardia fedele alla Madonna con la recita ininterrotta del santo Rosario, giorno e notte, che si prolungherà per tutta la durata della Peregrinatio.

Parrocchia di S. Angelo 1-2 gennaio

Due giornate caratterizzate dal continuo afflusso di fedeli che ininterrottamente gremiscono la Chiesa, beandosi nel contemplare l'Immagine Taumaturga; ascoltano devotamente le SS. Messe che si susseguono ed assistono alle sacre funzioni. Sulla sera del 2 corteo imponente che si dirige per la

Parrocchia delle Farine 2-9 gennaio

Campo apostolico dei Giuseppini del Murialdo che non potevano meglio far spiccare la loro cavalleria mariana: ingresso solenne e sosta a S. Pietro per l'omaggio dello studentato teologico. Nella notte santa, ricco di fascino, lo spettacolo filiale dei chierici in cotta intorno alla Purissima.

Nel pomeriggio del 3 nel carcere di Gradi : come un raggio di sole penetra nella severa cerchia del luogo di pena a conforto dei poveri detenuti. La Madre della Misericordia è consolata dai figli più infelici che si accostano pentiti al suo Cuore tenerissimo riconciliati nel perdono di DIO e le offrono preghiere. Lacrime e canti fino al mattino del 4, quando il pesante cancello si apre e gli stessi detenuti trasportano a spalla fin sulla soglia l'Icona preziosa. Nuova meta da raggiungere la Chiesina campestre della Grotticella, dove rimane affidata alle premure degli abitanti di quella pacifica zona. Funzioni affollate, pellegrinaggio anche dalla Città, bel pieno la notte santa che coincide con la Festa dell'Epifania. Nel primo pomeriggio si scende in Parrocchia.

Pieni di fervore gli abitanti della campagna, che nella fredda stagione percorrono un lungo cammino per assistere alle sacre funzioni, e per tenere amorosa compagnia alla Madonna. Pomeriggio del 9 : l'addio a Ponte di Cetti. "Arrivederci Madonna", esclama un bambino, e un bacio. Si snoda un maestoso corteo motorizzato diretto verso

Vetralla 9-16 gennaio

Il ricevimento riesce commoventissimo : privo di apparato esteriore, ma ricco di entusiasmo. La Madonna si ferma a S. Francesco e sulla sera da lì passa nella Parrocchia del Duomo. La vastissima collegiata di S. Andrea l'accoglie nella sera del giorno 13. Alle funzioni rigurgito di folla ; manifestazioni particolari : la visita alle scuole, all'ospedale, la Via Crucis predicata da sette sacerdoti. Una notte santa indimenticabile.

L'addio è dato da un figlio di Vetralla che suscita commozione profonda. Corteo imponente verso la

Parrocchia di Cura 16-23 gennaio

Incontro delle due masse di popolo sulla strada nazionale : si forma una colonna sola ! L'abitato di Cura è trasformato in giardino. La vasta piazza risplende di lumi e di colori e viene letteralmente gremita. Come ormai di consueto c'è il saluto commosso del Parroco e la Benedizione Eucaristica. Tre giorni per i giovani, settimana per donne, esercizi spirituali alle giovani, visita ai Cappuccini, alle scuole, allo stabilimento Peruzzi e notte santa per soli uomini: sono le manifestazioni svoltesi durante la settimana che ha dato i frutti migliori.

A dispetto del vento freddo che soffia forte, tutta la Parrocchia segue in lunga processione l'immagine che muove i passi per visitare la

Parrocchia di S. Giovanni di Bieda 23-30 gennaio

Sul Ponte di Vallezzano l' incontro:

cornice la folta macchia di elci, sull'ora suggestiva di un placido tramonto tinto di rosa. Ha preceduto tutta un'intensa preparazione spirituale ed il verde ed i fiori profusi dovunque hanno voluto esserne il simbolo. Che intensità di preghiera durante la settimana ! Il cuore dei sangiovannesi si è proprio legato alla Madonna : ne hanno inteso forte la dolce presenza. A tutte le funzioni la Chiesa era gremita, totalitario 1' accostarsi alla sacra Mensa.

Bieda 30 gennaio - 6 febbraio

Grandi preparativi, gran folla accorsa dai paesi vicini. Quando sul far della notte il corteo interminabile fa l'ingresso in paese splendono a miriadi i lumi. Sulla piazza del Comune il saluto del Sindaco, sulla piazza antistante la Chiesa quello

Del Parroco . La Madonna è intronizzata sull’alto ripiano, sovrastante la cripta di questa antica cattedrale e domina la folla che le rende continuo omaggio. Visita alle scuole, processione ripetutasi due volte nell'interno del paese, due notti sante distinte, per uomini e per donne, Via Crucis predicata. Degno di rilievo lo spirito di fede che anima i biedani : accompagnano in gran numero per nove chilometri la Madonna, che arriva sull'ora dell'Ave a

Civitella Cesi 6-13 febbraio

La piccola borgata è tutta trasformata:

il vecchio castello baronale è illuminato dalle fiaccole, le viuzze delicatamente ornate, la bella Chiesina tappezzata di verde e di fiori. La popolazione è già in piena attività spirituale, poichè da otto giorni sono cominciate le sacre Missioni predicate dai PP. Passionisti e che si protrarranno per tutta la settimana.

Piove a dirotto al momento della partenza. Un bel tratto di strada viene percorsa a piedi: poi un furgoncino trasporta rapidamente la Madonna nelle vicinanze di Bieda dove già attendono i fedeli di

Barbarano 13-20 febbraio

che si caricano del dolce peso. Sotto la pioggia, fra raffiche fredde di vento, sulla mota della carrettiera disagiata… ma si vola! Con il cuore in festa, cantando, recitando il rosario!... I cinque chilometri sono divorati presto; da lontano arriva l'onda sonora dei bronzi : il brusio della folla già arriva distinto: sulla porta l'incontro. Anche qui verde e fiori; anche qui si ripetono le dimostrazioni commoventi di pietà mariana.

Veiano 20-27 febbraio

Secondo l'itinerario prescritto il giorno 20 Febbraio 1949 alle ore 6.30 pomeridiane in località Gorgoglione, confine di territorio, il popolo di Barbarano Romano al suono della banda musicale propria consegnava al popolo di Vejano riunito l'immagine della Madonna tra l'entusiasmo e le acclamazioni generali, mentre una intensa sparatoria di fucili a salve veniva organizzata dal numeroso gruppo di cacciatori di Vejano.

Un padre passionista, certo padre Lino del vicino convento passionisti di S. Angelo, Cura di Vetralla, salito su di un masso a fianco della strada, rivolgeva il saluto alla Vergine assisa sul suo artistico tempietto sollevato in alto a spalla da quattro vigorosi giovanotti sotto un grandioso arco intessuto di verdura con numerose lampadine elettriche, eretto a cura della ditta Galli di Blera appaltatrice del lavoro italcementi presso la stazione Barbarano-Vejano.

Un lungo corteo incominciò quindi a comporsi di ambo i sessi avviandosi lentamente tra suoni della il popolo di Barbarano Romano con la sua banda e il suo parroco facevano ritorno al proprio paese.

Un secondo grande arco era stato eretto in mezzo alla via di fronte al cimitero a cura di S. E. Don Federico di Napoli Rampolla. Ciò che restò grandemente impresso al popolo e ai numerosi forestieri accorsi dai paesi circonvicini fu lo spettacolo, mai visto a Vejano, apparso all'inizio del paese vicino alla croce, con la costruzione di un grande arco trionfale di verdura e lampadine elettriche, mentre maestosa appariva al di sopra la Statua della Madonna del Rosario trasportatavi dalla sua chiesuola. Il grandioso corteo procedeva sempre tra suoni e canti popolari soffermandosi dinanzi all'edificio cinema, ove erano state improvvisate delle campane e al suono del disco veniva cantata l'Ave Maria del Gounod. Bello poco appresso appariva pure l'arco con la - Virgo Fidelis - eretto in mezzo alla via a cura della vicina stazione dei carabinieri.

Dopo aver percorso la via Umberto, che sembrò una vera galleria senza interruzione, a vari disegni di verdura e miriadi di lampadine elettriche, il corteo entra nella piazza 20 Settembre, ove era stato eretto un grande altare per la benedizione con Gesù Sacramentato, asportatovi dalla vicina vecchia chiesa parrocchiale; lo spettacolo, che offriva la piazza disseminata di lampadine elettriche, fanali, verdure intrecciate in mille modi tra gli alberi e discendenti dai balconi e finestre delle case, cui si aggiungeva la bello e grande fiaccolata ardente sullo grande terrazza del palazzo comunale, aveva dell'incredibile.

La cerimonia si concluse con la benedizione con Gesù Sacramentato. Il complesso di iniziative varie, messe in opera con tanta precisione da piccoli gruppi di giovani volenterosi senza badare a spese e sacrifici, era una chiara manifestazione di fede, di intelligenza, di cui é dotata questa povera e umile popolazione.

L’immagine soggiornò nella chiesa parrocchiale dal 20 al 27 Febbraio, vegliata notte e giorno dai fedeli oranti.

L’ultima notte, a mezzanotte, fu celebrata la messa da S.E. Adelchi Albanesi, arcivescovo Vescovo di Viterbo venuto in serata, impartendo la comunione generale ai soli uomini, avendola fatta in precedenza le donne. Nel pomeriggio della domenica 27 l'Immagine portata a spalla da giovani e accompagnata dalla banda musicale veniva consegnata al popolo di Oriolo nella località denominata Poggiaccio, confine di territorio tra i due paesi

I Vejanesi, però continuarono a piedi ad accompagnare la Madonna con il loro parroco fino ad Oriolo.

La partenza della sacra Immagine dal paese lasciò nell'anima del popolo un vuoto increscioso.(ubaldo ponzianelli- Storia di Vejano- vt 1958- p.73)

Oriolo 27 febbraio - 6 marzo

Giorni d'intensa attività sono stati quelli che hanno proceduto il memorando ingresso della Madonna della Quercia ! Lo fa pensare la sontuosità di tutto l'apparato. Ma più intensa l'attività spirituale una compatta colonna di uomini precede l'Immagine, la segue l'immensa coda di donne. Sulla grande piazza il saluto. Durante la settimana giornate piene : adunanze di categoria, Rosario e Via Crucis predicata, intervento dei Seminari Regionale ed Interdiocesano; predicazione tenuta da distinti sacerdoti e laici. La visita alle scuole molto ben riuscita, come pure solenne si è svolta la visita all'officina Giampieri.

Tre Croci 6-13 marzo

Il percorso si compie con mezzi motorizzati. Di passaggio a Veiano la Madonna è stata dovuta calare quasi a forza e portata a spalla. Alla Botte presso Cura nuova sosta; si giunge alla meta che già è avanzata la notte. Anche questa Parrocchia ha fatto del suo meglio sia nella preparazione esteriore come nell'ordinato svolgersi delle manifestazioni proprie della Peregrinatio

Tobia 13-20 marzo

Canti, evviva, spari, l'entusiasmo schietto del popolo di campagna accoglie la Madonna in un trionfo. Fa l'ingresso nella nuova Chiesa dove è vegliata con tanto amore. Ma ogni mattina esce dalla casa per recarsi a visitare tutte le borgate della vasta zona. E nella festività di San Giuseppe è accolta nella coadiutoria di Castel d'Asso.

S. Martino al Cimino 20-27 marzo

Attraverso i campi a piccole tappe per accogliere l'omaggio delle frazioni, si arriva all'Abbazia che presenta una cornice fantastica di lumi e di fiori. Tutto è curato nei minimi particolari ma l'impressione più solenne si prova nel riguardare la soave Immagine assisa come su un trono, sotto le volte ogive della Chiesa monumentale, accogliente e maestosa più che una sala di regale palagio. Caratteristica la processione che attraversando il folto della macchia porta la Madonna alla Bronca per la consegna ai fedeli di

Canepina 27 marzo - 3 aprile

35 automezzi disposti in colonna, sontuosamente addobbati, fari accesi, si susseguono lentamente avanzando sulla strada serpeggiante. Molto fuori del paese si snoda la processione che incede al lume di lampadine variopinte nel solenne viale colorato dai secolari castagni. E' notte, ma le tenebre sono vinte da un mare di luce di cui da lontano si intravede il bagliore che, avanzando, investe in pieno il corteo salmodiante. Spettacolo fantasmagorico l'ingresso non facile ad essere descritto, che si rinnoverà poi alla sera del 30 durante la processione per le vie del paese. L'omaggio delle scuole ha avuto come cornice il verde suggestivo di una villa signorile. Via Crucis in piazza illustrate da proiezioni luminose.

Bagnaia 3-10 aprile

La venerazione dei bagnaioli per la Madonna della Quercia è tradizionale Ciò spiega l'entusiasmo, la cura delicata anche nei particolari con cui l'Immagine venerata è stata presa in consegna, accompagnata prima con un corteo di macchine poi a piedi, accolta trionfalmente a notte avanzata, e nella settimana di permanenza amorosamente assistita. I Bagnaioli non hanno detto addio alla Madonna, sulla fine della Peregrinatio... ma graziosamente arrivederci perchè si sentono i più vicini al Santuario, sulla soglia del quale hanno preso commiato.

Breve sosta alla Quercia : parole commosse del Vescovo e Benedizione Eucaristica. Pronto il carro trionfale che trasporta l'immagine a

Tuscania 10-20 aprile

Si passa da Viterbo che saluta a Porta Fiorentina; fermata all'aeroporto per la benedizione ai soldati; sosta alla coadiutoria di S. Caterina. A Tuscania si giunge sul far della sera. Passa la Madonna fra gli evviva della folla assiepata sulla piazza del Comune presso la Porta. Dinanzi la Cattedrale parla il Vescovo e s’impartisce la Benedizione Eucaristica.

Nei giorni di lutto per la Chiesa, la Madonna è passata nella clausura delle Monache Clarisse. Nella universale gioia di Pasqua è tornata a troneggiare nella Cattedrale, ha visitato le tenute di Carcarella, Montebello, S. Giuliano, accolta a gran festa. Riparte la sera del 20, attesa a

Viterbo 20 aprile - 26 maggio

Ultima meta della gloriosa missione La città di S. Rosa ha goduto e beneficiato per trentasei giorni del sorriso materno di Lei. E' vero: le manifestazioni indette e preparate nelle singole parrocchie avrebbero dovuto avere carattere strettamente locale, ma...la folla ha straripato dovunque.

Folla che attende impaziente a Porta. Fiorentina l'arrivo, ed ammira ed applaude la colonna motorizzata a cui partecipano centinaia di macchine.

S. Maria Nuova: felicemente inizia la gara delle manifestazioni cittadine con sfarzo e grandiosità. La parrocchia offre un cuore d'oro simbolico sulla soglia della Chiesa, al momento dell'ingresso. Il 21 visita alla Parrocchia del Duomo; alle scuole elementari, a S. Giacinta, all’ospizio di S. Carluccio nella giornata del 22 .

S.Andrea di Pianoscarano riceve l'Immagine la sera del 24. Nel vecchio quartiere non si circola tanta è la ressa. Andata a S. Carlo; ripetersi di processioni perchè ogni via si contende I' onore di una visita particolare.

All'Ospedale Grande il giorno 28 : con un programma vasto e grandioso di cerimonie, che ha lasciato un'eco profonda. Sui fatiscenti del corpo si è posata tenera e consolatrice la pupilla materna.

Breve omaggio degli agenti di P. S. e passaggio a S. Pellegrino dove rimane fino alla sera di domenica I Maggio. C'è stata la sosta di una notte di veglia e di preghiera nel collegio degli orfani.

A S. Giacomo e S. Sisto fino alla domenica 8. Di particolare : funzioni all'aperto in piazza Fontana Grande; andata a S. Leonardo, indimenticabile ricevimento alle scuole elementari, accoglienza festosa nella caserma dei carabinieri.

S. Maria in Poggio ritiene la Madonna fino al giorno 11: caratteristico ricevimento in piazza delle Erbe ed il passaggio della processione nel cuore della città, al corso, oltre il solito letteralmente affollato; andata a S. Rosa per l'omaggio della Parrocchia di S. Marco.

Nei giorni 11-15 è la volta della parrocchia di S. Giovanni in Zoccoli; dalla bella Chiesa romanica sobriamente illuminata. La Madonna visita i piccoli dell'asilo infantile ed i vecchi di S. Simone e sul largo di Piazza Dante riceve l'omaggio di tutte le scuole medie.

Spettacolare l'ingresso alla chiesa di S. Paolo : si abbina qui alla celebrazione mariana il ricordo dell'umile fratello laico cappuccino, viterbese di sangue, S.Crispino, così teneramente devoto della Madonna. Settimana ricca di manifestazioni alla Ceramica, all'Istituto Tecnico ed al Liceo Scientifico, al Collegio Ragonesi, alla Caserma dai Vigili del Fuoco.

A S. Faustino si chiude degnamente il ciclo della Peregrinatio : sulla sera del 20 la Madonna la l'ingresso in Parrocchia e subito visita il nuovo quartiere delle Case Popolari quasi ad inaugurano con la sua benedizione.

Nei tre giorni di permanenza nelle due Parrocchie (S. Faustino e S. M. dell'Edera) la Madonna ha camminato sempre è scesa al Camposanto dove ha accolto la prece del suffragio per quelli che son morti ; è stata vegliata amorosamente al Sacrario dei caduti dove ha consolato il forte dolore di vedove e di madri; le Scuole Elementari di via Bianchi le hanno tributato accoglienze festose i carristi della Polizia le hanno offerto un ricevimento amoroso ; da Signora ha fatto solenne ingresso nella vasta Chiesa-Santuario che appartiene al suo titolo di Liberatrice; tutte le officine, i laboratori della zona industriale hanno avuto la dolce consolazione di vederla sorridere al loro lavoro; Villa Rosa e l'austero Chiostro del Paradiso in devoto raccoglimento onorano la Madonna.

Ma l'avvenimento principe di queste ultime giornate è stato il ricevimento dell'Immagine taumaturga nel palazzo del Comune: la sala istoriata, dedicata proprio alla Madonna della Quercia, aspettava da secoli che la Titolare augusta si posasse sotto il trono regale che i vecchi padri avevano con tanto amore preparato per Lei.

Finale Grandioso

Nessuna Chiesa poteva contenere la gente. All'aperto, tra il verde ed i fiori di Prato Giardino si svolgono le cerimonie conclusive. Un podio grandioso giganteggia nel piazzale di centro, quattro poderose colonne sostengono il baldacchino che ricopre d'ombra l'altare. La Madonna è su, in alto, quasi posata sui rami di un maestoso pino.

La Messa per la Comunione dei fanciulli è celebrata da Sua Ecc. Mons. Pieri di Orvieto.

La grandiosità del Pontificale! Celebra il Vescovo Diocesano; i Capitoli di Viterbo e Tuscania assistono con le loro insegne. Scendono da S. Francesco ed incedono in corteo. Squilla dalle voci fuse di tutti i collegi e seminari il festoso: Ecce sacerdos... poi la polifonia cede alle semplici note gregoriane due cori potenti chierici e popolo alternativamente, cantano la Messa degli Angeli.

Presenti tutti i Vescovi della Regione, tutte le Autorità della Provincia, nel pomeriggio l'avv. on. Corsanego tiene il discorso ufficiale diffuso dagli altoparlanti. Segue l'esecuzione di un brano melodico religioso mentre si ordina l'imponente corteo; in file serrate di otto, donne, uomini, clero incedono cantando, precedendo gli otto Vescovi della Regione; segue il Tempietto illuminato della Madonna, contornato e seguito da una selva di bandiere. Tutte le autorità lo accompagnano.

Sotto il viale di tigli, fra due siepi di popolo che s'unisce in coda alla processione, oltre un'ora dura la sfilata. Imbruna s'accendono fiaccole e lampade. Quando si giunge sul piazzale antistante a Basilica è buio. La facciata ed il campanile sono splendidamente illuminati : le campane diffondono solenni rintocchi. Visione di folla visione di sogno e d'entusiasmo quando l’Immagine sale la gradinata ampia scortata dalle bandiere; tra l'agitare dei fazzoletti, il grido festoso di Evviva. Nel più religioso silenzio viene letto il telegramma di omaggio al Pontefice. S. E. Mons. Albanesi pronunzia vibranti commosse parole, rinnova la consacrazione delle Diocesi ed il Vescovo di Bagnoregio imparte la Benedizione Eucaristica. " (foglio speciale a cura del comitato Centrale Peregrinatio Mariae)

Durante la Peregrinatio Mariae, quando l’Immagine della Madonna della Quercia si trovava nella parrocchia di Cura di Vetralla accadde un fatto straordinario: una bambina, Berni Settimia, da quattro anni era malata d’ulcere purulente ad ambedue gli occhi, tanto da non poterli più aprire. Inutili erano state tutte le cure sperimentate e le visite fatte da più specialisti; la sera del 18 gennaio 1949 l’Immagine della Madonna della Quercia fu portata nella chiesa dei Cappuccini in località Giardino e , presente anche la bambina, tutto il popolo iniziò a gridare Viva Maria.

Piangendo a dirotto, la piccola Settimia sgridava la madre Rosa, che l’aveva portata in chiesa, gridandole di non invocare la Vergine perché lei non era guarita ; allora la mamma, Rosa Mazzini, presa in braccio la piccola e corsa verso il quadro della Vergine, si gettò ai suoi piedi raccomandandosi alla Madonna .

All’improvviso la bambina gridò : mamma ci vedo , ci vedo !

Tutta la gente presente accorse intorno a loro e don Liberato Conti, allora vice parroco della chiesa, domandò alla bambina e alla madre delle spiegazioni; " la Madonna mi ha passato la sua fronte sopra i miei occhi e io sono guarita", disse la fanciulla che ormai non aveva più niente e poteva aprire completamente gli occhi risanati.

Di questo fatto vennero poi in chiesa alla Quercia a testimoniare la sua veridicità Rosa mazzini, la madre, Mazzini Settimia, la nonna, Cecchini Agnese, la comare, ed il medico curante Dott. Micheli in data 18/1/1949 certificò la completa guarigione della piccola Settimia.

Tea Merlani, residente a Viterbo, portò un ex voto alla Madonna dove ha scritto: " Mio figlio Renzo, malato da circa un anno di ciste ossea al braccio destro, secondo il giudizio dei medici, per essere salvato avrebbe dovuto essere operato. Chiesi la grazia alla Madonna della Quercia, mentre si trovava a S. Faustino. Il giorno prima dell’operazione, il medico dichiarò mio figlio in via di guarigione. Ora gode ottima salute". (bol.par.set.54)

Sua eccellenza il Capo dello Stato Italiano Luigi Einaudi e la moglie, accompagnato da S. E. Canonica, noto scultore italiano, visitarono tutto il Santuario e resero omaggio alla Vergine Santissima il 18 settembre del 1949.(bol.par.set.54)

Il 20 gennaio del 1950 alcuni abitanti della Quercia, consiglieri comunali e rappresentanti delle famiglie, presentarono alla Giunta comunale di Viterbo una specie di promemoria atto a promuovere iniziative e interventi per migliorare la vita del piccolo borgo che aveva raggiunto il numero di 250 famiglie , complessivamente circa 1500 abitanti; si chiedevano case popolari, aumento dell’illuminazione notturna nelle vie del paese, fognature decenti e sistemazione delle vie; una sede per la scuola elementare che aveva dovuto elemosinare le stanze alla parrocchia e a privati perché la vecchia sede non era sufficientemente capiente ed adatta; la soluzione al problema degli animali da cortile tenuti ancora nelle case all’interno del paese.(foglio arc.pers. ciprini)

Per le continue insistenze di don Sante la Soprintendenza ai Monumenti decise di restaurare la facciata della chiesa, che a causa delle bombe si stava staccando dal corpo centrale; fu così ancorata al restante fabbricato e molte delle sue bugne in peperino furono sostituite.

A spese del parroco, furono anche fatte le balaustre in marmo per la cappella del Sacro Cuore. Giovanni Brescia, di Francesco, nel 1951, ebbe completamente ricostruito, così come risultò dalle lastre poi effettuate, dalla sera alla mattina, circa mezzo metro di intestino, dopo aver appoggiato una immaginetta della Madonna sulla parte ammalata; era stato ricoverato all’ospedale per una peritonite purulenta .(bol.par.set.54)

Il 2 maggio del 1952, venne alla Quercia sua Eccellenza il Delegato Apostolico in Palestina, accompagnato da un sacerdote colombiano; celebrò all’altare della Madonna una messa di ringraziamento per la guarigione miracolosa della madre, che , affetta da cancro alla spina dorsale era guarita immediatamente dopo aver anch’essa appoggiato, sulla parte ammalata, una immaginetta della Madonna della Quercia.( bol. Par. set.54)

Nelle elezioni per il parlamento del 1953, alla Quercia si ebbero questi risultati:

D.C. voti 365 , P.C.I. voti 73 , P.S.I. voti 40

Durante il mese di giugno del 1954 visitarono la chiesa della Quercia il cardinal Costantini, l’Ambasciatore del Giappone con la famiglia, il capo del personale del Ministero degli Interni accompagnato dal prefetto di Viterbo dr. Limone.( bol.par.set. 54)

Nel 1954 si prese la decisione di trasferire la festa della Madonna della Quercia dalla IV domenica di settembre alla II ; a tal proposito don Sante scrisse: " …il 12 [ II domenica di settembre del 1954], dunque , quest’anno, e se l’esperienza ci darà ragione, per tutti gli anni a venire, faremo la festa della Madonna della Quercia. Sfogliando la storia della Madonna della Quercia noi troviamo che i più grandi e ferventi pellegrinaggi a La Quercia furono quelli del 1467 e precisamente dell’ultima domenica d’agosto fino a settembre.

Sisto IV nel 1481, con il breve del 13 ottobre, concesse l’Indulgenza plenaria perpetua, a chi, "confessato e comunicato, visiterà questa chiesa la domenica entro l’ottava della Natività della Madonna". Non ce n’è abbastanza per riprendere queste belle tradizioni?

Così la festa fu spostata, anche perché, spesso, la IV domenica di settembre il tempo non era clemente con i pellegrini e piogge violenti disturbavano le manifestazioni; il comitato delle feste, non esistevano più né Signoria né Deputati, era allora composto da: Giuseppe Bernardini, Vincenzo Biscetti, Giustino Ciprini, Oreste Biscetti, Aurelio Chiodi, Vincenzo Dottori, Antonio Corbucci, Renato Bernini, Giovanni Gasbarri, Giuseppe Zena. (bol.par.set.54)

Intanto , nel 1956 arrivarono le nuovi elezioni comunali; stavolta però La Quercia, grazie all’impegno del commendator Minciotti, nei cinque anni trascorsi, era riuscita ad ottenere molto di quello che aveva chiesto : sedici nuovi appartamenti al posto di catapecchie cadenti, nuovo sistema fognante, l’illuminazione delle vie del paese, il nuovo edificio per le scuole elementari circondato da uno spazioso giardino, la piazza asfaltata , la costruzione di una serie di piccole stalle per gli animali domestici che così furono allontanati dalle case del centro storico.(bol.par.mag.56)

I risultati di quella tornata elettorale furono: D.C. 361 , P.C.I. 73 , P.S.I. 40

Oltre all’afflusso normale di gruppi di pellegrini, fecero visita al Santuario l’Ambasciatore del Giappone presso la Santa Sede, l’On. Canaletti Gaudenti, l’On. Giuseppe Pella, già presidente del Consiglio dei Ministri.

In quegli anni La Quercia contava 1186 abitanti divisi in 311 famiglie. ( bol. Par. mag.56)

" Suonate, o campane, a distesa! Suonate!… o campane! E la vostra voce percorra ed accarezzi il piano, risuoni la vallata e la collina della vostra eco soave. O Maria, o Agata, grandi e possenti campane della Quercia, ripetete, forte, forte, la vostra dolce armonia: né i dirupi, né le montagne fermino la vostra onda sonora. Suonate, suonate!… Un altro vostro figliolo sale con Gesù il Calvario, rinnova il sacrificio della Croce, celebra la sua Prima Messa! O don Alfredo! Tu sei Sacerdote in eterno"; così scriveva don Sante in occasione della consacrazione di un altro cerquaiolo a sacerdote.

Don Alfredo Lazzari fu consacrato davanti all’immagine della Madonna della Quercia il 29 giugno del 1956 dal vescovo di Viterbo , S.E. Mons. Adelchi Albanesi, e celebrò la sua prima messa il 1° luglio .( bolo.par. giugn56)

Ancora visite illustri: l’Ambasciatore del Portogallo, un gruppo di francesi provenienti dalla cittadina di Nancy, dove è ancor oggi venerata la copia della immagine della Madonna della Quercia , portata lì da Lacordaire, il sottosegretario agli interni on. Bosco, l’on. Giulio Andreotti, ministro delle finanze, S. E. il ministro della pubblica istruzione dell’Iran, l’On. Jozzelli, il sen. De Luca, l’on. Quintieri, l’on. Cervone.(bol.par.giug.56) Emanuel del Rio Ambasciatore dell’Argentina presso la Santa sede ( bol.par. nov.56)

Nel novembre del 1956, il piccolo Gianfranco Ciprini andò a fare compagnia alla madre Aurora Pallotta, bidella delle scuole elementari della Quercia, intenta a fare le pulizie delle aule; all’improvviso, per giocare, decise di fare la " scivolarella" lungo il corrimano della scalinata; a circa 3 metri da terra scivolò e cadde a testa in giù sul pavimento.

La madre udito il tonfo accorse e lo trovò in un lago di sangue; raccomandandolo alla Madonna della Quercia lo condusse all’ospedale dove il piccolo Gianfranco rimase per circa 48 ore in coma.

Dopo due giorni si risvegliò e guarito fu riportato a casa e poi a ringraziare la Vergine Santissima ; oggi scrive queste memorie che vogliono essere anche una testimonianza del grande amore che la Madre Celeste nutre nei confronti di chi a Lei si affida completamente.

Lo stesso Gianfranco era stato dato per spacciato almeno altre due volte: la prima a tre anni, per un empiema polmonare, la seconda a nove anni, nel 1956 nel tempo del " nevone", per una gravissima forma di ascesso polmonare; ambedue le volte grazie alla Madonna della Quercia riuscì ad ottenere la salute .

Per paura che andassero perduti, si staccarono dalle pareti una serie di affreschi posti sotto le capriate delle volte laterali e si posero nel ripostiglio dietro il coro accanto al vecchio altare maggiore, non più visibile per i restauri di Busiri Vici (bol.par.nov.1956)

Durante i primi mesi del 1957 , fecero visita al Santuario: il comm. Tempesti, commissario addetto alla persona del Santo Padre, l’on. De Maria, professori e studenti dell’Università di Monaco, il sig. Erikh Person sindaco di Stoccolma, S.E. l’Ambasciatore della Nuova Zelanda e S.E. Coty capo dello stato francese.

Fu realizzato il grande rosone della basilica , un " mosaico di vetri opalescenti di Germania… al centro del rosone s’erge l’albero sacro…cui fanno da sfondo verdeggiante il Cimino e la Palanzana; due angeli di perla vestiti, con dolcezza infinita, depongono la Sacra Icone al centro della quercia e restano in mistica contemplazione, mentre, sulla destra, il pio eremita senese, Pier Domenico Alberti, in sonno estatico, rivede l’immagine trasferirsi miracolosamente sul trono naturale…S. Pio V, inginocchiato in profonda preghiera ottiene dalla Madre di Dio la vittoria sul Turco…Viterbo con le sue torri e il Palazzo Papale, e, di scorcio, la facciata della Basilica…"(bol.par.giug.1957)

Lateralmente al grande rosone i due piccoli con gli stemmi del vescovo di Viterbo e del Papa regnante; fu anche abbattuta la grande bussola della porta centrale per dare visibilità all’affresco del Pucciatti.

Fu rinnovata la pensilina che conduceva al campanile, ormai ridotta ad un ammasso di tavole e un pericolo pubblico.(bol.par.nov.1957)

Il 4 maggio 1958 , al termine della visita pastorale del vescovo, fu inaugurato un crocefisso, bianco, all’incrocio della strada per Vitorchiano.(bol.par.mag.1958)

Rosanna, una ragazza di 15 anni, figlia di Fernando Valeri, a 10 anni era gravemente ammalata per doppio vizio mitralico al cuore, miocardite acuta e scompenso circolare; nei primi mesi del 1958 venne, con il padre, a ringraziare la Madonna e raccontò il seguente fatto: " Per la sua malattia fu ricoverata all’ospedale grande di Viterbo, dopo essere stata visitata da molti medici, anche di Roma. Il prof. D’Antoni, il dott. Maraldi, noti e bravi medici viterbesi, le prodigarono ogni sorta di cure; le vennero prelevati circa otto litri d’acqua dal torace e ad un certo punto le furono dati sie e no quattro giorni di vita. Venne allora portata alla Quercia , davanti la sacra Immagine di Maria, e una giovane ricoverata con lei all’ospedale, portò Rosanna all’interno dell’edicola e le unse il petto con l’olio della lampada che sull’altare della Vergine. Dopo qualche giorno la bambina era perfettamente guarita ". (bol.par. lug.1958)

Ancora una volta , nelle elezioni per il parlamento del 1958, alla Quercia trionfò la Democrazia Cristiana con 373 voti; al P.C.I andarono 65 voti e al P.S.I. 41.

Nella festa della Madonna della Quercia del 1959 furono poste dinanzi alla sua sacra Icona le due nuove porticine che ancora oggi chiudono la finestra al centro del tempietto del Bregno; realizzate dal viterbese Lorenzo Pinzi, rappresentano l’incoronazione di Maria.

Il sindaco di Viterbo, ing. Smargiassi, per abbellire le bianche pareti della chiesa della Quercia, consegnò al parroco alcuni quadri, di chiese viterbesi ormai sconsacrate, abbandonati nei magazzini comunali: Madonna con Bambino, copia del quadro esistente alla Consolata di Torino (1518), Battesimo di Gesù (frammentato) , quadri già nella chiesa degli Almadiani, Decapitazione di Giovanni Battista del Vanni, Tavola con Maddalena e Gesù Bambino, S. Pietro salvato dalle acque; inoltre il parroco della chiesa di S. Maria dell’Edera regalò alla Madonna il quadro , dell’Ascensione di Gesù con una lunetta del Padre benedicente.(bol.par.agos.1960).

Un’altra opera, nel 1960, venne ad arricchire l’altare della Vergine: il ciborio, ricco di marmi pregiati, ed ornato con una porticina d’argento massiccio, opera dell’orefice Lorenzo Pinzi; "…due mani sacerdotali stringono tremanti un’ostia , al centro della quale è l’Agnus Dei, circondato da raggi di luci e di nuvole, da cui sbucano in riverente adorazione piccoli angioletti osannanti…"(bol. Par. dic. 1960)

Nelle elezioni comunali di quell’anno, alla Quercia i risultati furono:

D.C. voti 383 , P.C.I. voti 73 , P.S.I. 41 ; i voti democristiani furono così ripartiti:

Smargiassi, voti 248- Pierini G. voti 102- Gatta F. voti 96- Capoccioni N. voti 87- Clementi S. voti 76…..Cusi O. voti 39-Benigni G. voti 17- Barili G. voti 17…

Un’altra vetrata artistica venne ad arricchire il monumento nel 1963: quella situata alla sinistra dell’altare della Madonna. In essa furono raffigurati molti dei santi che vennero a rendere omaggio alla Madonna della Quercia: S. Pio V,S. Carlo Borromeo, S. Ignazio di Lojola, S. Filippo Neri, S. Paolo della Croce, S. Camillo de Lellis, S. Lucia filippini, la Beata Rosa Venerini, S. Giacinta Marescotti, S. Crispino da Viterbo, il Card. Pietro La Fontaine, fra Gerolamo Savonarola, il beato Innocenzo XI, la beata Lucia da Narni, la beata Colomba da Rieti, S. Vincenzo M. Strambi, S. Paolo della Croce, la venerabile suor Colomba Moltoni da Bagnaia, il Beato Domenico della Madre di Dio.

Tra il 1964 ed il 1966, dall’infaticabile don Sante, furono realizzati sia il nuovo asilo infantile come la casa per le opere parrocchiali, il cui primo piano fu messo a disposizione, dal parroco, delle Dame del Pronto Soccorso , una istituzione che si occupava di bambini abbandonati ; a piano terra si realizzò il cinema parrocchiale ed il teatro, in cui i giovani della parrocchia di allora riuscirono a riproporre spettacoli teatrali emulando i genitori che nei lontani , ormai , anni quaranta avevano entusiasmato gli abitanti del piccolo paese e del circondario con le loro rappresentazioni.

Vennero abbattute le volte delle navate laterali, mettendo in risalto le magnifiche capriate in legno e le sinopie della fascia di affreschi molti dei quali erano stati già riportati su tela.(bol.par.mag.66)

Dal prof. Cecconi furono restaurate le pitture del soffitto della sacrestia e il prof. Capoccetti eseguì le due lunette sovrastanti l’arco del portale che immette dal sagrato della basilica su via Monetto; rappresentavano il sacro Cuore di Gesù e quello di Maria, sua Madre .(bol.par.set 65)

In questi anni, diventarono sempre più roventi le polemiche circa l’utilizzo del nuovo campo boario costruito a Viterbo intorno al 1960; le fiere della Quercia ne risentivano e qualcuno pensò che forse sarebbe stato meglio spostarle nel capoluogo, proprio nei nuovi recinti. Corsi e ricorsi storici!!!

Ancora i ricordi di Teresita Pelliccioni, oltre a ricostruire l’atmosfera delle fiere degli anni trenta- quaranta, ci fanno rivivere il clima di quel periodo:

" Rievochiamo, ora ,brevemente queste memorabili giornate , sempre contraddistinte da un tempo splendido, specialmente a maggio, salvo qualche acquazzone in settembre ,foriero dell’incipiente autunno.

Arrivavano alla Quercia, da tutte le parti dell'Italia Centrale ed altre, proprietari, commercianti e contadini, vestiti nella più svariate fogge dei costumi dei paesi di provenienza. Arrivavano con tutti i mezzi di trasporto allora a disposizione quali: bighe, cavalli, carri trainati da buoi, asini e in tempi più moderni col trenino della Roma Nord.

Il campo veniva aperto al mezzogiorno del sabato per l'affluenza del bestiame nell'area ad esso destinata, ripartita in tanti spazi chiamati"chiusini"; ma la giornata vera e propria della fiera era la domenica.

Il bestiame arrivava, logicamente, a piedi non come oggi che viaggia con tutta comodità su appositi autocarri. Esso era riunito in grandi mandrie che già da alcuni giorni precedenti transitavano per le varie strade che circondano la città di Viterbo. Nelle ultime ore antecedenti all'inizio della fiera questo bestiame si accalcava nel Viale Trieste dando luogo ad uno spettacolo da Far West. Qui infatti si mescolavano, pecore, buoi, maiali, cavalli e asini, bestie che in mezzo a tale confusione si mantenevano più o meno tranquille.

Non era raro il caso che qualche torello, insofferente dl questa confusione, uscisse dai ranghi e prendesse la corsa attraverso i campi o, peggio, in direzione della città.

A proposito, ho un ricordo personale che vi voglio descrivere. Una volta uno di questi torelli, imbizzarrito, fuggì alla cavezza e di corsa prese la direzione di Viterbo, imboccò il corso affollato di gente, con il parapiglia che ciascuno può immaginare, e si fermò in Piazza del Comune, sbattendo con le corna sulla porta dell'Ufficio postale che, a quei tempi, si trovava sull'omonima piazza al pianterreno della prefettura.

Per fortuna dall'altra parte della stessa piazza vi era il comando dei Vigili del Fuoco, alcuni dei quali si precipitarono a bloccare l'incauto animale.

Passata la paura, ricordo che poi a Viterbo vi fu, per alcuni giorni un gran ridere, per il torello che si era recato alla posta per spedire........ una lettera alla sua bella.!!

Ritornando alla nostra fiera, ricordiamo la fase più importante della manifestazione: cioè quella della compra-vendita, che iniziata sempre con lo intervento di un sensale, si concludeva con una stretta di mano impegnativa per ambo i contraenti.

Intanto vediamo che cosa avveniva in paese. Sul1a piazza del Santuario e vie adiacenti erano installate molte bancarelle con ogni sorta di cibarie tra cui primeggiavano, a delizia di noi ragazzini, castagne secche, fichi secchi, prugne, visciole, nocciole e noccioline americane.

Per delizia degli adulti, filetti di baccalà, mortadella, frittura di pesce e l'immancabile immortale porchetta.

Erano anche esposte mercanzie, scarpe, attrezzi di ogni genere.

Prima del desinare, chi poteva, e non erano pochi, andava alla messa di mezzo giorno, rito per questa volta rumoroso e distratto in quanto i partecipanti (o fieraroli) non riuscivano certo a raccogliersi nella preghiera, con quella mente tanto presa dagli affari, dal denaro, insomma dai propri impellenti interessi del momento.

Venuta l'ora del desinare, eccetto i ricchi che potevano recarsi in trattoria, ciascuno tirava fuori dal proprio "canestro" le cibarie portate da casa, le disponeva in una nitida salvietta che metteva sulle proprie ginocchia e li mangiava con tanto gusto, non dimenticando di dare una occhiata al bestiame od alla bancarella.

Le bettole erano affollatissime ed il biondo vino brillava nei'1quartaroni" i quali si riempivano e si svuotavano con incredibile rapidità.

A metà pomeriggio incominciava lo sfollo dei mercanti ed a sera quello del bestiame e delle bancarelle. Rimaneva qualche ritardatario, ma a notte tutto era finito. Restavano gli zingari che, immancabili, avevano per tutta la giornata tormentato la gente con i loro giochi, con l'insistenza a voler leggere la mano a ragazze e giovani donne ed infine con l'esercizio precipuo del loro mestiere che era quello di sfilare il portafoglio a qualche ingenuo contadino. Comunque anche gli zingari concorrevano a dare una nota di indimenticabile folclore alla fiera della Quercia.

Dopo la 20guerra mondiale le fiere andarono a diminuire di tono e di importanza…

…io mi sono limitata soltanto a far scorrere nella mia memoria, come in un filmato, le sequenze di uno dei più cari ricordi della mia infanzia con un senso di profonda tristezza e nostalgia, quella nostalgia delle cose belle passate che non tornano più…"

Si avvicinava ormai a grandi passi il V centenario ; don Sante cercava di spronare sia le Istituzione come i fedeli per programmare delle feste che esprimessero l’amore dei viterbesi per la Madonna della Quercia . Furono restaurati i 206 ex voto che, durante la guerra era riuscito a recuperare tra le migliaia gettati nei primi anni del 1900 in uno scantinato e talvolta usati dai piccoli chierichetti anche come piastrelle o perfino come legna da ardere.

Dall’artista viterbese Alberto Turchetti furono realizzate le via crucis in rame sbalzato che andarono a sostituire le vecchie in gesso colorato.

Mario Signorelli scrisse un volume sulla storia e la devozione della Madonna della Quercia, opera che venne a riempire una mancanza di notizie che durava dal 1906, anno della bella pubblicazione del Mortier.

Fu nominato un comitato per il Centenario a capo del quale fu chiamato S.E. Mons. Adelchi Albanesi, innamorato della Madonna della Quercia, che pur pensionato, non mancò mai di dare un contributo fattivo alle manifestazioni.

Avrebbe dovuto esserci anche S.S. Paolo VI ma…non fu possibile!

Aderì, invece con entusiasmo, il cardinal Luigi Traglia, vicario del Papa per Roma; a lui fu affidato il saluto di chiusura della grande manifestazione del 10 Settembre 1967, quando sul piazzale della basilica si concluse la processione del Patto d’Amore preceduta per la prima volta da un corteo in costume che rievocava quel lontano 1467, quando i Viterbesi, con a capo il loro vescovo Pietro Gennari, si consacrarono alla madonna della Quercia.(bol.ag.67 b).

Durante la fine del 1967 e l’inizio del 1968 fu un susseguirsi di manifestazioni:

"…Ventidue parrocchie della Diocesi hanno reso omaggio alla Madonna nel suo Santuario.Si sono poi avvicendati via via le zelatrici delle Missioni e quelle dell’Apostolato della Preghiera; l’Opera dei Ritiri Operai e l’Unitalsi con i suoi ammalati, la Curia Generalizia dei Domenicani, l’Angelico e i Provinciali dell’Ordine e molti seminari della regione , prima d’ogni altro quello della Quercia.

Molte Comunità e Istituti religiosi del Lazio, dell’Umbria, della Toscana e della Sabina hanno innalzato lodi e preci alla gran Madre di Dio.

Sono venuti numerosi gruppi anche dall’Alta Italia e dal Basso Lazio. Roma è stata quasi tutto l’anno presente con parrocchie e scuole dell’Urbe…" (bol.par.lug.1968).

Fu un pellegrinaggio continuo e le iniziative si susseguirono incessantemente.

Un anno passò in fretta : "…Le feste centenarie in onore della Madonna della Quercia si sono chiuse con il trionfo di Maria.

La popolazione di Viterbo e quella dell'Alto Lazio hanno rinnovato alla presenza di un Principe della Chiesa e dei loro Ecc.rni Vescovi quel "patto d’amore" pronunciato per la prima volta cinque secoli fa dinanzi alla taumaturga immagine della Madonna.

Lo stupendo Santuario che canta le glorie della Vergine e ripete alla storia la Sua profezia: "Tutte le genti mi chiameranno beata ", ha visto prospettarsi nel futuro religioso di queste Diocesi schiarite di sole nuovo, in un impegno di fede, di devozione, di pratica cristiana scaturito dall'animo di un intero popolo che nel corso di un anno, in numerose occasioni, è convenuto colà in cerca di luce. di conforto e di speranza.

Il Card. Vagnozzi, Prefetto degli Affari Economici della S. Sede, ha presenziato in nome del Papa alla solenne chiusura.

L'insigne Porporato era giunto alla Quercia la sera del sabato ed era stato accolto dalle Autorità, guidate dal Vescovo Amministratore Apostolico Mons. Luigi Boccadoro e dal Sindaco di Viterbo Prof. Arena, i quali con fervide espressioni avevano sottolineato la gioia di Viterbo per questo incontro che rendeva tanto solenni e memorandi i festeggiamenti.

Nella notte del sabato si è svolta la Marcia della Fede . Ad essa hanno preso parte migliaia di uomini e giovani provenienti dalle Parrocchie dell’Ordinariato. Guidati dai propri Parroci si sono radunati nella Piazza del Municipio di Viterbo ed hanno percorso a piedi pregando e cantando i due chilometri che separano il centro della città dalla contrada della Quercia. Durante il cammino Sacerdoti, ai margini della lunga colonna, ascoltavano le confessioni.

Una iniziativa questa che ha voluto testimoniare apertamente la genuinità di una

convinzione religiosa e porre un aureo sigillo al tramonto delle celebrazioni…

Il Cardinale. che in quella notte ha celebrato per essi la S. Messa, ha detto toccanti parole al Vangelo commosso per tanto fervore ed ha esortato i presenti a continuare in questo ossequio a Maria, Madre sempre così larga, per chi la onora, di grazie e benedizioni.

Nella giornata di domenica il Cardinale ha celebrato al mattino la 5. Messa per gli alunni dei Seminari dell'Alto Lazio: il Regionale della Quercia. il Medio di Viterbo Centro e il Minore di Montefiascone.

Alle ore 11 ha avuto luogo il solenne Pontificale celebrato da S. E. Mons. Antonio Taffi. Arcivescovo tit. di Sergiopoli che ha anche ricevuto lì tradizionale dono dei fedeli della Parrocchia alla Madonna.

Alle 17 ha avuto luogo il suggestivo corteo storico dei rioni della città di Viterbo:

una pittoresca, tradizionale sfilata nei costumi medioevali rievocante la vita amministrativa della città di Viterbo, ai tempi in cui la Madonna della Quercia si manifestò con i suoi memorabili prodigi a vantaggio della contrada. Al corteo hanno preso parte con i rispettivi gonfaloni i quartieri di Porta San Lorenzo. il Rione di Porta san Sisto il Rione di Porta San Matteo e il Rione di Porta San Pietro. Ciascun gruppo era preceduto dall'alfiere municipale, dai valletti, dai notabili e seguito dal camerlengo e dai notabili delle arti e dei mestieri. dai rappresentanti del potere legislativo e di quello esecutivo.

La imponente e variopinta rassegna che completa la disputa del famoso Palio

svoltosi nel quadro dei festeggiamenti centenari l'8 settembre scorso. E’ durata circa due ore, tra la commossa ammirazione di migliaia di persone convenute per il singolare avvenimento. Subito dopo l’arrivo del corteo, sulla piazza del Santuario, si è svolta la cerimonia per il rinnovo del patto di amore . la cui tradizionale formula è stata letta a nome dei presenti e di tutta la città dal Sindaco prof. Arena. Il rito di popolo si e concluso con il discorso di S. E. Mons. Luigi Boccadoro, la cui infiammata parola ha contribuito ad accrescere il fervore religioso della grandiosa manifestazione.

Il Venerando Arcivescovo-Vescovo di Viterbo, Mons. Adelchi Albanesi, ha impartita lo benedizione eucaristica.

Alla cerimonia erano presenti: S. E. Mons. Rosa. Vescovo di Bagnoregio, l'Amministratore di Grosseto S.E. Mons. Primo Gasbarri, che, insieme con li Prefetto del Palazzo Apostolico S. E. Mons. Mario Nasalli-Rocca di Corneliano e il P. Mariano da Torino aveva preparato con apposite conferenze la popolazione all'evinto, il Vescovo Ausiliare di Roma S. E. Mons. Pocci, il Vescovo Ausiliare S. E. Mons. Renato Spallanzani, l'Amministratore Apostolico di Sutri e Nepi S. E. Mons. Tito Mancini, il Rappresentante del Prefetto di Viterbo, il Presidente dell'Amin. Provinciale Dr. Bruni, il Presidente della Camera di Commercia comm. Ferdinando Micara, il Rettore del Seminario Regionale della Quercia, il Comandante della Regione Militare col. Di Julio, il Comandante della Guardia di Finanza col. Montini, il Presidente del Tribunale Dott. Iaquinto, il P. Bizzarri O. P. per la Curia Generalizia dei Padri Domenicani, il Marchese Travaglini di S. Rita, Presidente dell’Unione dei Presidenti dell'EPT del Lazio, i Capitoli delle Cattedrali di Viterbo, Montefiascone e delle Diocesi Confinanti, i Comandanti dei Carabinieri di Viterbo e del Distretto di P. S.

Dopo la Benedizione Eucaristica la popolazione sulla stessa Piazza del Santuario ha tributata una fervida manifestazione di venerazione e di affetto al Card. Vagnozzi, originario di queste terre, il quale ha rivolto ancora una volta alla folla esortazioni ed auguri di vita cristiana dopo d'aver indirizzato al Venerando Arcivescovo e al Rettore del Santuario D. Sante Bagnaia il grazie della Madonna per la grande fatica apostolica sostenuta per le celebrazioni giubilari.

Domenica scorsa, a conclusione dei Festeggiamenti, dalla Basilica Santuario Santa Maria della Quercia, la Televisione ha trasmesso la S. Messa celebrata dal Rettore Mons. Sante Bagnala. L'Italia ha così potuto associarsi alla devota pietà del popolo di Viterbo e conoscere un po' della storia del famoso Santuario gemma preziosissima dell'Alta Lazio…" , così fu scritto alla fine delle manifestazioni.(la vita a.I n°18)

I cavalieri del Sovrano Militare Ordine di Malta, guidati dal loro Gran Maestro Sua Altezza Em.ma fr. Angelo de Mojana de Cologna, conclusero l’Anno Mariano ai piedi della Madonna della Quercia, rinnovando il loro " Patto d'Amore " il 13 ottobre 1968.

Fu benedetta una lapide, in cui si ricordava la presa in custodia dello stendardo, custodito nel tempio dal 1695, strappato ai Turchi nella battaglia Civitavecchia dal cavaliere di Malta, il viterbese Antonio Domenico Bussi.

Nella occasione al Gran Maestro fu donata una copia dell'Immagine della Madonna della Quercia, dipinta su tegola, che sua altezza ha voluto poi sistemare al centro della sua cappellina privata nella sede dell’Ordine a Roma.(bol.par.ott.68)

Continuarono i lavori nella basilica e nel 1969 fu la volta della realizzazione del riscaldamento a circolazione dell’aria in modo naturale, della riscoperta degli affreschi del Nebbia, i dodici apostoli, sulle vele degli archi della navata centrale, coperti non si sa quando da uno strato di vernice bianca e considerati da tutti ormai persi ; furono restaurati dal dr. Federici.(bol.par.apr.69)

Fu poi restaurato tutto il campanile, che stava pericolosamente presentando numerose crepe( bol.par.set.69)

Qualche piccolo ladruncolo prese di mira la chiesa della Quercia e in un breve lasso di tempo sparirono numerosi piccoli oggetti, tra cui le chiavi in ferro battuto delle grandi porte e la piccola statua di S. Giovanni Battista posta sopra il fonte battesimale.(bol.par.mar.70)

Intanto nelle elezioni comunali dell’anno 1970 erano scaturiti dalle urne i seguenti risultati:

P.C.I. voti 88, P.S.I. 35, P.R.I. 5, P.S.I.U.P. 21, M.S.I. 46, P.S.D.I. 62, P.L.I. 17, D.C. 384( bol.par. set72)

Fu consacrato vescovo Mons. Remigio Ragonesi, nativo di Bagnaia e devotissimo della Madonna della Quercia che venne nominato ausiliare del cardinal Dell’Acqua , vicario del Papa a Roma; era sempre presente ad ogni festa della Madonna, confessando dalle prime ore del giorno fino a sera tardi per poi celebrare, nel raccolto silenzio della basilica l’ultima messa.( bol.par.ago 71)

Dino Massi, artista viterbese, realizzò un grande pannello in terracotta, che voleva ricordare i momenti salienti dell’inizio della devozione : la peste, il "patto d’Amore, la costruzione della chiesa.(bol.par.ago71)

Cercando di dare delle risposte ai bisogni della gente, fu creato un comitato di quartiere per La Quercia; fu redatto uno statuto che potesse meglio definire le linee da seguire per organizzare una certa protesta popolare e i desideri legittimi delle famiglie residenti nel territorio.

Tutti i capofamiglia furono chiamati ad eleggere i loro rappresentanti; dalle elezioni scaturì questo risultato:

Presidente, V. Chiarini, Vice Presidente, G. Ciprini, Segretario, F. Giuliani, Cassiere , L.Aquilanti.( bol.par.dic.71)

Il giorno 8 dicembre 1971, festa dell’Immacolata Concezione, nella Basilica di S. Maria della Quercia , venne ordinato vescovo don Dante Bernini, querciaiolo da generazioni.

"…consacrato da S.E. Moms. Luigi Boccadoro, nostro vescovo; concelebranti con lui Mons. Macario, vescovo di Albano, Mons. Costa, assistente centrale dell’Azione Cattolica Italiana, presenti i vescovi dell’Alto Lazio e l’Em.mo Card. Sergio Guerri…

…Un figlio della nostra terra benedetta, un germoglio del nostro popolo semplice, umile, laborioso, viene rivestito della alta dignità di successore degli Apostoli…

…Ben giusto dunque che le possenti campane, Maria e Agata, con il loro festoso, solenne rintoccare ne diffondano d’intorno la notizia con voce sacra, divina…

…Suonate dunque, o campane della Quercia, suonate a distesa ed annunciate alle genti vicine e lontane che qui rinnova oggi la gloria di un umile stirpe che, con amore, seppe custodire attraverso il corso dei secoli questo sacro tesoro!

Che Don Dante sia Vescovo, per la nostra famiglia parrocchiale significa gioia, vuoi dire vanto ed onore, vuoi di. re soddisfazione, anche se velata dal rammarico della sua partenza. Ci basti pensare che il nome della Ouercia sarà portato da lui lontano, ad altre anime assetate di luce, affamate dell'amore di Cristo.

Lo conoscemmo che aveva tre o quattro anni e di lui potremmo dire tante cose durante le nostre vacanze estive alla villa del Seminario. Svelto, dagli occhi vivaci, aperti, scintillanti, leggermente incavati nelle orbite e birichino, birichino tanto.

Lo rivedemmo a tredici, quattordici anni, alunno della II ginnasiale, avviato al Sacerdozio dal compianto D. Umberto Guidobaldi. L'abbiamo seguito passo, passo, verso l'altare. Sempre pronto, generoso, disponibile per qualunque lavoro, obbediente fino al sacrificio di sé, ogni qual volta veniva chiamato nella assistenza dei ragazzi della Parrocchia.

Sarà vice rettore nel Seminario interdiocesano, parroco a S. Marco, a S. Maria Nuova, assistente alla FUCI, delegato Vescovile, a Monte Jugo ecc. ecc.

Chi può dire dove Don Dante non abbia lavorato? A chi ha detto qualche volta no? Sempre disponibile per tutti, sempre pronto per tutti e per qualunque attività pastorale.

Noi della Quercia lo ricordiamo nel confessionale, tutte le feste, che Dio ha comandato, a confortare, a consigliare, a mettere le anime in grazia.. E che dire della sua particolare devozione al Madonna della Quercia?

Iniziò a S. Marco, nel mese di maggio del 1949. La Madonna della Quercia stava visitando le parrocchie del Diocesi, accolta dovunque con manifestazioni di giubilo. E Don Dante preparò l'incontro della Madonna con i su parrocchiani in modo stupendo. Il bel tempio di S. Rosa fu adornato a festa e mille luci brillavano nella notte, simbolo di quella luce interiore che egli aveva acceso in quei cuori con la devozione a Maria.

La Madonna della Quercia che egli tanto ama, lo accompagni nella difficilissima missione, che ora lo aspetta.

Lo accompagnano i fervidi auguri che i querciaioli gli fanno e le preghiere, che per lui, alla "Madre dolce e tenera" i nostri cuori sempre rivolgeranno.

Don Dante, questi gli auguri del curato e di tutti i querciaioli in questo momento;(bol.par. dic. 71)

Così scriveva don Sante pochi giorni prima della consacrazione.

Il 22 marzo del 1972 fu effettuato un grandioso pellegrinaggio a Roma dal S. Padre Paolo VI; cinque pulman partirono dalla Quercia e alle 10.30 furono ricevuti in udienza dal papa.

Si riorganizzò la schola cantorum, un’altra delle iniziative di don Sante che negli anni 40 e 50 aveva visto una partecipazione di molti querciaioli ma che poi si era affievolita; sotto la direzione sapiente di don Lamberto Di Francesco, nuovo vice parroco, molti giovani e meno giovani ripresero ad accompagnare le assemblee nelle celebrazioni .

Furono, finalmente, inaugurati i restauri del coro e dell’altare maggiore, eseguiti dal sig. Natali e dal prof. Crucianelli ; abbattuti i vecchi restauri realizzati da Busiri Vici, che avevano deturpato l’originale disegno, tutto il complesso monumentale riacquistò quell’eleganza e quello splendore voluto dal progettista fiorentino.

Bellissimo il coro intarsiato, splendido l’altare maggiore degli Alberti, che ritornò a far da cornice all’Incoronazione di Maria, capolavoro dei pittori fiorentini fra Bartolomeo della Porta e Mariotto Albertinelli.( bol. Par. mar.72)

Nelle elezioni politiche del 1972 alla Quercia, su 692 votanti, si ebbero questi risultati:

per il Senato-

P.C.I 111 (99), P.R.I. 3(11), M.S.I. 142(249), P.L.I. 10(16), P.S.D.I. 10(19), P.S.I. 38, D.C. 304(226)

Per la Camera-

P.C.I. 112(133), P.S.I. 32(25), M.S.I. 75(68), D.C. 403(396), P.S.D.I. 18(29), P.S.I.U.P. 9(14), P.R.I. 10( ) , P.L.I. 10 ( ), Manifesto 10

Tra parentesi i risultati del 1968 (bol.par.set.72)

Dopo molti anni, molte promesse, tanti sacrifici ed umiliazioni, i giovani della Quercia riuscirono ad avere il sospirato campo di calcio; il Vescovo di Viterbo, mons. Luigi Boccadoro, mise a disposizione il terreno, a dir la verità più adatto per una discesa libera di scì che per una partita di calcio( per metterlo in piano ci sono voluti più di 60.000 metri cubi di terra). Ma don Sante e tutti gli abitanti della Quercia non si persero d’animo; la parrocchia mise i soldi, tanti, gli altri il loro lavoro, alcuni benefattori diedero una mano e così il campo sportivo, fornito di moderni spogliatoi, fu una realtà.

Tra il seminario vescovile e la parrocchia fu stipulato il seguente contratto:

"Tra il Seminario Vesc. di Viterbo rappresentato da S. E. Mons. Luigi Boccadoro Vescovo "pro tempore" di Viterbo e la Parrocchia di S. Maria della Ouercia, rappresentata dal Parroco "pro tempore" Don Sante Bagnaia, si conviene quanto appresso:

1. Il seminario Vescovile di Viterbo cede in affitto per anni venti, alla Parrocchia di S. Maria della Ouercia un appezzamento di terreno di ettari uno, in località strada di Piano Nero, insistente sui numeri mappali 109, 110, 222, 237.

2. Il canone di affitto stabilito è di lire 100.000 annue, da prelevarsi dalla amministrazione della Chiesa Parrocchiale.

3. Il parroco rinuncia ad ogni diritto di prelazione, che possa venire da eventuali leggi.

4. Il parroco rinuncia ad ogni compenso per lavori eseguiti sul fondo all'atto della restituzione.

Dalla Curia Vescovile di Viterbo

NOTA: La parrocchia entra in possesso giuridico dalla data in cui è stato steso il presente contratto ed inizia il pagamento del canone di affitto dal i Gennaio 1973.

Viterbo 28 Novembre 1972 "(bol.par.dic.72)

L’organo della chiesa cominciò a risentire degli anni passati dalla sua costruzione e così la soprintendenza decise di intervenire per cercare di rimediare alle sue " stecche"; il restauro fu affidato alla Ditta Ruffati di Padova; per accedere in maniera più facile al piano superiore dove era l’entrata per l’organo, fu realizzata , da Angelo Ciprini, una scala a chiocciola in peperino sul modello di un’altra esistente nei piani superiori, che metteva in collegamento l’ex biblioteca conventuale con le camere dei frati. (bol.par.mar.73)

"…Chi può dire quello che è accaduto in quel pomeriggio del 9 luglio nella hall dell'Albergo Clarvendom di Londra?

S. Eccellenza Mons. Vescovo mi riferì la triste notizia: il Santuario della Madonna sacrilegamente profanato: tutti gli ex voto della Madonna rubati, per un valore complessivo di duecento milioni!

Non caddi, non piansi; restai stordito, senza parola, con un macigno sullo stomaco, da farmi morire. Ci fu l'incoraggiamento del Vescovo, quello dei confratelli Sacerdoti, e degli altri pellegrini. Non mancò la silenziosa, benevola comprensione del personale d'albergo.

Soltanto in quella notte fonda potei apprendere altri particolari: sottratto solo il tesoro che la Sacra Icone aveva indosso: corone, brillanti, ori e perle preziose. I duecento milioni di danni perciò si riducevano assai...

Oltre il danno resta la profanazione, il sacrilegio, lo sfregio della devozione dei nostri fedeli, che, in virtù della loro fede semplice, genuina, si erano privati di tesori preziosissimi per loro,

per dimostrare la riconoscenza alla Madre dolce e tenera, che li aveva esauditi.

Quando, la sera del 14 luglio, sono rientrato, lo spettacolo è stato terribilmente desolante! La Sacra tegola mi è sembrata spaventosamente povera, estremamente desolata, e anche artisticamente deturpata, rovinata. Restano vivi gli occhi della Immagine, e lo sguardo affettuoso del vezzoso bambino.

E quale linguaggio in quel profondo, acuto, eloquente sguardo della Madonna! Non esprime nulla soltanto a chi può riguardarla con indifferenza o con superficialità col distacco di chi ha il cuore affogato nella materia, nel fango, nel vizio!

Immenso, grande il dolore, che sconvolse il cuore dei nostri querciaioli, grande la reazione di sdegno, d'orrore, di rammarico, da parte di tutti i nostri viterbesi. Quanti hanno espresso con lettere, per telefono, a viva voce, con telegrammi la loro schietta partecipazione al nostro dolore, la loro solidarietà cordiale nel momento della prova! Tra gli altri l'on. Andreotti, l’on. Bonomi, il Sindaco di Viterbo e il presidente della Provincia ecc.

Molti hanno proposto iniziative, sottoscrizioni per riparare il sacrilegio subìto dal Santuario.

A tutti il mio più vivo, riconoscente ringraziamento, esteso alla Stampa locale, che giorno per giorno ha informato i cittadini sugli sviluppi delle indagini. Un grazie cordiale ai Carabinieri del gruppo investigativo di Viterbo e a quello della Pubblica Sicurezza, per il lavoro oscuro, silenzioso, diuturno, che li ha portati allo smascheramento dei ladri, al ricupero di parte della refurtiva e all'arresto di due sciagurati, che con altri, tanto hanno osato.

Ci sono stati riconsegnati i diademi, cioè le corone che adornavano la fronte della Madre e del Bambino. Diademi, assai mal ridotti, deturpati, manomessi.

Un avvenimento triste, che turbò il clima di gioia che precedeva di poco le celebrazioni della Madonna della Quercia ( 9 Settembre prossimo)…

Un avvenimento penoso dal quale deve scaturire un bene spirituale maggiore nel nostro cuore…" (bol.par.ago.73)

Ed il 9 settembre fu una grande giornata di riparazione; nel giorno della festa della Madonna della Quercia la sua Immagine fu nuovamente incoronata , al termine di una grandiosa processione .

" …Quest'anno, come nel 1967 e nel 1968 il Patto d'Amore viene reso più solenne quella rievocazione storica, che pur imponendosi alla attenzione del nostro popolo, venne interrotta nel 1969 per la miopia di quei pochi, che non afferrarono la importanza storica, religiosa, morale e civile con grave danno di quell'incremento turistico da tutti desiderato. Ora bisogna incominciare da capo, re il corteo, se avesse continuato traccia segnata nel 1968, a questa ora sarebbe stato certamente molto perfezionato.

Perciò il vivo ringraziamento alla Azienda Autonoma Soggiorno di Viterbo, che per mezzo del suo presidente Rag. Licinio Marcoaldi ne ha assunto direttamente il patrocinio, dandoci quell'appoggio morale e finanziario, da renderne possibile la effettuazione. Il nostro grazie sentito al Sindaco e all'Assessore al Turismo che hanno assicurato il loro contributo (L.600.000), al prof. Pietrella presidente della Provincia (L.500.000), al comm. Micara della Cassa di Risparmio (L. 350.000), al dott.Arieti dell'Ente del Turismo di Viterbo (L.300.000).

Si parte dunque da capo sperando che le due manifestazioni (il Palio per il folclore, il Corteo Storico per il contenuto) siano di soddisfazione generale.

A quanti, giovani e adulti, che, sia pure con il sacrificio personale, si adoperano per la riuscita delle due iniziative, il vivo compiacimento di Don Sante, e il suo grazie sincero, ma specialmente la benedizione della Madonna della Quercia…"(bol.par.Ago.73)

La domenica 2 settembre un’altra iniziativa era stata messa in programma:

"…Jl palio, corsa di cavalli sulla pista di Campo Graziano, per la verità storica non fu mai abbinato alla rinnovazione del Patto d'Amore.

Fino a qualche anno fa (forse 70 o 80 anni fa), si correva in occasione di particolari feste, o in occasione delle fiere di maggio e di settembre, lungo il viale che da Viterbo porta a la Quercia, e si correva dai cavalli, liberi di fantino.

Quindi soltanto per dare un certo spettacolo al popolo e per creare un certo agonismo tra quartiere e quartiere (si intende agonismo sportivo, pacifico), abbiamo pensato alla disputa dello stesso.

C'è un campo meraviglioso, con uno scenario naturale splendido (peccato che il Comune non abbia mai pensato ad esso per simili manifestazioni popolari), che ci viene messo a disposizione dalla famiglia Bertarelli, cui va la nostra riconoscenza.

In questo campo, otto cavalli, abbinati due a due ai quattro quartieri di Viterbo (abbinamento, che sarà fatto poco prima che si effettuino le corse), i quartieri contenderanno i posti d'onore nello ordinamento del Corteo.

Nel 1968 il Palio venne conquistato dal cavallo abbinato al quartiere di S. Sisto, che perciò in occasione del Palio del 2 Settembre prossimo avrà l'onore di recare il Palio della Madonna della Quercia fino alla conclusione delle corse. Allora, lo consegnerà al vincitore delle gare di quest'anno.

Per la disputa del Palio 1973 ecco l'ordinamento:

1. Porta S. Sisto;

2. Porta S. Lorenzo;

3. Porta S. Matteo;

4. Porta S, Pietro

Componenti: Alfiere, Valletti, Nota. bili, Arti e Mestieri, Vessillo.

Seguiranno: i vessilli di tutte le arti e mestieri; la Curia Podestarile con i trombetti, banditore, Palio e valletti. Priori, insegna del Podestà, valletti del Podestà, Podestà, soldati, Bargello, cavalli col fantino…"(bol.par.Ago.73)

Alla grande manifestazione di riparazione fece da cornice una grande mostra dell’artigianato organizzata dall’associazione provinciale dell’artigianato A.C.A.I, presieduta dal prof. Paolo Bettini, alla quale parteciparono più di 100 espositori con opere in legno ,stoffa, ceramica, ferro battuto e pietra locale.

Nel 1974 si celebrarono i cinquant’anni della parrocchia; don Sante in uno scritto di quel tempo ne ripercorre sinteticamente la storia:

a) Questi sono i parroci. che hanno guidato la parrocchia:

1. P. Antonino Maria Bonello dal 19-3-24 al 4-4-27;

2. P. Giuseppe Meli dal 1° ottobre 1927 al 1. febbraio 1928;

3. P. Benedetto M. Di Pietro dal 1° febbraio 1928 al 31 agosto 1929;

4. P. Clemente Zappulla dal 1° novembre 1929 al 18 novembre 1933;

5. Mons Guidobaldi Umberto dal 18 novembre 1933 al 1° ottobre 1936;

6. Mons. Bagnaia Sante dal 6 ottobre 1936 fino a oggi.

b) Battesimi 1096;

c) Cresime 918;

d) Prime Comunioni 1121;

e) Matrimoni 1520;

t) Morti 524;

  1. Comunioni distribuite 1.500.000.

Nell’anno 1976, alla Quercia, nelle elezioni per la Camera i risultati furono:

D.C. 498, P.C.I. 187, P.S.I. 31, M.S.I. 53 P.R.I. 18, P.L.I. 12, P.S.D.I. 11, D.Popolare 7, D.P 5 Radicali 2 (bol.par.set.76)

Alle feste della Madonna del 1978 fu invitato il Card. Luigi Ciappi, domenicano, pro teologo del Papa, che aveva fatto il suo noviziato proprio nel convento di S. Maria della Quercia intorno agli anni ’20.

Il 22 dicembre di quell’anno furono inaugurate le nuove porte del tempietto , in bronzo sbalzato, opere dell’artista viterbese Joppolo Roberto; nello stesso giorno si inaugurò anche il Museo degli ex voto , nel quale fecero bella mostra di sé 206 tavolette, paramenti sacri e altre opere d’arte una volta racchiuse negli armadi della sacrestia.

Dopo molte battaglie civili ma efficaci finalmente, nel settembre del 1979, venne costituito il consiglio della VII Circoscrizione- La Quercia, non ancora eletto con suffragio universale ma i cui consiglieri furono nominati dai partiti presenti in Consiglio Comunale; furono nominati consiglieri della VII Circoscrizione: Aquilanti Salvatore, Achilli Giuseppe, Lazzari Alessandro, Pallotta Amedeo, Ciprini Gianfranco, Graziotti Renzo, Pallotta Alvaro, Faccenda Bruno.

Poi, nel giorno della Madonna Assunta, nacque Radio Sole; così ricorda quest’avvenimento Teresita Pelliccioni due anni dopo:

Una data storica per il Santuario della Madonna della Quercia di Viterbo, in quanto lo stesso viene ad arricchirsi di una Radio trasmittente che sarà "la VOCE DEL SANTUARIO DELLA MADONNA DELLA QUERCJA, con il nome di Radio Sole". La prima trasmissione della nuova emittente radiofonica ebbe luogo con la S. Messa del giorno suddetto - alle ore 12 - in diretta dalla Basilica di S. Maria della Quercia.

Durante l'omelia Don Sante, nel presentare ufficialmente la radio, ne puntualizzò subito le caratteristiche e gli scopi, cioè "una radio cattolica " che portasse un conforto spirituale ed un sano divertimento a tutta la comunità parrocchiale, in particolare modo agli anziani, ai malati, a tutti i sofferenti nel corpo e nello spirito ".

Dopo un periodo di "prove tecniche di trasmissione " - della durata di circa due mesi - durante il quale furono messi a punto le attrezzature e gli impianti tecnici e furono altresì sperimentati i programmi, con il 2 febbraio dell'anno 1980, la Radio decollò con un programma organico e definitivo.

Presero subito posto in esso i programmi culturali quali "La nostra storia ' Archeologia '', ''la nostra salute" "l'Avvocato risponde", "La famiglia '', ''La donna'', ''la Circoscrizione", "Pensieri sociali ", "Lo Sport" ecc. Inoltre, per la parte religiosa, "Il pensiero del mattino e della sera" , " Rubrica Religiosa ", "Mezza ora con Don Sante ", "il Santo Rosario (tutte le sere) ", "La S. Messa della domenica""

Poi la musica, tanta musica. Musica classica, sinfonica e lirica, musica leggera per giovani, ragazzi, bambini e "canzoni a richiesta ". Con il passare del tempo la Radio, forse inizialmente limitata alla Quercia soltanto, allargò i suoi confini di ascolto, interessando il capoluogo, ed alcuni paesi limitrofi (Tuscania, Vetralla, Grotte S. Stefano, Montefiascone) e ciò grazie alla propaganda capillare ed instancabile di tutto lo staff di Radio Sole.

Mentre nello studio della radio ,composto inizialmente da una stanzetta di pochissimi metri quadrati, speakers e rubricisti svolgevano il loro lavoro talvolta con vero disagio data la ristrettezza del locale, ci si preoccupava di ampliare le possibilità di ascolto con attrezzature tecniche più idonee e perciò, veniva utilizzata un'altra frequenza - la 101,400 che avrebbe servito meglio la zona della Quercia e limitrofe (Bagnaia, Vitorchiano e paesi della Teverina).

Poichè l'ascolto della Radio ormai era diffuso e gradito da una vasta cerchia di persone, si poneva urgente il problema di locali più spaziosi e idonei, problema che fu risolto dalla messa a disposizione, da parte del Parroco di S. Maria della Quercia, di alcune stanze dell'ex-asilo nido, precisamente di due stanze, vaste, luminose, soleggiate, che furono anche attrezzate in modo da renderle le più idonee possibile al delicato lavoro delle trasmissioni radiofoniche. I nuovi locali, ad un anno dall'inizio della Radio, furono inaugurati l'8 dicembre 1980.

Da detta data s'iniziava così il 2° anno di vita di Radio Sole, durante il quale si è cercato di migliorare ancora l'impostazione dei programmi, di arricchire il parco discografico e di ampliare le attrezzature. I risultati di tutto questo operare sono stati ottimi -anche se ad un dato momento vi è stata qualche nube - che inevitabilmente, come in tutte le cose umane - sembrava volesse offuscare il sole che contraddistingue la nostra radio. Ma la nube passava velocemente grazie alla buona volontà, allo spirito di sacrificio dimostrati da tutto lo staff e grazie alla pazienza, alla costanza, ed alla (diciamolo pure) diplomazia di Don Sante.

Oggi, a due anni di distanza dal timido volo, Radio Sole - Voce del Santuario della Madonna della Quercia -solca un vasto spazio etereo per portare la sua parola, le sue musiche, la sua religiosità nella maggior parte della provincia di Viterbo: dal Tevere al Mare Tirreno; dai colli del Cimino ai confini con la Toscana e più oltre: a Terni, Orvieto alle pendici dell’Appennino umbro. La radio con la trasmissione di dediche, con samba augurali e musicali tra gli ascoltatori ha creato vincoli di amicizia tra gli stessi, sì che oggi insieme a tutti i collaboratori (che operano gratuitamente, spontaneamente ed entusiasticamente in seno a questa nostra emittente), una grande famiglia

Vennero pubblicati due libri riguardanti la Madonna della Quercia, uno del Prof. Recupero Jacopo, l’altro del Prof. Gianfranco Ciprini, autore anche di una piccola guida al museo degli ex voto .

Il 23 aprile del 1982, giorno di S. Vincenzo, venne inaugurato ufficialmente l’impianto Sportivo S. Maria della Quercia, dove i giovani e i non più giovani del paese vedevano realizzato il desiderio di poter avere un campo di calcio , dove nessuno li avrebbe più scacciati.

Nelle festività del 1982 , fece la sua prima apparizione la Processione delle Confraternite; questa iniziativa che coinvolse quasi tutte le confraternite dell’Alto Lazio, riprese le processioni che don Sante aveva tentato di organizzare negli anni precedenti, ma che , non si sa bene per quale motivo, non sì riuscì più a ripetere.

Fu una festa davvero straordinaria; migliaia di persone, al seguito della processione, resero omaggio alla Vergine Santissima.

Nell’aprile del 1983, don Sante festeggiò 50 anni di sacerdozio; tutti i parrocchiani gli fu accanto e gli dimostrarono l’affetto che li legava a quel prete originario di Vetralla da cui "manco il vento è bbono" , gli disse il primo abitante della Quercia che lo incontrò nel lontano 1936 , quando arrivò a sostituire don Umberto Giudobaldi.

Un grande Palio, corso, come tanti anni addietro, lungo il viale che da Viterbo porta al santuario, venne ad incrementare le iniziative per la Festa del 1983; la partenza fu all’altezza di via Po’, l’arrivo al cancello di " Farinella", dove era ed è ancora posta la pietra di peperino su cui veniva innalzato il Palio e si dava la mossa nelle corse antiche dei barberi. ( semeria VII p.407)

All’improvviso, pochi mesi dopo, arrivò una notizia straordinaria:

Il Papa Giovanni Paolo II sarebbe venuto alla Quercia, a venerare la Madonna.

"…Fu tanto desiderata ed attesa la visita del Pontefice alla Madonna della Quercia?.!!

In occasione della conclusione del V centenario del "Patto d'Amore", era il 1968, sembrò cosa fatta, ma come spesso avviene il diavolo ci mise la coda.

In seguito si tentarono varie strade, anche attraverso personaggi eminenti ed autorevoli. Forse le vie non furono quelle giuste. Certamente i tempi non erano maturi.

Ma questo Papa "venuto da lontano" scrisse a Mons. Vescovo Luigi Boccadoro:

" Il 27 Maggio farò la mia visita pastorale a Viterbo".

In quella giornata avrebbe visitato anche la Madonna della Quercia.

Radio Sole, voce del Santuario della Madonna della Quercia, diffuse subito la grande novella. E spessissimo ripeteva: "Il 27 maggio tutti a La Quercia per pregare la Madonna insieme col Papa".

Che avremmo potuto fare a La Quercia?

Un gruppo ardente di uomini e di donne era pronto a scattare, caricato e pieno d'entusiasmo. Ma dal centro non si ebbero indicazioni chiare né programmi precisi. Tutto era nel vago.

Alla fine una realtà: "Il S. Padre avrebbe incoronato l'Immagine della Madonna".

Ma quando? Ma in che momento della giornata? Alla fine si seppe che a mezzogiorno dopo il canto del Regina Coeli ed il saluto alla popolazione del Borgo il Pontefice avrebbe collocato il diadema sulla fronte della Vergine.

L'entusiasmo della popolazione cresceva. Ad un timido appello fatto da Don Sante nelle messe di Pasqua, 22 Aprile, era vicino il 27 Maggio, i fedeli risposero generosamente ed in poco tempo piovvero circa sette milioni di lire e oro tanto abbondante per le due corone preziose, arricchite di rubini, smeraldi e zaffiri .

Ma col passare dei giorni qualche ombra venne ad affievolire l'entusiasmo. No, il Papa non viene più alle 12. No, il Papa giungerà alla Quercia verso le 13 o verso le 13.30. No, il Papa incoronerà la Madonna nel pomeriggio. No, il Papa entrerà privatamente nell'ex seminario regionale, senza passare dalla Basilica, passando per via del Popolo. Tutte notizie che gettavano sgomento e malumore negli uomini e nella gente già pronti ad acclamare il Pontefice.

Il 20 maggio furono distribuite centinaia di copie dell'Osservatore Romano, con il programma della visita del Papa.

Ed il programma presentava, come all'inizio, il Papa alla Quercia per le12-12.30.

No, verrà verso le 13, ribadì una circolare giunta dalla Curia Vescovile entro la settimana successiva,

Insomma grande incertezza, troppa incertezza.

Né a dissipare i dubbi ha giovato la stampa viterbese, la quale non ha mai informato, dico mai o pochissimo, la gente sull'Incoronazione e se lo ha fatto, lo ha fatto non esattamente come un giornale locale che ha scritto che "la Madonna fu incoronata con diademi d'argento"!!!

Ha ignorato la storia di Viterbo, che dalla metà del 1400 in poi ruota spessissimo intorno al Santuario della Madonna della Quercia.

Ha ignorato che una sala del palazzo Comunale ed una parte della Sala Regia sono arricchite dai fasti della Madonna della Quercia; ha ignorato che il Sindaco della Città ogni anno rinnova il "Patto d'Amore" tra Vi-terbo e la Vergine, patto voluto dai nostri antenati nel 1467; ha ignorato che la Basilica fu costruita totalmente a spese della Comunità viterbese che fino alla fine del 1500 ne fu proprietaria ed amministratrice dei beni; ha ignorato che ben 17 pontefici prima di Giovanni Paolo Il venerarono la Madonna della Quercia, come risulta dalle cronache del Santuario; ha ignorato che S.Pio V La invocò prima della battaglia di Lepanto e che il Beato Innocenzo XI, dopo aver ottenuto dalla Vergine della Quercia la vittoria sui Turchi, dopo l'assedio di Vienna, nel 1683, dichiarò la chiesa in cui veniva venerata, Santuario Principe dello Stato Pontificio. E quante, quante cose ha ignorato, purtroppo! Comunque pur nella incertezza, gli uorrim le donne, i giovani, le giovani hanno preparato magistralmente l'incontro dei Querciaioli e dei devoti della Madonna della Quercia con il Papa.

La VII Circoscrizione ha curato la pubblicazione di un libriccino intitolato "La Quercia dei Papi", in cui viene documentato l'amore dei Pontefici verso la Madonna della Quercia, che è stato donato a tutte le famiglie; anche 6.000 bandierine plastificate ed il giornalino parrocchiale hanno fatto il giro del paese, donati dalla parrocchia che aveva fatto stampare pure 1.000 grandi poster del Pontefice con la scritta "Incoronazione della Madonna della Quercia - 27 Maggio 1984".

All'entrata del paese sulle facciate delle prime case facevano bella mostra due pannelli progettati e disegnati dall'architetto Giorgio Pulselli e realizzati con la tecnica "dell'infiorata" da Gabriella Pulselli, Vittorio Ansalone, Giovanna Ansalone , Migliaccio Raffaele, Bernini Santina, Materni Gabriella e Corbucci Adriana. Un gigantesco stemma del Papa veniva collocato sulla facciata della basilica; un boschetto di betulle, a richiamare i boschi della Polonia, offerto sempre dalla VII Circoscrizione e messo in situ dalla ditta Michelini, faceva da sfondo al trono della Vergine costruito dal presidente del Comitato festeggiamenti Frittelli Sabatino e preparato dalla signora Pina Valdambrini Fioretti con oltre 2.000 garofani ed orchidee di Singapore; il boschetto era limitato da un marciapiedi in peperino offerto dalla ditta Ciprini Angelo, Nello e Ciapetti Learco.

Migliaia di persone hanno fatto da cornice a tutto ciò acclamando il S. Padre al Suo arrivo alla Quercia alle ore 12.35, mentre la Recita del Santo Rosario guidato da don Felice Pierini, giunto a La Quercia con tutta la comunità di Bagnaia, aveva accompagnato il Vicario di Cristo lungo il viale che da Viterbo porta al Santuario.

Le Storiche campane della Basilica, Maria ed Agata, hanno diffuso tutt'intorno il loro canto armonioso, seguito dagli inni alla "Madonna della Quercia" ed alla "Madonna Nera" cantati da padre Gianni Carlessi insieme con la schola cantorum della Parrocchia. Anche il cielo coperto da nuvoloni carichi di pioggia ha rispettato questo momento solenne.

Il santo Padre, visibilmente commosso, ha percorso la piazza del santuario abbracciando bimbi, baciandoli, benedicendo mamme e babbi e quanti si protendevano oltre le transenne per toccarlo intendendo, con questo semplice gesto, dimostrare il loro affetto e la loro devozione al Vicario di Cristo…" così scriveva don Sante.

 

"…Per noi della Quercia la visita del Papa fu "la Giornata del secolo".

Una giornata prima lungamente sperata, poi attesa nella sua certezza, ed infine vissuta in un clima di fervore di opere e di intensa gioia spirituale.

Segna un'altra pietra miliare nel secolare cammino del nostro popolo, ma è soprattutto una tappa nelle gloriose vicende del Santuario della Madonna della Quercia.

Alle ore 12.30, circa, di Domenica 27 Maggio 1984, proveniente dal viale della Madonna della Quercia, il S. Padre giunse sul piazzale antistante il Santuario, accolto da una folla immensa, mentre il suono delle maestose campane, suonate magistralmente da Bernini Virgilio e Marcucci Luigi, rendeva ancora più solenne il momento, già di per sé carico di viva emozione,

Il Papa, sceso dalla bianca camionetta, superando il rigido cerimoniale che voleva introdurlo subito nel Tempio, si è fermato tra la folla e, con quella sua paterna carica di umanità che lo ha sempre distinto, ha stretto tante mani protese verso di lui, ha accarezzato bambini, ha posto la mano benedicente sul capo degli anziani che hanno trovato in quel gesto forse la realizzazione dell'ultimo grande desiderio della loro vita.

A questo punto si verificò un episodio singolare: una signora, nell'esplosione del suo entusiasmo, nello stringere la mano del S. Padre si vide tra le mani l'anello del Papa, mentre questi si era già allontanato. E la signora esterrefatta ripeteva a sé ed agli altri "ora che faccio, che faccio?" e non sapeva cosa fare veramente e come regolarsi. Fu il S. Padre che, accortosi di non avere più l'anello, si rivolse indietro come per interrogare. E la donna confusa e rossa in volto mostrava le mani aperte, sicché il Papa ritornato indietro riprese l'anello e con un sorriso ed una benedizione rincuorò la povera signora che balbettando chiedeva scusa.

Ma il cerimoniale incalzava ed ecco il S. Padre volgere i suoi passi verso la grande scala, ai piedi della quale Lo attendeva Don Sante che, presentato da Mons. Vescovo come "sacerdote solerte e zelante", fu quasi sostenuto dal Papa nel salire i gradini della maestosa scalinata. Arrivato sul sagrato rimase estasiato davanti alla santa immagine.

Dopo la venerazione della "Madre dolce e tenera", dipinta da Mastro Monetto nel lontano 1417, il Papa si è rivolto alla folla invitandola a cantare con lui il "Regina Coeli", già recitato anche al palazzo papale, e successivamente dicendo alcune parole attinenti l'importanza e l'insostituibilità della devozione mariana nel mondo di oggi.

Poi Giovanni Paolo Il è entrato all'interno del santuario seguito dal parroco che gli ha fatto gli onori di casa ed ha accennato alla storia del Santuario che però il S. Padre ha dimostrato di conoscere già. Dopo aver adorato il S.S. Sacramento il S. Padre si è soffermato ad ammirare le maestose linee architettoniche del tempio, lo splendido soffitto ed ha ripetuto più volte "Stupendo, stupendo"

Dirigendosi verso il museo degli ex voto ha ammirato il magnifico stendardo raffigurante S. Carlo Borromeo che i fratelli delle confraternite di Bagnaia avevano innalzato in onore del Papa ed anche per riaffermare la secolare devozione alla Vergine della Quercia. Peccato che la rigidità dell'etichetta abbia impedito ai priori di poter entrare in Basilica. Poi si è avviato verso il Museo degli ex voto. Ha potuto così ammirare la grande quercia in ferro sbalzato, ex voto di Don Sante per il suo 500 di sacerdozio, opera di Cepparotti Antonio che emozionatissimo ha offerto al S. Padre l'ultimo suo lavoro:

"Fungo di Hiroshima".

Entrato nel Museo, un gioiello pieno d'arte e di devozione mariana, realizzato pochi anni or sono ., il Vicario di Cristo ha ammirato le stupende tavolette ex voto che gli sono state illustrate dal prof. Gianfranco Ciprini che poi ha fatto da guida all'illustre ospite lungo tutto il percorso all'interno del complesso monumentale. Sempre all'interno del Museo il Papa si è soffermato ad ammirare due bandiere turche che S. Pio V volle mandare in ex voto alla Madonna della Quercia in ringraziamento per la strepitosa vittoria di Lepanto, bandiere che pochi giorni prima della venuta del Pontefice il sig. Del Tavano Pietro ha donato, si può dire restituito, alla basilica; infatti erano sparite dalla chiesa della Quercia tra il 1876 ed il 1880.

Poi passando nuovamente davanti al S.S. Sacramento il S. Padre è rimasto in preghiera alcuni minuti e successivamente ha ricevuto in dono dalla comunità parrocchiale una copia fedelissima di una pergamena del 1607 attestante la traslazione di alcune reliquie di S. Stanislao, S. Adalberto e S. Giacinto confessore, quest'ultimo sepolto a Cracovia nella chiesa della S.S. Trinità, avvenuta ad opera del nunzio apostolico polacco Rangono come gesto di devozione per la Vergine della Quercia. L'interesse del Papa non finiva qui, ma si estendeva al chiostro bramantesco all'interno del quale era stata allestita una mostra di copie fedelissime di pergamene contenenti documenti eccezionali riguardanti l'inizio della devozione della Madonna della Quercia e 30 brevi dei pontefici suoi predecessori, magistralmente stampati dalla ditta F.lli Quatrini.

Prima di entrare nel chiostro il Sommo Pontefice aveva ricevuto in dono un quadro rappresentante l'amore che distrugge la violenza, la croce della macchina di S. Rosa del 1926 ed un ciuffo dei facchini che trasportarono il Volo d'Angeli offerti dal cav. Giuseppe Zucchi. Passando davanti alla sagrestia, notò in ginocchio, a braccia aperte, il sacrestano Giuseppe Proietti ed allora il Papa, entrato all'interno della sala capitolare, ha sollevato l'anziano collaboratore parrocchiale e lo ha benedetto con amore ed effusione paterna. Poi si è recato a pranzo con circa 200 sacerdoti nel maestoso refettorio, opera di Antonio da San Gallo il Giovane, all'interno dell'ex seminario regionale.

Alle ore 15 il Papa è di nuovo in Basilica dove sono convenuti i sacerdoti ed i religiosi della diocesi viterbese. Nel discorso che il S. Padre ha rivolto ai pastori d'anime la parte preponderante è andata alla spiritualità mariana, argomento questo che si è concluso con una bellissima preghiera alla Madonna della Quercia composta per l'occasione dallo stesso Pontefice. Terminata l'udienza concessa al clero viterbese, preceduto dall' immagine della Vergine, il Papa è ritornato sul sagrato della Basilica.

Pioveva a dirotto, come già avvenne circa tre secoli fa nel 1706, ma il popolo, la Chiesa di Dio, era lì, numerosissimo, in devota attesa.

Ed il Santo Padre, intuendo le aspettative della popolazione noncurante della pioggia, subito ha benedetto ed incensato le nuove corone d'oro, opera pregevolissima di Ferri Pietro, pesanti circa 200 grammi e tempestate di rubini, smeraldi e zaffiri( nota sulle corone); poi le ha collocate sulla fronte di Gesù e di Maria.

Ancora sotto la pioggia scrosciante, il Papa ha voluto parlare a tutta quella gente che sentiva profondamente vicino a Lui; al termine di un breve discorso ha raccomandato la preghiera alla Vergine Regina del Cielo e della Terra; "Per questo" ha detto "vi lascio il Rosario. pregate perché il Cuore Immacolato di Maria trionfi sul Mondo!" e cosi dicendo ha deposto ai piedi dell'immagine sacra un rosario d'oro e di perle preziose.

Poi, salutato entusiasticamente dalla folla, scesa la scalinata, è salito sulla sua macchina bianca e si è avviato verso Viterbo.

E’ terminata così questa giornata che è poco definire storica. In tutti i cuori ha lasciato un solco indelebile che neppure il tempo potrà scalfire dai cuori di chi la visse…", ricordava un testimone oculare. (la visita del papa)

Questa visita ha lasciato dei ricordi straordinari in chi ha partecipato a questa manifestazione e scrive questa storia che ha avuto la grazia dalla Madonna di poter accompagnare, per circa un’ora, Sua Santità Giovanni Paolo II nella sua visita al Santuario; non potrò mai dimenticare le Sue parole, il Suo sguardo profondo, la Sua semplicità unita alla grandezza , e l’emozione straordinaria che mi ha scosso quando ponendomi una mano sulla testa, mi ha incoraggiato a far conoscere sempre più e sempre meglio la Storia e la Potenza della Madonna invocata sotto il Titolo di S. Maria della Quercia e mi ha benedetto.

Il S. Padre fu impressionato dal grande patrimonio di fede e di storia che aveva riscontrato alla Quercia ; infatti, pochi anni dopo la sua visita , ha proclamato la Madonna della Quercia Patrona della Diocesi di Viterbo, nuovamente costituita aggregando le diocesi di Viterbo, Acquapendente, Bagnoregio, Tuscania.

 

Sopra un piccolo, ma prezioso, libretto ho letto queste poche righe di Trilussa che, per terminare questo lungo exursus storico, vorrei proporre a tutti i lettori:

Quann’ero regazzino mamma mia

Me diceva: ricordate fijolo,

quanno te senti veramente solo,

tu prova a recità n’Ave Maria !

L’anima tua da sola pija er volo

e se solleva come pe’ maggia!

Ormai so’ vecchio, er tempo m’è volato,

da un pezzo s’è addormita la vecchietta,

ma quer consijo nun l’ho mai scordato.

Come me sento veramente solo…

io prego la Madonna Benedetta

e l’anima da sola pija er volo!

La Quercia S. Rocco 1999 AVE MARIA

 

AGGIUNGERE

ELENCO SANTI VENUTI A VISITARE LA MADONNA

ELENCO PONTEFICI VENUTI A VISITARE LA MADONNA

ELENCO CHIESE O CAPPELLE DEDICATE ALLA MADONNA

ELENCO PRIORI DEL CONVENTO

ELENCO SOPRANNOMI QUERCIAIOLI